Complementare alla discussione sui limiti del pacifismo di questi anni, sulla costruzione di una pace che nasca dal «quotidiano» delle società civili, è il dibattito su quelle che fantasiosamente sono state definite «guerre stellari».
Qualcuno potrebbe chiedersi, giustamente: non basta aver detto chiaramente che si vuole la pace, che si vuole costruirla nella verità dei rapporti tra uomini, istituzioni nazionali e internazionali, per cancellare di colpo la necessità di un tale dibattito?
Per rispondere basterà ricordare che il prossimo incontro di Ginevra tra Reagan e Gorbachev si sta animando già da adesso proprio su una pregiudiziale circa lo «scudo difensivo», una pregiudiziale che pare dover sostituire quella precedente sui rispettivi «euromissili».
E visto che tutti guardiamo al prossimo incontro di Ginevra come ad una possibile via di uscita dal periodo di «gelo» vissuto nei rapporti Est-Ovest dall'invasione dell'Afghanistan, pare proprio opportuno discuterne, tanto più che in questa iniziativa, a detta di qualcuno di pace a detta di qualcun altro pericolosa per il possibile aggravamento della tensione internazionale, ci sta entrando a pieno titolo l'Europa, sia come proposta alternativa per la costruzione di uno «scudo difensivo europeo», verso cui spinge con insistenza la Francia, sia come eventuale partner del progetto statunitense, come ha chiesto a Roma il responsabile del Pentagono, Gen. Abrahmson.
In tutti i casi ciò avrà importanti conseguenze, poiché la Russia chiede un annullamento preliminare di tali programmi, pare perché ha una posizione di inferiorità nel campo delle «guerre stellari».
Se si dovesse scegliere lo scudo difensivo statunitense, alcune industrie italiane famose, la stampa ha fatto anche il nome della Fiat, potrebbero partecipare alla progettazione del sistema di difesa spaziale. Ma dall'altro lato, la Francia vorrebbe che la Comunità Europea scegliesse una difesa comune, col fine di costituire un primo bastione di una politica di «terza posizione» tra le due superpotenze, al fine di garantire all'Europa maggiori capacità di mediazione nella strategia della distensione internazionale.
Molti dunque gli interrogativi: questo scudo difensivo è veramente una possibile arma di dissuasione? E non si rischia di ricreare condizioni per una nuova escalation degli armamenti? E in caso di una risposta affermativa alla messa in opera dello scudo di difesa, quale scegliere, quello statunitense, nello spirito della Nato, o quello europeo nello spirito dell'unione europea?
L'Italia non è certo un membro poco importante sia della Nato che della Comunità Europea, e non sarebbe male scegliere con ponderazione, tenendo presente il nuovo ruolo acquisito dal nostro Paese in questi ultimi anni nella diplomazia mondiale.
















































