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Verso un nuovo modello dell'esistenza

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La vicenda della specie umana ha avuto inizio meno di 30.000 anni fa. Un'inezia rispetto ai tempi cosmici. In questo breve lasso di tempo, l'uomo ha cercato di capire qualcosa di sè e della natura che lo circonda; ha cercato, cioè, di costruire un «modello dell'esistenza», inteso come contenitore generale dei suoi pensieri, delle sue azioni, della natura delle cose e delle sue regole.

Si è venuto affermando, senza apprezzabili contestazioni, il «modello antropocentrico». Esso è passato attraverso tre stadi evolutivi, che lo hanno reso sempre più sofisticato, senza però mutarne la natura fondamentale; abbiamo così avuto, in successione:

  • l'animismo;
  • il teologismo;
  • lo scientismo.

I nostri più antichi progenitori, guardandosi nello stagno, hanno avviato la conoscenza di se stessi. È stato questo il primo embrione del modello. Dovendo poi dare una immagine a tutto quello con cui man mano entravano in contatto, il fiume, il bosco, il fuoco, non potevano che rifarsi all'unico modello che possedevano, quello umano.

Così tutte le cose, pur avendo sembianze diverse da quelle dell'uomo, avevano un meccanismo di funzionamentò interno, un'anima appunto, non dissimile da quella umana. Ma in queste cose c'era qualcosa di più, qualcosa di misterioso che l'uomo non riusciva a conoscere e tanto meno a dominare; anzi ne era soggiogato.

Così nasce l'animismo e così da esso comincia poi a germogliare il teologismo.

Tutte le cose hanno un'anima, anzi qualcosa di più potente, uno spirito. Poi man mano che le conoscenze degli uomini aumentano e si approfondiscono, anche gli spiriti crescono, si selezionano, diventano più potenti. Nascono gli Dei. Dentro ogni albero e ogni cespuglio non c'è un'anima; dentro ogni bosco non c'è un'anima. Ma c'è qualcosa che regola la nascita, la vita e la morte di ogni pianta e di ogni arbusto: esiste la Dea Terra. Il singolo fuoco può anche essere evocato e destreggiato dall'uomo; ma l'origine prima e la fonte inesauribile è nel Dio Sole.

Ma, anche se dotati di poteri superiori rispetto a quelli degli uomini, gli dei restano sempre espressioni aderenti al modello umano. Essi conquistano l'Olimpo, cioè il monte più alto che esista e raggiungono l'immortalità; ma queste caratteristiche non sono che estrapolazioni ed aspirazioni provenienti dagli esseri umani.

La conoscenza dell'uomo continua a progredire e conquista progressivamente i meccanismi di riproduzione delle piante e le leggi della combustione. L'Olimpo viene scalato dagli uomini. Le divinità diventano un solo Essere supremo che si rifugia nel più alto dei cieli. L'uomo è a sua immagine e somiglianza; ovvero, più esattamente, Dio, la più sublime creazione dell'uomo, è inevitabilmente antropomorfico. Siamo giunti alla massima espressione del teologismo.

Poi arrivano Galileo, Newton, Maxwell, Einstien, Monod, Rubbia. Entriamo così nella Grande Scienza. Tutto ora è spiegabile, tutto è conoscibile da parte dell'uomo. Dio non è più indispensabile all'uomo. Egli viene confinato in una pura questione di fede; non è niente più che un «optional». La sua parabola è ora compiutamente antropocentrico. Essendo germogliato dall'uomo, non poteva che completarsi con la sua immagine.

Il modello antropocentrico è caratterizzato dalle seguenti dimensioni:

  1. l'uomo è un essere unico, di natura completamente diversa dal resto dell'esistenza;
  2. la conoscenza permette all'uomo di capire le cose, di penetrarne, cioè i segreti più profondi e di impossessarsene. L'uomo quindi ha la capacità di dominare tutte le cose, di riassumerle tutte in sè;
  3. c'è un equilibrio ultimo e definitivo dell'esistenza. La variabile tempo ha effetti limitati ed è comunque destinata ad esaurirsi.

Dalla convergenza di queste dimensioni emerge che l'uomo si ritiene destinato a comprendere tutto l'universo, ove comprendere deve essere inteso nel senso letterale di racchiudere in sè, inglobare.

Così nel modello antropocentrico l'uomo resta l'unico soggetto dell'esistenza; tutto il resto è la sua cornice che, prima o poi, apparirà definita in tutti i suoi contorni.

Questo è oggi il modello dominante a cui, in maniera più o meno cosciente, si uniformano i comportamenti degli uomini e delle società. Il fisico ricerca le leggi che presiedono al movimento degli astri e che ci svelano la natura delle particelle infinitesimali. Anzi gli investimenti più stratosferici si fanno oggi nella costruzione dei giganteschi acceleratori con i quali ci aspettiamo di scoprire la legge unificante di tutte le forze della natura.

Gli scienziati più prestigiosi e i laboratori più attrezzati non si dedicano che a questo.

Gli economisti mettono a punto modelli sempre più sofisticati che siamo in grado di prevedere sempre meglio gli equilibri ideali fra la domanda e l'offerta. L'etica e la religione tentano di definire l'ideale di uomo sia per la vita terrena che per quella extra-terrena.

Il giudice in buona fede è convinto che la giustizia è un modello perfetto a cui ogni individuo deve uniformarsi. Lo stesso marxismo si basa sul presupposto che esiste un equilibrio sociale ideale che prima o poi deve essere raggiunto.

E l'ambientalismo non è che una variante del marxismo con una maggiore apertura all'habitat della società ma con una regressione temporale, data dal fatto che la felicità non è più proiettata nel futuro, ma è ricercata in un ipotetico e imprecisato passato.

Come si vede il modello antropocentrico è oggi imperante. Ma non totalizzante, anzi.

Nell'ultimo mezzo secolo si sono andate accumulando tali e tante conoscenze in tutti i campi del sapere che il modello antropocentrico è assolutamente incapace di sostenere. Pertanto oggi c'è una totale incongruenza fra come ci comportiamo e quello che sappiamo.

Avendo accennato a come ci comportiamo, cerchiamo ora di accennare ad alcuni tratti della nostra radicalmente nuova conoscenza.

Vedremo infine se è possibile individuare una nuova coerenza, fra pensiero ed azione, cioè un nuovo modello dell'esistenza.

I primi seri dubbi sulla singolarità della natura dell'uomo nacquero il secolo scorso ad opera di Darwin: gli antenati degli uomini non sono sempre stati uomini; i nostri avi una volta erano scimmie. Così l'assoluta separatezza dell'uomo dalla natura ha cominciato ad essere messa in dubbio. Non solo, ma nel giro dell'ultimo secolo le nostre conoscenze sulla vita si sono ampliate a tal punto che oggi dobbiamo riconoscere, ben oltre la nostra discendenza dalle scimmie, che tutto il processo della vita è un evento assolutamente unitario nello spazio e nel tempo. Oltre tre miliardi di anni fà, non sappiamo ancora come, apparvero sulla Terra i primi semplicissimi organismi unicellulari. Da allora ad oggi si è avuto un ininterrotto processo di diversificazione e di armonizzazione che ha prodotto tutti gli esseri viventi, uomo compreso. C'è quindi una totale fratellanza che dobbiamo accettare non più come una sublimazione di amore e di fede, ma come una realtà quotidiana. Cosa che di fatto accettiamo in maniera incontrovertibile quando nei laboratori e, ormai anche nelle industrie, con le tecniche della bioingegneria, trasferiamo i geni dai virus alle piante, agli animali, all'uomo stesso.

Quindi ormai dobbiamo accettare la prima fondamentale constatazione che la vita è un unico processo evolutivo.

Inoltre oggi sappiamo che anche la natura è stata soggetta ad un continuo processo evolutivo. All'origine, circa 4,5 miliardi di anni fà, il nostro pianeta non era che un informe ammasso di gas. Da allora in poi la complessività è andata sempre crescendo fino all'attuale armonia di forma, colori, interazioni.

E da quello che ne sappiamo, un processo non dissimile ha interessato tutto l'universo, dall'iniziale «big bang» avvenuta circa 20 miliardi di anni fà.

Ecco allora la seconda constatazione: i processi di degrado, cioè entropia crescente, lungi dall'essere la generalità dei fenomeni, sono solo espressioni limitate del nostro apparato conoscitivo.

E ancora, se la costante generale sembra essere la crescita della complessità derivante da interazioni omnidirezionali, non ci sembra più traumatico accettare che il processo della vita non è che una espressione del più generale processo di evoluzione dell'esistenza. La vita può, volendo, essere ancora considerata il prodotto più evoluto; ma oggi non riusciamo più ad intravedere nessuna reale barriera che la separi dal resto dell'esistenza. Basti solo considerare che i geni, cioè i mattoni della vita, si construiscono ormai attraverso processi chimici.

Siamo così alla terza, definitiva constatazione: l'uomo non ha assolutamente nulla che lo possa considerare diverso dal resto dell'esistenza; anzi la partecipazione dell'uomo al processo di evoluzione di tutta l'esistenza è totale.

Viene così a cadere l'assunto di base della centralità dell'uomo. Di conseguenza anche il corollario che gli attribuiva il privilegio della conoscenza diventa inconsistente.

Infatti già nel mondo della conoscenza fisica, per merito della Scuola di Copenhaghen, negli anni trenta, si era presa coscienza che l'uomo, giunto alle soglie delle particelle infinitesimali, doveva arrendersi, non dico nella sua pretesa di conoscere la natura della materia, ma anche solo al tentativo di fissare la posizione e al velocità dei corpuscoli.

Nascevano così i principi di «indeterminazione» e di «non causalità». In altre parole si doveva riconoscere che-il mondo infinitesimale è dotato di autonomie e relazioni inconoscibili da parte dell'uomo.

La conferma definitiva di questi principi è avventua proprio nei giorni scorsi, con la fusione fredda. È stato un avvenimento di estremo interesse, non solo e non tanto per le prospettive di energia pulita ed economica. Questo è un problema nè urgente nè rilevante, nè per l'uomo di oggi nè per l'uomo in genere. Invece la rilevanza consiste nel dimostrare, con assoluta immediatezza, ciò che già teoricamente era stato ipotizzato; e cioè la materia non è che una manifestazione dell'energia. La materia viene così a configurarsi eone l'incrostazione superficiale di una forma di esistenza di cui ignoriamo assolutamente tutto e a cui abbiamo attribuito un nome, energia appunto, che non è che pura convenzione. Si arriva così all'archiviazione definitiva del modello della centralità dell'uomo, che si auto-attribuisce la magica capacità della conoscenza. E con il modello si archiviano anche i pensieri e le azioni da esso generati, e che oggi sono limitati e, nelle loro estreme conseguenze, anche controproducenti: l'essere uomo ad immagine e somiglianza di Dio, la scelta del popolo prescelto, l'invenzione della verità, l'utopia della società giusta, l'esistenza di un equilibrio ambientale, la separazione fra vita e morte, e tutte le tensioni e le violenze legate a questi concetti.

Si ha oggi bisogno di un nuovo modello della esistenza che sia «coerente» con il nostro nuovo ed imponente patrimonio di conoscenze. Esso sembra oggi venendosi configurare come il modello di «l'evoluzione globale verso l'armonia». Sgombrato il campo dalla ingombrante presunzione della centralità dell'uomo, non si sente più l'esigenza di alcuna centralità. Anzi ogni punto, ogni manifestazione dell'esistenza, è l'origine ed il destino di infinite interazioni con ogni altra espressione esistenziale.

Ciò conduce all'accrescersi indefinito dell'esistenza in ogni direzione. In altre parole, la Creazione non è un atto unico, sotto forma di monologo, che è stato rappresentato in un improvviso giorno di un buio passato, ma è la nostra stessa esistenza di ieri e di oggi, è tutto l'orizzonte del futuro.

La coerenza del modello non consiste solo nel suo contenere tutto ciò che esiste, ma anche nel suo essere predisposto a contenere ogni nuova esistenza.che si sta creando e che si andrà creando, di ogni forma e natura, comprese quelle che richiederanno di abbandonare il modello stesso alla ricerca di una più nuova e complessa espressione.

Oltre che essere «coerente» il modello dell'evoluzione globale è anche «conveniente». Infatti è vero che ci costringe a scendere da un immaginario piedistallo, ormai però senza più orpelli, ma, in cambio, ci attribuisce una fratellanza cosmica da vivere nella più affascinante delle avventure qual'è quella della Creazione. E la coerenza ed i benefici non sono solo culturali ed utopici, il nuovo modello si può rilevare strumento di comportamento e di azione quotidiana.

Ecco infatti che la libertà individuale, solidarietà sociale, nazionalità e sovranazionalità, da obiettivi conflittuali diventano confluenze possibili, eone in organismo umano lo sviluppo armonico delle singole cellule è condizione indispensabile per un individuo sano. Ecco ancora che ambiente ed economia non devono essere visti come opzioni alternative ma devono essere considerati come presupposti indispensabili di uno sviluppo ambientale armonico.

Ma il pregio supremo del nuovo modello dell'esistenza, che è poi la casa comune che l'umanità costruisce per trascorrervi la propria vita, consiste nel prendere coscienza che ci è toccata in sorte la più straordinaria delle avventure, quella di essere compartecipi della Creazione. Perché non viverla il più intensamente possibile?

Sette ragioni per EcoGIO'
Simone Guerrini
Le ragioni dell'ambiente

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