La pace sul tavolo delle trattative
In un mondo in cui i grandi scontri di interessi non possono più essere risolti con la guerra, per la natura stessa della armi presenti negli arsenali delle superpotenze, le trattative sulla quantità numerica di tali armamenti, sulla loro capacità dissuasiva e condizionante sulla politica delle altre potenze costituiscono il nuovo livello di confronto tra i maggiori stati.
La diplomazia cinese ha sempre espresso il corivincimento, dettato probabilmente più dalla competizione fra i due colossi comunisti che dalle oggettive condizioni delle relazioni internazionali, che uno scontro anche armato tra Stati Uniti e Unione Sovietica sarà inevitabile.
Se è vero che la guerra può sempre diventare uno strumento, in mano agli stati, per difendere i propri interessi vitali e per conseguire i vantaggi della eliminazione di un avversario, è altrettanto vero che le armi nucleari hanno eliminato il concetto della vittoria militare e, conseguentemente, del vantaggio politico nel fare la guerra, cosicché le maggiòri resistenze all'utilizzo di queste armi sono dovute proprio alla natura di esse. Se uno scontro militare tra USA e URSS è concettualmente ammissibile, non è ragionevole pensare che una delle due super potenze rischi la cancellazione delle proprie città e del proprio sistema produttivo per una incerta conquista di deserti di cadaveri radioattivi.
Il «movimento» dell'URSS con la segreteria di Gorbaciov
L'invasione in Afghanistan e la progressiva, crescente influenza del blocco industriai-militare all'interno del Politburo e nelle maglie del potere sovietico davano, negli ultimi anni, un taglio quasi esclusivamente militare alle relazioni Est-Ovest. L'unica speranza accesa dall'elezione di Gorbaciov concerne proprio la possibilità di un approccio più politico e meno militare a queste relazioni.
L'ultimo, parziale, incoraggiamento alle posizioni più liberali dell'impero rosso, quali la Germania Est e l'Ungheria, e la benedizione alla riabilitazione del partito in Polonia dopo il «salvataggio socialista» dei militari, sono probabilmente la proiezione interna di un nuovo movimento che ha margini di apertura anche esterna all'impero. E questo nuovo movimento si è concretizzato non solo nel vertice di Ginevra, ma anche con una serie di proposte, sui tavoli delle trattative, che hanno, con la lunghezza dei tempi tipica delle macchine imperiali, modificato alcune pregiudiziali sovietiche.
Pur rimanendo sempre nella sfera delle ipotesi, due sono le cause probabili del nuovo movimento: la prima risiede nella progressiva impossibilità del sistema economico sovietico di sopportare, in queste condizioni, uno sforzo militare più facilmente ammortizzabile nel sistema americano; la seconda consegue dalla evidente inutilità delle loro maledizioni apocalittiche. Hanno maledetto gli euromissili, e gli europei li hanno schierati, e dopo il memorandum d'intesa tra USA, Gran Bretagna e Germania sull'Iniziativa di Difesa Strategica (SDI) e la parallela disponibilità italiana, anche le maledizioni sulla SDI rischiano di non portare a nessun risultato politico positivo per l'Unione Sovietica.
Non è immmaginabile una revisione del comunismo: gli interessi imperiali dell'Unione sovietica sono fuori discussione. Certo è che il nuovo approccio politico della diplomazia sovietica ha costituito uno degli elementi positivi di novità che ha permesso una evoluzione nei rapporti Est-Ovest.
Il vertice di Ginevra e la nuove proposte
Il vertice di Ginevra del novembre scorso aveva portato, oltre ad una modifica del clima di scontro nelle relazioni internazionali, anche all'impegno ad una concentrazione degli sforzi americani e sovietici sul principio della riduzione del 50% delle armi nucleari dei rispettivi arsenali, e sulla possibilità di un accordo in materia di armi nucleari a raggio intermedio.
Sempre nel campo del controllo degli armamenti, USA e URSS avevano convenuto sulla intensificazione degli sforzi per raggiungere la messa al bando delle armi chimiche, sulla necessità di un nuovo impulso alle trattative di Vienna MBFR per la riduzione degli armamenti convenzionali in Europa, e sulla volontà di far concludere rapidamente ed efficacemente la Conferenza di Stoccolma sulle misure per la sicurezza e sul disarmo in Europa.
Dal vertice di Ginevra non uscirono esclusivamente delle speranze.
Pochi giorni dopo, la NATO portò alle trattative MBFR di Vienna una nuova proposta in cui si metteva da parte una pregiudiziale occidentale (l'accordo sulla quantità numerica delle forze presenti nell'area di applicazione delle riduzioni), si chiedeva un iniziale ritiro di truppe americane e sovietiche ammontabili rispettivamente a 5000 e a 11500 uomini, e si instaurava un sistema di controlli e verifiche degli impegni presi che include un numero prefissato di sopralluoghi per verificare il. livello delle forze di ambedue i paesi. Circa due mesi dopo, Gorbaciov dette la notizia di una nuova proposta sovietica sul controllo degli armamenti, che ha tre punti di rilievo: 1) si configura la eliminazione totale delle armi nucleari entro il Duemila; 2) l'abolizione delle forze nucleari a raggio intermedio di gittata superiore (LRINF) in Europa in un arco di tempo compreso tra i cinque e gli otto anni; 3) le armi nucleari inglesi e francesi non vengono più inglobate nel conteggio delle forze americane in Europa, ma si immagina un loro congelamento ai livelli attuali.
A questa proposta si fa seguire, il mese successivo, una nuova offerta del Patto di V.arsavia alle trattative di Vienna, riguardante una diversa distribuzione delle riduzioni iniziali delle forze in capo (6500 soldati americani e 11000 soldati sovietici) ed un preventivo impegno per tre anni di non aumentarle. Un sistema di reciproco controllo sarebbe finalizzato al rispetto del termine dei tre anni.
Punto di «stallo» e progressi nelle trattative
Accanto ad una maggiore flessibilità mostrata da ambedue le parti all'annuncio delle rispettive proposte, si mantengono punti di disaccordo oggettivo tra Stati Uniti e Unione Sovietica:
- l'Unione Sovietica ha sempre posto come condizione pregiudiziale ad ogni accordo nelle trattative START sulla riduzione degli armamenti nucleari strategici il blocco del progetto sulla SDI, blocco che gli USA hanno costantemente rifiutato;
- vi è una divergenza sulla definizione di «missili strategici», circa alcune categorie di armi americane poste a difesa dei loro alleati e altri sistemi sovietici che, secondo gli americani, minacciano gli alleati dell'Occidente;
- i sovietici accettano l'idea della eliminazione di tutti i LRINF americani e sovietici, ma soltanto dall'Europa: considerati i loro interessi in Asia, gli americani rifiutano un accordo che escluda la questione degli SS-20 ad est degli Urali, data anche la loro natura di missili mobili, e quindi trasportabili senza eccessive difficoltà dall'Asia all'Europa;
- gli Usa tendono a riproporre, accanto alla eliminazione di tutti i LRINF, o, come variante, una loro limitazione paritaria e globale, anche nuove restrizioni alle forze nucleari a raggio intermedio di gittata inferiore (SRINF), questione che i sovietici non comprendono mai nelle loro proposte;
- gli Stati Uniti rifiutano ogni accordo che preveda condizioni sulle forze nucleari inglesi e francesi, data la natura bilaterale delle trattative di Ginevra;
- gli USA rifiutano la moratoria, proposta da Gorbaciov, sugli esperimenti nucleari, e alla moratoria preferiscono il miglioramento dei sistemi di verifica circa la potenza di tali esperimenti, sistemi le cui disposizioni si trovano nei trattati esistenti.
È, comunque, altrettanto indubbio che esistono almeno due elementi positivi, anche se purtroppo sono solo principi, che lo stesso presidente Reagan ha riconosciuto: da un lato, la prospettiva sovietica della eliminazione entro il Duemila delle armi nucleari va nella stessa direzione della volontà americana di uscire dal condizionamento generale da queste armi; dall'altro, una delle componenti di fondo della differenza americana nei confronti del rispetto sovietico degli impegni presi sta nella impossibilità di avere un sistema efficace e concreto di controllo e verifica dei trattati, e a fronte di questa posizione americana l'Unione Sovietica ha iniziato a muoversi positivamente.
La nuova proposta di Gorbaciov
Tutto questo ha avuto come riflesso le nuove posizioni espresse nel giugno da Gorbaciov nell'ultimo vertice del Patto di Varsavia a Budapest. Si ha una nuova iniziativa per lo sblocco delle trattative di Vienna senza il rituale liturgico del catastrofismo propagandistico e delle ubriacature sull'imperialismo. Si ipotizza una smobilitazione di circa un milione di soldati in Europa entro il 1990 e una riduzione delle forze aeree. Per la prima volta si vengono a discutere i missili nucleari a certo raggio, quali gli SS-22, che hanno una gittata di 900 km compiuti in 4/5 minuti. E inoltre, si includono nella verifica degli accordi anche le ispezioni in loco, compresa la possibilità sia di entrare nelle caserme e basi altrui che di vedere le esercitazioni militari. Inutile dire che, tuttora, i sovietici propongono una riduzione paritetica delle forze convenzionali che difficilmente è accettabile dalla NATO, visto che esercito, aviazione e mezzi corazzati dell'Est sono in numero superiore.
Ma ormai molti osservatori scorgono nelle posizioni sovietiche i margini di un possibile accordo sulle armi nucleari di teatro, essendosi sostanzialmente avvicinata al principio dell'opzione zero. E anche nel duro confronto sulla SDI, i sovietici sembrano avvicinarsi al riconoscimento della legittimità della fase di pura ricerca legata al progetto della difesa spaziale.
Credo che nell'approccio alle relazioni Est-Ovest vi sia sempre il rischio di voler ridurre tutto alle trattative sul controllo degli armamenti, come se, risolto questo, si fosse risolto il problema delle relazioni internazionali. Sono tendenzialmente d'accordo con quanto alcuni analisti avevano modo di scrivere alcuni anni fa: rischia di essere più pericolosa una crisi economica incontrollata, o la messa in pericolo delle fonti energetiche vitali per il funzionamento di una democrazia industriale, piuttosto che un confronto duro sugli armamenti. È la filosofia di chi è convinto che con l'Unione Sovietica è necessario trattare con una forza costante (consapevoli anche dell'insegnamento di Lenin all'Arma Rossa «Quando trovate una debolezza avanzate, quando trovate l'acciaio fermatevi») ma senza portare la loro economia ad una crisi incontrollata.
In tutto questo, spesso l'Europa è una oscillazione tra le luminose dichiarazioni universali e le lamentele. Un dato significativo è che, mentre nella politica di Gorbaciov pare che l'Europa sia considerata con una attenzione particolare, è proprio con l'America di Reagan che gli interessi strategici statunitensi si spostano progressivamente dall'Europa al Pacifico.
Una costante della politica sovietica è la creazione delle condizioni di uno scontro tra Europa e Stati Uniti. Spesso, l'incapacità degli americani a comprendere le ragioni dell'Europa e le incertezze divise degli europei sono involontari contributi alla creazione di queste condizioni.
Un migliore sviluppo delle relazioni euro-americane costituisce uno dei presupposti perché le relazioni politiche siano più forti delle esigenze militari, condizione per trovare un accordo sugli armamenti equilibrato e controllabile con l'Unione Sovietica.





















































