Nel Villaggio Mondo tra speranze e realismo
Se dobbiamo definire il problema centrale della nostra epoca, questo è senz'altro da ricercare nella crescente contraddizione tra un mondo sempre più integrato, unificato, interdipendente e la divisione sempre più accentuata del genere umano in razze, religioni, sistemi politici fra loro in artificiosi, ma non per questo meno radicali e violenti, conflitti, pericolosi per la sopravvivenza dell'intero sistema. Continuando la riflessione partita da Bergamo con 010' 1, quest'anno i giovani dc entrano nel «cuore» del grande cambiamento che stiamo vivendo. Se i problemi scientifici, culturali ed economici hanno assunto una dimensione planetaria, questa è allora la nuova dimensione della politica: ormai le dimensioni degli stati nazionali non esistono più.
Il «villaggio mondo» esiste e dobbiamo abituarci a fare i conti con esso in primo luogo sul terreno culturale il dialogo fra religioni e culture diverse è la strada obbligata verso quella capacità di ascolto e di cooperazione essenziale per affrontare non solo i grandi temi della pace e dello sviluppo dei popoli, ma per radicare quella splendida e vera utopia che è la democrazia, la partecipazione di tutti al «governo» della comunità.
La cultura cattolica è sinonimo di pace e di democrazia. I giovani democristiani amano, ovviamente, la pace; non desiderano però che questa loro iniziativa venga classificata, etichettata semplicemente come «pacifista» e questo non per sterili questioni terminologiche, ma perché credono che il pacifismo in sé, in astratto, non sia sufficiente.
Hanno ragione.
Per costruire la pace, è necessario costruire prima una cultura scientifica che ispiri e sorregga una politica che la pace rende possibile. È dunque indispensabile riconoscere e definire un punto cruciale dal quale è concretamente possibile avviare un processo di riequilibrio delle tensioni in campo, un processo di pacificazione, necessariamente parziale, imperfetto e tuttavia concretamente possibile, realizzabile. Per questo è stato scelto il Mediterraneo, non più come «mare nostrum», ma come «mare interno» che – da secoli - rappresenta il crocevia dell'incontro fra culture, sistemi economici, religiosi e sociali tra loro profondamente diversi. Di fronte al rischio, cui tutta l'umanità è oggi esposta, di una catastrofe senza precedenti, i giovani democristiani vogliono, con questa loro iniziativa, richiamare l'attenzione e sollecitare il contributo di tutti non solo ad una generica azione pacifista, ma alla costruzione di una pace possibile – qui ed ora – in questo Mediterraneo. Il ragionamento di questo viaggio parte dunque da queste riflessioni e cerca di approfondire da una parte le radici e i grandi valori che possono e debbono guidarci in questa nuova fase della vita dell'umanità. Ma questa fase – dominata dai grandi cambiamenti della scienza e della tecnologia – ha bisogno di essere guidata politicamente, ha bisogno di coniugare insieme libertà ed efficienza, progresso rapido e alla sua diffusione e, soprattutto, di non rivoltare contro l'uomo quei risultati tecnologici che dovrebbero invece aiutarlo a risolvere i suoi antichi e nuovi mali: povertà e violenza.
Riscoprire le «grandi verità» deve aiutarci ad entrare nel merito delle questioni concrete, misurando la distanza che esiste tra ideali e realtà, ma anche individuando il cammino completo che è possibile percorrere per far conoscere le soluzioni. Il partito, il nostro partito, è uno strumento di elaborazione collettiva delle risposte ai bisogni, alle ansie e alle espressioni più immediate e più profonde della nostra comunità nazionale. Vi sono momenti formali nell'assumere le decisioni e vi sono momenti fondamentali per ragionare insieme con più libertà e senza dover tagliar corto e a un certo momento decidere. È il momento essenziale della formazione personale e collettiva del partito. Senza questa ricerca e formazione appassionata che impegna tutti e ciascuno, cresce l'aridità, ci si riduce a gestire semplicemente l'esistenza senza capire i segni dei tempi e anticipare con coraggio i grandi mutamenti del paese. Il momento della «promozione» non viene vissuto dentro queste, con la capacità di vedere ben oltre le emotività e la contingenza.
Oggi vincerà quel partito che riuscirà a capire e gestire il nuovo coniugando utopia e decisioni concrete: speranze e realismo. Noi vogliamo essere questo partito e con i giovani vogliamo misurare questa nostra grande ambizione.



















































