Ruggero Orfei, «Pace tra missili e fame»
La necessità, imposta dalla crisi in corso, di trasformare l'attuale società della quantità in una società qualitativa, il rifiuto di un'idea dello sviluppo concepito esclusivamente in termini di crescita economica e separato dal tipo di civiltà in cui si inserisce, costituiscono il nucleo centrale del discorso sviluppato da Ruggero Orfei nella sua ultima opera intitolata significativamente «la pace tra missili e fame».
Direttore in passato delle riviste «Settegiorni», il «Mensile» e «Azione sociale» il settimanale delle ACLI e autore di diversi saggi, Orfei ha rivolto la sua riflessione in questi ultimi anni particolarmente ai problemi di politica internazionale collaborando a diversi giornali, tra cui «la Discussione» e «Politica Internazionale», mensile dell'IPALMO. Egli muove dunque dalla constatazione della crisi del modo di crescere dell'umanità proprio del capitalismo industriale, crisi emersa in modo drammatico anzitutto per l'incapacità di fronteggiare i crescenti squilibri economici, per affermare che ciò pone, ineludibile, il problema di ricostruire una nuova dimensione umana dello sviluppo, dell'ambiente in cui si svolge, delle istituzioni e delle strutture allo scopo create dall'uomo. Un ordine nuovo, dunque, in cui il risultato economico non può rappresentare l'unico ed esclusivo termine di confronto e che richiede una vera rivoluzione culturale, per dare più spazio a ciò che è gratuito ed offerto per servizio rispetto a ciò che è gratuito ed offerto per servizio rispetto a ciò che è ottenuto grazie ad uno scambio.
Questa evoluzione peraltro non può aversi, a parere di Orfei, in un solo paese, ma esige la creazione di forme di collaborazione tra gli stati: di qui la necessità di costruire un nuovo sistema di relazioni internazionali che acceleri la distensione tra i blocchi e si faccia realmente carico dei problemi delle zone economicamente meno sviluppate. I temi della pace e dello sviluppo vengono conseguentemente affrontati, secondo il più recente insegnamento della Chiesa, nelle loro intime connessioni.
L'autore dunque, polemicamente ed in modo appassionato, si sofferma sulla necessità di prevedere un ridimensionamento del principio di sovranità nazionale attraverso la riforma delle istituzioni mondiali, in primo luogo l'ONU, affinché esse siano messe in grado di rendere esecutiva la volontà dei popoli. In questa prospettiva fondamentale diventa anche il superamento del concetto tradizionale di sicurezza, intesa in termini solo militari, che è stata all'origine della folle corsa agli armamenti alla ricerca di un illusorio margine di superiorità sui possibili nemici, un'idea di sicurezza che essa stessa rappresenta la prima minaccia di guerra, per la sottrazione di risorse allo sviluppo che essa opera. Infatti, crescita economica, limitatezza delle risorse, tensione derivante da una iniqua distribuzione delle ricchezze del mondo sono altrettante minacce alla pace.
Per costruire un'alternativa concreta e reale, perseguibile con gradualità ed un'adeguata programmazione, è necessario in primo luogo affrontare coraggiosamente il problema della riconversione dal militare al civile, che trasferisca risorse dagli armamenti agli investimenti per lo sviluppo.
Un libro dunque, quello di Orfei, che è bene raccomandare per chi si vuole educare alla pace, individuando anche linee precise per il suo impegno politico.
Ruggero Orfei,
«Pace tra missili e fame»
Ed. Dehoniane
pp. 252
L. 14.000




















































