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7ª sessione

Scienza, progresso e pace: la crisi dell'ottimismo e della fiducia nel domani

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Nuova Politica - Scienza, progresso e pace: la crisi dell'ottimismo e della fiducia nel domani

«L' uomo ragionevole si adatta al mondo» scriveva una volta la penna appuntita di George Bernard Shaw, «mentre l'irragionevole insiste nell'adattare il mondo a sé. Pertanto ogni progresso dipende da chi è irragionevole».

Irragionevole come il classico apprendista stregone, che muore per avere abusato di una magia la cui potenza ha appena scoperto e non sa ancora dominare.

Nel ruolo dell'apprendista stregone l'uomo si è sentito molte volte dall'inizio del secolo.

Allora il Balletto Excelsior raffigurava le nazioni affratellate dalle nuove scoperte, la più grandiosa tra tutte l'elettricità, capace di vincere il terrore che l'uomo si portava dietro fin dai primordi della preistoria per le tenebre. La nuova epoca di luce e di fratellanza, sembrava suggerire l'ottimismo della belle epoque, non finirà mai. E invece durò solo 14 anni, al termine dei quali affogò in un bagno di sangue.

Chernobyl era fino allo scorso aprile un centro di neanche grande importanza in Ucraina. Una serie di sei errori umani nel corso di un esperimento l'hanno trasformata in un deserto radioattivo per almeno altri sei anni, al termine dei quali ben pochi saranno quanti avranno il coraggio di tornare spontaneamente.

Il nemico invisibile dell'uomo una volta era la peste. Ora è la radioattivi

tà, frutto di una energia che l'uomo ha scoperto per impiegarla quasi subito allo scopo di seminare morte e distruzione. Subito dopo la diffusione, con un certo ritardo, della notizia della fusione del nocciolo del reattore numero quattro della centrale, Chernobyl e le cittadine vicine sono state sgomberate. E subito sono diventate teatro di sciacallaggi, furti e violenze simili a quelle che, racconta Voltaire, seguirono il tremendo terremoto di Lisbona di due secoli fa.

L'elettricità, che oltre alle strade la sera avrebbe dovuto rischiarare anche le menti degli uomini (così almeno, si sperava nel 1900), l'uomo in effetti non lo ha cambiato per nulla. Gli ha solo dato un aspetto più rispettabile.

Di qui la crisi facilmente tangibile nel dibattito filosofico e scientifico dell'idea di progresso. Una crisi dalle conseguenze incalcolabili. Il fall-out durerà a lungo ed investirà tutti i campi del sapere.

Un esempio per tutti quanto scrive nel suo ultimo libro uno dei maggiori storici viventi: George Duby. A suo awiso uno dei maggiori guai della storiografia contemporanea è la fine dell'idea di progresso come bussola e punto di riferimento per lo studioso.

L'uomo, secondo Freidrich Nietzsche, è solo un cavo teso tra la scimmia ed il Superuomo. Ma cos'è il Superuomo? E quello che ci riserva il futuro che appare in questo periodo più nebuloso che mai. La scienza e la conoscenza non possono di per sé che essere fatti positivi. Meno può esserlo talvolta la tecnologia, vale a dire l'applicazione pratica della conoscenza. Il Superuomo è colui che in futuro saprà usare queste conoscenze solo per il meglio.

Dopo tante citazioni dotte abbandoniamoci ad una che di dotto almeno in apparenza ha poco (ma solo in apparenza, e non perché tratta da un film sceneggiato da Flaiano e Monicelli).

«Un coltello» afferma Totò parlando con Carolina, una ragazza che si vuole togliere la vita, «è un coltello. L'importante è usarlo per tagliare il pane».

«Totò e Carolina» è un film da tornare a vedere.

 

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