Ginevra Uno: profumo di pace
Perfino Lou Cannon, ha accusato il colpo. Biografo di Reagan – il suo libro è stato tradotto anche in italiano – più di ogni altro, dunque, lui in grado di sapere e spessodi prevedere giusto. Perché ha un livello di accesso al presidente, come si dice qui, che tutti gli invidiano.
Ma appariva, come tutti noi, bersaglio di sensazioni contrapposte nello sforzo costante, caratteristica di questo tipo di giornalismo, di cogliere almeno la tendenza giusta. Eallora, no certo, non può essere un insuccesso questo megasummit, primo incontro fra i leaders delle due superpotenze in sei anni, lungo tempo di gelo nei rapporti di chi, per tanta parte ha davvero in manoi destini del mondo e Reagan ormai deciso ad apparire non solo il presidente che ha perseguito con determinazione l'obiettivo di rafforzare l'America, sul piano militare ed economico, ma come scelta di pace, risposta alla sfida ovietica. Dunque, diceil giorno della partenza da Washington, sabato 16 novembre:
<(Vado, in missione di pace». Eppure in
tutti noi il sospetto: fino all'ultimo quella fitta guerra di propaganda, mosse e contromosse, da avversari determinati, così nessuno si sentiva di scartare l'ipotesi rottura.
Mezz'ora prima del!'Air Force One, partiamo dalla stessa base di Andrews, meno ottimisti certo del presidente, tutti i giornalisti alsuoseguito. Trecentoe per l'occasione lo «zoo piane» pertinente definizione dell'aereo stampa che segue il presidente, la Casa Bianca ha noleggiato un Jumbo - le spese tanto per esser chiari equamente divise fra tutti i privilegiati passeggeri. Dunque una delle più numerose carovane presidenziali che si ricordino. Indicativo, anche questo, della portata dell'evento; un altro elemento, le tre network, grandi reti televisive nazionali americani, hanno speso complessivamente, per la copertura del vertice, qualcosa come dieci milioni di dollari, diciassette miliardi e oltre in lire italiane.
E anche lassù, a Ginevra, all'ini7io si è continuato a non capire. Però tanti segni, ad allontanare sempre più l'ipotesi rottura. Quel Reagan, ad esempio, così diverso al punto chesi faticava a volte a ricordare che comunque è il più anticomunista dei presidenti americani per scelta filosofica, obbligo morale. Ricordate la sua definizione dell'Unione Sovietica, «evi!empire», impero del male eppoi, in tante occasioni... <
responsabilità dei supergrandi di fronte all'umanità intera - in un'intervista concessa fra l'altro al TG1 il presidente rispondendo a una mia domanda suÌ suo ottimismo per Ginevra, diceva fra l'altro, «dobbiamo trovare il modo di intenderci, siamo i due soli paesi che possono dar l'avvi'b alla terza guerra mondiale ma anche i soli che possono prevenirla».
Adesso si è saputo e ha ripetuto fino all'esasperazionequesti punti fermi, per lui, e tanti altri, in quei faccia a faccia con Gorbaciov, assolutamente non previsti che fanno di Ginevra, in un certo senso, il primo vero, autentico, summit fra i due leader supergrandi. In tutti quelli precedenti le cose hanno seguito una sceneggiatura rigida, precisa, definita in tanti giorni di lavoro da parte degli esperti delle parti e tutti si aspettavano che stavolta sarebbe stato lo stesso. Fra l'altro sempre prevalgono le riunioni plenarie, i leaderse le rispettive delegazioni in una cornice· solenne e ufficiale. Invece, è stato davvero «Ginevra Uno» il vertice di Ronald Reagan e Mikail Gorbaciov. II presidente americano ha puntato tutte le sue carte sul contatto personale, ritenendo che soltanto dietro le quinte, in conversazioni dirette e riservate - la «diplomazia del
ca inetto» - si sarebbe potuto fare il passo più importante, preliminare a un dialogo produttivo: cercare di sgombrare il campo dalle diffidenze, e sospetti reciproci. Parlare anche con franchezza delle divergenze, vedere in che misura e in che maniera si possa ridurre il disaccordo.
Ma tutto questo lo si è saputo dopo. O meglio, era certo nota la linea del presidente Reagan, assai meno quella di Gorbaciov. Il leader sovietico, anche attraverso i suoi portavoce a Ginevra, aveva rilanciato quella sorta di ricatto: pregiudiziale al dialogo la rinuncia, da parte americana, allo scudo spaziale. E allora, il fatto che le conversazioni di fronte al caminetto da parte dei due leader si prolungassero oltre ogni previsione, poteva esser segno positivo ma
anche negativo. n black out sulle infor
mazioni concordato dalle due parti non aiutava verto a dissipare il mistero. Tantoè vero che un giornale italiano ha ritenuto di intitolare, «il vertice del mistero». In realtà il mistero si è dissolto molto prima di quel chesi pensasse. Ma certo tutti noi, nella sala stampa viaggiante della Casa Bianca, allestita presso l'hotel lntercontinental, non dimenticheremo il pomeriggio-sera di
giovedì 20 novembre. Di nuovo l'ipotesi rottura prende corpo. Si viene a sapere che i russi hanno chiesto, attraverso la TV Svizzera, un collegamento in mondovisione per il mattino successivo, alle' nove. Che vuol dire? Certo sarà Gorbaciov a parlare. E Reagan? Nulla da parte americana. Ma il disappuntoè evidente per la mossa del leader sovietico, il tacitoaccordo sembra fosse che in mancanza di un comunicato congiunto i due leader non avrebbero parlato a Ginevra, anche perché il presidente Reagan intendeva prima informare gli alleati europei e gli americani attraverso il discorso, la sera del 21 appena rientrato negli Stati Uniti, al Congresso riunito i_p seduta comune. Ultime concitate trattative fra le due parti a livello di esperti per trovare una via d'uscita. L'epilogoè ilcolpo di scena chesappiamo: alle 22circa Gorbaciov è ospite di Reagan a pranzo nella residenza di Saussure. In una pausa i due leaders vengono informati sulle conclusioni o proposte degli esperti. Ma Reagan e Gorbaciov, ancora una volta si appartano nella sala della biblioteca: al termine del loro nuovo incontro a tu per tu appunto il colpo di scena. Appariranno insieme, il giorno dopo, in
mondovisione, ciascuno farà una dichiarazione, i due ministri degli esteri firmeranno una dichiarazione congiunta. IJ simbolo di Ginevra Uno, del neodìalogo è quella stupenda foto di Time. Reagan e Gorbaciov sorridenti, chesi stringono la mano. Sulla parete le bandiere, falce e martello, stelle e strisce.
Il mondo aveva bisogno dì strette di mano e sorrisi fra i leader più potenti della terra. Si è detto tanto ormai di Ginevra Uno, rottura del Ghiaccio, neodistensione avviata. Qualche ombra, perché le divergenze fra USA e URSS rimangono, anche lo stesso nomero di missili puntati l'unocontro l'altro. Ma sarebbe stato realistico attendersiche indue giorni si fosseaffrontato e risolto anche solo in parte il fitto capitolo del contenzioso Russo Americano collezionato in tanti anni? K.issinger ha parlato di massimo successo possibile. Noi dello «zoo piane» non ci aspettavamo tanto. Ma adessocerto alle buone intenzioni e belle parole debbono seguire i fatti concreti perché la svolta di Ginevra abbia un seguito. Banco di prova il controllo degli armamenti; se unaccordo si avrà prestoal negoziato di Ginevra, sarà davvero un buon segno.





















































