Circa cinquantamila anni fa il pianeta Terra si risvegliò dal letargo dell'ultima grande Glaciazione e la Natura manifestò tutta la sua potenzialità creativa. Piante, animali, forme, colori si moltiplicarono e si diffusero ovunque.
L'Italia, in particolare, diventò una ininterrotta, rigogliosa foresta, con aspetti tropicali nelle zone più meridionali.
Una riflessione si può proporre, con buona approssimazione: l'«homo sapiens sapiens», pur essendo anagraficamente venuto alla luce qualche tempo prima, è proprio in quei giorni che comincia ad operare con una sua reale e specifica identità. Considerando allora la profonda ed innovativa evoluzione che ha avuto origine da questi due straordinari e contemporanei avvenimenti e continuando nella riflessione, quell'epoca potrebbe segnare l'inizio sostanziale della creazione terrestre.
Prenderebbe corpo così una idea, già formulata sul piano teorico, ma che si potrebbe ora basare su considerazioni concrete. L'evoluzione come processo di adattamento degli esseri viventi all'ambiente dovrebbe essere declassata ad interpretazione limitativa dei fatti.
Definiamo allora un'ipotesi molto più generale: l'evoluzione come unico e interattivo processo di trasformazione verso la complessità e l'armonia.
Ambiente, esseri viventi, materia, pensiero, coscienza, vita, morte sono solo aspetti parziali e convenzionali, derivanti dal fatto che il nostro apparato conoscitivo è uno strumento di limitate capacità. In reatà esistono complessità ed armonie infinitamente maggiori.
In termini più espressivi si può affermare che la grande primavera della Natura ha fatto sbocciare, fra il rigoglio dell'ambiente, anche il fiore dell'uomo; e come ogni fiore, che deve la sua alimentazione al terreno e all'aria ma che, con la sua presenza, induce modifiche chimiche, fisiche e biologiche del suo habitat, così l'uomo viene plasmato dall'ambiente ed a sua volta lo modifica.
Tutto ciò è molto più di una semplice ipotesi, oggi.
Gli enormi progressi della conoscenza negli ultini decenni ci portano probanti conferme.
L'uomo non più come fine ultimo della creazione, né come prodotto del puro caso; ma l'uomo come espressione e, allo stesso tempo, come compartecipe di un processo creativo che è tutt'ora in pieno svolgimento.
L'uomo allora può essere visto come geniale creazione della Natura, destinato a dare maggiore impulso al processo di evoluzione. Verso quali mete, non ci è dato ancora di conoscere.
Fin dal suo primo irrompere nell'ambiente, è apparso infatti chiaro che l'uomo era in grado di svolgere ruoli fondamentali. Senza la sua presenza, la Natura avrebbe forse rischiato di cristallizzarsi.
Già 50.000 anni fa !'«uomo cacciatore» era in grado di creare squilibri nella catena biologica, proprio nei punti più delicati. I mammiferi erano infatti le prede preferite.
È arrivato poi I'«uomo agricoltore» e tutta la sfera biologica ha cominciato a risentire mutamenti sostanziali. Rimaneva ancora indenne il mondo inanimato; ma ecco che arriva l'«uomo costruttore».
Egli mette mano ai corsi d'acqua, spiana i rilievi, costruisce strade, città paesaggi. Tutto il mondo visibile non è più quello che sarebbe stato senza la presenza dell'uomo. Siamo ora entrati in un'ultima fase, quella delle trasformazioni immateriali, che riguardano sia la natura della materia che l'essenza dell'uomo.
Per quanto riguarda l'uomo, la manifestazione immateriale è stata l'emergere di quella misteriosa entità che è la coscienza. Essa, anzi, sembra proprio destinata ad assumere la guida di tutto il processo evolutivo, compreso quello provocato dall'uomo stesso.
Infatti fra i primissimi prodotti della coscienza c'è il concetto di ambientalismo, che, a ben guardare, si rivela lo strumento più idoneo per armonizzare l'evoluzione dell'uomo e della Natura.
Gli ambientalisti sono stati più di 3.000 anni fa. Gia Eraclito rivelava l'utilità dei boschi nell'equilibrio naturale. Aristotele rimpiangeva i tempi in cui l'isola di Creta era ancora un'isola lussureggiante e l'azione dell'uomo non l'aveva ancora ridotta a terra riarsa (creta). E Plinio sconsolato osservava le ampie ferite che i genieri romani provocavano all'ambiente per costruire la via Appia e condannava gli estesi disboscamenti per procurare terreno coltivabile da assegnare ai legionari che tornavano dal fronte.
Ma né Eraclito, né Aristotele, né Plinio riuscirono a bloccare l'interazione dell'uomo con l'ambiente; se ciò fosse avvenuto sarebbe stato un evento innaturale. Anzi, proprio la Magna Grecia e il Mesopontino si rivelarono singolarmante idonei, con le estese e fitte aree boschive, a sostenere il progresso della civiltà. Il legname per gli usi civili e militari fu una risorsa fondamentale, per secoli e secoli.
Le aree disboscate si rivelavano terreni ricchi di humus e quindi particolarmente adatti per la selezione di sementi utili all'uomo.
L'erosione dei bacini, avviata dai disboscamenti, era tuttavia la fonte di ripascimento delle pianure costiere, che davano nuovi stimoli sia all'uomo che all'ambiente naturale. L'uomo e l'ambiente si sono, qui molto più che altrove, profondamente influenzati e plasmati, armonizzandosi reciprocamente.
Non è quindi un caso che le radici della cultura sono nate qui.
E non è neppure un caso che l'alimentazione più naturale e sana che si conosca è costituita dalla dieta mediterranea; è anch'essa infatti un prodotto del processo di armonizzazione fra l'uomo e l'ambiente.
Ad un certo punto, però, a causa dell'esaurimento della spinta creativa dell'uomo, o dell'ambiente, o meglio ancora ambedue, l'area mediterranea ha perso il ruolo centrale nella storia dell'evoluzione.
Ma il rapporto uomo-ambiente ha avuto subito un impatto duro, conflittuale.
In particolare, sono stati modificati profondamente i regimi idrici dei fiumi e si sono effettuati, soprattutto nell'ultimo dopoguerra, estesi disboscamenti per ricavarne legna e «carbonella». Con conseguenze disastrose.
Pertanto, il ritorno sulla scena dell'uomo di oggi, data la sua capacità tecnologica, si preannunzia molto più distruttivo.
Òi conseguenza questo nuovo ruolo di civiltà potrebbe essere molto più breve del precedente; tuttavia questa ipotesi non terrebbe conto dei nuovi orizzonti che si sono in precedenza delineati. In concreto, esiste oggi una nuova dimensione: l'uomo ha la coscienza del suo operare. In particolare, comiciamo a capire che non è più possibile sfruttare indiscriminatamente il mondo vegetale e animale, né modificare a proprio piacimento l'ambiente naturale. La complessità attuale del nostro pianeta e la consapevolezza, ormai acquisita, di dover contribuire a costruire un mondo di crescente armonia con tutti gli esseri viventi e con tutto l'ambiente, spingono l'uomo ad agire con sempre minore distruttività e sempre maggiore creatività. Si va affermando oggi, come mai nel passato, l'«uomo ideatore», che non distrugge.
Anche nell'epoca contemporanea grandi progetti di armonizzazione ambientale sono stati realizzati in vari Paesi del mondo.
Circa 95 anni fa il Congresso americano prese atto della distruzione quasi totale del patrimonio boschivo e stabilì che l'America non poteva sopravvivere senza i suoi boschi. Oggi lo Stato del Maine ha il 90% di superficie boschiva, lo Stato di New York il 60% ed il New Jersey, che è uno degli stati più industrializzati, arriva al 40%.
In Austria sono stati ricreati integralmente habitat che erano praticamente scomparsi, rivivificando specie animali e vegetali che in passato avevano popolato determinate aree.
La Germania ha rimodellato con colline, laghetti, boschi, prati, interi bacini che erano stati letteralmente sconvolti dall'attività mineraria nella Ruhr; il paesaggio costruito dall'uomo sembra oggi gareggiare con la fantasia della Natura.
Ma oltre a queste considerazioni di carattere generale, il ritorno dell'uomo all'azione deve basarsi su indicazioni concrete e pressanti:
- l'agricoltura è oggi una delle maggiori fonti di inquinamento;
- i prodotti alimentari, ottenuti con i più svariati trattamenti chimici, sono sempre più dannosi per la salute;
- le eccedenze agricole costituiscono il maggior problema economico della Comunità europea;
- le fonti energetiche naturali sono in via di esaurimento.
La riscoperta del passato e la proiezione nel futuro può avvenire sulle seguenti basi:
- ricopritura vegetale rapida dell'intero territorio;
- programma di forestazione di medio e lungo termine;
- individuazione e stabilizzazione di tutte le aree morfologicamente delicate;
- arresto dell'erosione marina;
- rimodellamento morfologico attivo per creare nuovi paesaggi e nuovi habitat;
- massima specializzazione culturale nei prodotti di base della dieta mediterranea;
- coltivazione dei prodotti e materie prime ecologiche per l'industria;
- utilizzo di metodi di coltivazione naturali, con esclusione di prodotti chimici, in modo da ottenere alimenti assolutamente genuini;
- ripristino di habitat di flora e fauna tipiche, per fini scientifici, didattici e ricreativi;
- costituzione di una catena di commercializzazione nei centri abitati e nelle masserie tipiche di prodotti agroalimentari mediterranei e genuini, elaborati secondo le più antiche tradizioni locali (pane, pasta, salumi, olive, frutta secca, olio, vino).
La garanzia di genuinità dei prodotti deve essere garantita dalle più qualificate istituzioni scientifiche nazionali (Istituto Superiore di Sanità, ENEA, CNR) ed internazionali (OMS, ONU);
- rete di commercializzazione diretta dei suddetti prodotti in Italia e all'estero;
- istituzione di centri di ricerche agro-ambientali;
- agriturismo basato sulla partecipazione attiva degli ospiti a tutte le attività di agricoltura ambientale.























