Il congresso di Gorbaciov
Molto probabilmente questo non sarà ricordato come un Congresso rivoluzionario nel quadro delle vicende politiche del colosso sovietico.
Si sono spese molte parole ed usati toni molto forti nel paragonare il Congresso di Gorbaciov del 1986 con il XX Congresso del 1956 ed anche il leader sovietico nello scegliere la data del 25 febbraio non è certamente incappato in una coincidenza.
Una valutazione, dopo molti giorni dalla fine del Congresso, ci permette di affermare che molto poco di clamoroso, di epocale, di sconvolgente può essere paragonato a ciò che rappresentò il XX Congresso di Nikita Krusciov.
Quella fu la fine di un'epoca, la fine del monolitismo comunista, il crollo delle illusioni di intere classi dirigenti, l'inizio del distacco lentissimo ma progressivo dei paesi del blocco dell'Est; fu uno di quegli avvenimenti che scandiscono i rintocchi della storia del ventesimo secolo.
Viceversa Gorbaciov, pur sviluppando positivamente alcune e sostanziali novità in campo economico, organizzativo, una maggiore e più «politica» apertura nelle relazioni internazionali, appare tuttosommato un continuatore di una tradizione storica, purtroppo, ancora immodificabile.
Ma veniamo alla relazione del Segretario Generale del PCUS.
I terreni del cambiamento della politica interna sono essenzialmente tre: quello della riforma economica, quello dei rapporti partito-stato e quello della partecipazione popolare.
Il tutto è preceduto da un cappello, diciamo così, «ideologico», o quanto meno ideale, formato da tre «lezioni molto serie» che germogliano dalla storia stessa del PCUS: la lezione della verità che impone di parlare oggi a
«piena voce» degli aspetti negativi che hanno frenato lo sviluppo del paese. La lezione della decisione, «senza mezze misure», sulla via del cambiamento e infine l'ultima lezione, «quella più importante», della partecipazione delle masse che «in modo essenziale» decide del successo del cambiamento. Da un punto di vista lessicale il passaggio più innovativo e importante è stato quello che vede cambiare concetto base da «perfezionamento» a «riforma radicale» nella gestione dell'economia. Queste parole sono state ignorate dal linguaggio ufficiale sovietico almeno da venti anni a questa parte e certamente la riforma, se avverrà nei termini indicati da Gorbaciov, non sarà formale.
Riforma economica
Essa si basa su un aumento dell'efficienza della direzione centrale, ma solo una lotta senza quartiere alla corruzione, al pressapochismo, agli abusi di potere di tanti esponenti di partito (tre milioni e mezzo di lettere-denuncia arrivate agli esponenti di partito) quasi tutti della precedente gestione Breznev che è stata duramente attaccata non solo da Gorbaciov, ma anche dagli altri suoi fidi. Un altro punto dominante è stato quello in cui Gorbaciov ha affermato: «Nel partito non dovrà esserci nessuna organizzazione al di fuori del controllo, chiusa alla critica» intendendo con ciò che abusi come avvenivano in passato di federazioni che al loro interno comulavano i pieni poteri e quindi erano immuni dal rispetto di qualsiasi tipo di legalità (esempio partito di Mosca guidato da Griscin) non sarebbero più state ammesse.
al riguardo delle prospettive strategiche, mentre devono essere abbandonate le ingerenze nei livelli economici inferiori; si aumenta l'autonomia delle imprese attraverso il collegamento fra l'efficenza e i redditi dei lavoratori, si attua un perfezionamento del sistema dei prezzi legato alla qualità del prodotto e un aumento di capacità di controllo dal basso elevando il ruolo dei collettivi di lavoro e sviluppando una maggiore pubblicità nelle decisioni degli organismi di gestione.
Anche per l'agricoltura alcune novità di rilievo, quali ad esempio la fissazione di un piano di produzione non modificabile anno per anno e lasciando la possibilità alle aziende di rivendere le quantità in surplus o allo Stato, o ai mercati colcosiani oppure alle cooperative.
Rapporti partito-Stato
È questo un punto particolarmente dolente per la leadership del Cremlino che ha individuato nelle ingerenze del partito nelle scelte del governo, nell'economia, nella vita sociale complessiva del paese una forte tendenza alla deresponsabilizzazione, all'inerzia, al burocratismo. I rimedi per Gorbaciov passano attraverso una forte sottolineatura della distinzione dei ruoli fra partito e Stato, riforma dei dipartimenti centrali del partito che risultano essere dei veri e propri ministeri bis, maggiore autonomia di scelta a tutte le organizzazioni, (sindacati compresi) il tutto condito da
Partecipazione popolare
Su questo terreno il campo è minato anche per il Segretario Generale del PCUS. Il terzo capitolo della relazione s'intitola «Ulteriore democratizzazione della società» (ma di quale democrazia si parla?). Tutto il capitolo è un tentativo abbastanza ambiguo di aumentare il livello di democrazia in una struttura che questa non può assolutamente sopportare e che non viene minimamente posta in discussione: l'Unità parla di «rilegittimazione popolare delle istituzioni»; comunque il cambiamento sarebbe tentato attraverso l'istituto referendario sia sui problemi generali che locali, sviluppando forme consultive di consultazione popolare, solo obbligatorie, e subordinando gli organismi esecutivi a quelli consiliari. Appare posta in rilievo la democratizzazione della gestione produttiva.
Politica internazionale
È su questo terreno che si misura la decisa volontà di cambiamento nei confronti del mondo esterno; e qui, al di là di importanti enunciazioni di principio sulla necessità quasi forzosa di coesistenza pacifica con gli «imperialisti», non si va. Infatti niente di cambiato si coglie sulle posizioni sovietiche riguardo all'Afghanistan, dove si denuncia la presenza di un «intervento armato controrivoluzionario esterno», o sul tentativo, molto vecchio in realtà, di dividere gli alleati europei dagli U.S.A., o nel pericolo grave per la pace rappresentato dalla politica «irresponsabile» degli «Imperialisti».
Sintomi di novità si sono colti sulla posizione nei confronti della Repubblica Popolare Cinese laddove vi si dedica grande attenzione perché non sfugge ad una lettura attenta l'enorme ruolo strategico occupato nella lotta fra i due grandi della Cina di Deng Xiao Ping, e nel duro attacco al terrorismo indicandone espressamente gli episodi (Fiumicino).
Dopo la relazione del segretario Generale vi sono stati tanti interventi che non si sono discostati dalla linea indicata, anche se Gromiko per es. ha accentuato la durezza in politica estera, alcuni .brezneviani hanno fatto autocritica riuscendo a mantenere il posto (Shcerbitsky e Kunaev), alcuni fidatissimi hanno duramente accentuato i toni contro la gestione Breznev (Yeltsin, sostituto di Griscin a capo del partito di Mosca).
Ma la palma d'oro degli interventi smaccatamente falsi e propagandistici va senz'altro assegnata a Viktor Cebrikov capo assoluto del KGB che afferma: «Certi circoli occidentali hanno diffuso assiduamente insinuazioni su violazioni dei diritti politici e personali e delle libertà di individui nell'Unione Sovietica con il solo scopo di attizzare le aspirazioni anti-sociali di singoli rinnegati tra i cittadini sovietici (i dissidenti) – ed ha proseguito – oppositori del sistema vengono portati alle stelle, e persino vengono presi sotto protezione inveterati criminali». Il massimo poi lo ha toccato quando ha parlato di decine di spie al saldo dell'Occidente per carpire i preziosissimi segreti tecnologici sovietici (chissà cosa ne avranno pensato a Silicon Valley).
Un giudizio complessivo sull'assise sovietica è perciò più ricco di ombre che di luce anche se è sempre migliore del buio pesto a cui eravamo abituati.
Il disegno di Gorbaciov è abbastànza chiaro: riformare all'interno il sistema senza cambiamenti strutturali; la scommessa sta proprio nel verificare se è il sistema stesso a generare direttamente o indirettamente quei gravi danni da Gorbaciov condannati (cosa che io credo anche sulla scorta di tutte le esperienze di tutti gli altri paesi a economia socialista) oppure se è solo la mancanza di volontà politica dall'alto che ha permessi tanti abusi e incongruenze. Per saperlo non possiamo che rifarci alla fin troppo famosa manzoniana formula.








