Elezioni Americane: The Day Before
Nell'esaminare le vicende elettorali statunitensi uno degli elementi fondamentali che deve essere sempre tenuto in debita considerazione è quello concernente il sistema di elezione del Presidente che si articola, grosso modo, in due fasi principali. Nella prima, i due partiti, quello Democratico e quello Repubblicano, procedono alla scelta del loro candidato ufficiale alla Presidenza. Terminata questa fase si entra nel vivo della campagna elettorale, vera e propria la quale culmina con la elezione diretta del Presidente degli Stati Uniti d'America. Attualmente si sta svolgendo ancora la prima fase che si concluderà a Luglio quando saranno scelti i candidati ufficiali dei due partiti.
Nel Partito Repubblicano non si presentano particolari problemi, dato che appare certa là conferma del presidente uscente, Reagan, quale candidato ufficiale alla Presidenza. Questa situazione consente, per altro, agli esponenti repubblicani di iniziare la campagna elettorale vera e propria con un certo anticipo sui loro avversari i quali appaiono, al momento attuale, ancora molto divisi al loro interno.
ln campo democratico, infatti, la lotta per la nomination, cioè la lotta per ottenere la nomina a candidato ufficiale per le elezioni Presidenziali, è ancora in pieno svolgimento ed aperta ad ogni risultato.
Ed è proprio in questo ambito che si sono svolti i maggiori colpi di scena. In questo senso può interessare ricordare, anzitutto, la vicenda del sen. Glenn. Fino agli inizi di febbraio 1984, Glenn era considerato il più serio antagonista di F. Mondale nella gara per ottenere la nomination del partito democratico ed era, altresì, considerato il candidato con le maggiori possibilità di sconfiggere Reagan nelle elezioni del novembre 1984: ciò nonostante, dopo le 12 elezioni primarie che si erano svolte sino ad allora, il sen. Glenn fu costretto ad annunciare la propria decisione di ritirarsi dalla competizione.
Le ragioni del mancato successo di Glenn, uno degli astronauti statunitensi più famosi nonché un «eroe» tra i più amati negli USA sono complesse: da un lato è stata rilevata la sua incapacità di darsi una precisa identità politica. Dall'altro lato invece, Glenn è stato accusato di avere delle idee troppo simili a quelle di Reagan: in verità Glenn aveva affermato più volte di considerarsi «l'ultimo moderato rimasto in gara», ed alcune sue idee, poco popolari nell'attuale momento storico, quali quelle del settore della difesa dove auspicava un notevole incremento delle spese militari hanno certamente contribuito alla sua sconfitta.
Ma la vera novità in campo democratico è stata la sorprendente afTerma-· zione di Gary Hart senatore del Colorado, in numerosi stati.
Il successo di Hart è stato tuttavia ridimensionato notevolmente nelle elezioni svoltesi in alcuni stati molto importanti.dove Mondale ha conseguito di nuovo affermazioni nette che lo hanno riconfermato come candidato numero uno del Partito democratico.
Nella corsa per la nomination del Partito Democratico è rimasto in gara accanto a questi due candidati, anche il rev. Jackson, che ha ottenuto generalmente buonissime affermazioni.
La candidatura di Jackson pur essendo perdente in partenza ha rappresentato un momento di grande importanza per diverse ragioni: i risultati da lui conseguiti dimostrano, anzitutto, che la sua base elettorale è ben più ampia dell'elettorato nero che lo ha appoggiato quasi ovunque in modo assai compatto. In secondo luogo, molte delle tesi sostenute dal reverendo, soprattutto sul problema delle minoranze e dei diritti umani, influiranno necessariamente sulle scelte politiche del prossimo presidente degli USA. Al momento attuale, pertanto, i due pretendenti più accreditati nella corsa alla nomination del Partito Democratico vengono generalmente individuati in Hart ed in Mondale (che risulta essere decisamente il favorito). Molto è già stato scritto e detto sulle difTerenti posizioni politiche di questi due candidati.
In questa sede, pertanto, saranno presi in considerazione solo alcuni aspetti particolari che distinguono i due candidati.
Anzitutto pare di notevole interesse sottolineare le loro difTerenti opinioni in tema di politica estera.
A questo riguardo Hart sembra essere più «liberal» rispetto a Mondale. II senatore del Coloraqo auspica, in primo luogo, un deciso salto di qualità nei rapporti con l'Unione Sovietica come premessa per avviare seri negoziati per la riduzione delle armi. Estremamente interessanti ed innovative appaiono anche le proposte di Hart, circa i rapporti con il Terzo mondo·esse si basano sui seguenti presupposti: a) non ogni problema del Terzo mondo è un problema degli USA per il quale esiste una soluzione americana; b) non ogni rivoluzione del Terzo mondo è una lotta tra Est ed Ovest; c) la povertà, la fame e la repressione sono state all'origine di molte più rivoluzioni di quelle provocate da Mosca e da Cuba; d) gli USA hanno appoggiato troppo spesso personaggi corrotti e antidemocratici e ciò ha contribuito a rafTorzare i sentimenti nazionalisti dei movimenti di liberazione e quindi la posizione dell'URSS. In politica estera Mondale appare più conservatore: non a caso egli ha ribadito più volte che la politica attuale di Reagan nell'America Centrale è l'unica possibile per gli USA. Anche in tema di rapporti con l'URSS Mondale sembra ripetere, sia pure con lievi difTerenze, le tesi espresse dall'amministrazione Reagan.
Le opinioni in tema di politica estera si presentano, quindi, abbastanza difTerenziate e le posizioni di Hart, specie per quanto riguarda la politica USA nell'America Centrale sembrano rispecchiare maggiormente l'atteggiamento dell'opinione pubblica negli USA.
Ma nella campagna elettorale statunitense (e purtroppo non solo in quella) i temi di politica internazionale sono destinati, generalmente, a svolgere un ruolo di secondo piano, a difTerenza di quelli economici. In quest'ultimo settore, alcune delle proposte di Mondale sono di tipo più tradizionale e sono dirette a mantenere, o a ricostruire, alcune delle misure di politica sociale a favore dei più poveri, che sono state personalmente revocate da Reagan.
Le «nuove idee» di Hart, in politica economica, trovano invece difficoltà ad essere comprese tra la gente più semplice e più povera che preferisce a queste la politica sociale di tipo tradizionale proposta da Mondale. E non è certo un caso che Mondale abbia avuto consistenti affermazioni in Stati dove vi è un'altra percentuale di disoccupati (New York, Alabama ed Illinois) mentre Hart ha conseguito successi prevalentemente in Stati dove il tasso di disoccupazione è relativamente basso (New Hampshire, Florida e Connecticut).
Entrambi i candidati si dicono convinti di riuscire a ottenere la nomination del Partito Democratico.
In questo senso Mondale appare decisamente favorito potendo già vantare il sostegno di numerosi delegati ed avendo buone possibilità di raggiungere il «numero magico» di 1967 delegati che gli consentirà di avere la maggioranza in seno alla convention del Partito Democratico, che si svolgerà a metà luglio a S. Francisco.
Hart. invece, sembra avere investito le sue speranze in una consistente afTermazione negli Stati del Sud-Ovest, che rappresentano la «nuova America», essendo in continua ascesa economica e tecnologica. Il tutto, però, è reso più complesso dall'incertezza che regna circa l'atteggiamento dei delegati del rev. Jackson e da quelli che non si sono ancora schierati a favore dell'uno e dell'altro dei candidati.
La gara si presenta, quindi, ancora incerta ed aperta, forse anche a soluzioni imprevedibili al momento attuale.
Non è sfuggito a nessuno, infatti che questa campagna elettorale in seno al Partito Democratico è stata particolarmente aspra.
Spesso i candidati si sono rivolti dure accuse, anche sul piano personale, piuttosto che criticare le scelte dell'Amministrazione Reagan.
Più di altre volte sembra che le conseguenze di queste tensioni in seno al partito democratico potrebbero divenire pienamente manifeste nel corso della campagna elettorale vera e propria.
Ad evitare un pericolo simile, i candidati democratici, e soprattutto Mondale, hanno lentamente modificato, a partire dalle primarie svoltesi in Pensilvania, l'impostazione della propria campagna elettorale concentrando le proprie critiche sulle scelte dell'Amministrazione Reagan.
Se questa inversione di tendenza a questo tentativo di radicalizzare meno la campagna elettorale in casa Democratica è in grado di produrre i suoi frutti, è difficile prevederlo.
Certo è che da più parti in seno al Partito Democratico viene auspicato che nel corso della convention di San Francisco si giunga ad una scelta unitaria che possa ottenere il compatto sostegno di tutto il partito. E da una tale scelta sarebbero naturalmente esclusi i tre candidati ancora in gara che sono stati i protagonisti della campagna elettorale. In questo quadro gli osservatori più attenti hanno notato che nelle ultime settimane, l'attività del sen. Kennedy è diventata più attiva.
Sia nel caso della vicenda relativa alla nomina di E. Messe quale attomey generai, che in occasione del dibattito che ha preceduto la risoluzione del senato USA con cui veniva condannato l'uso di fondi federali per minare i porti del Nicaragua, il sen. Kennedy ha svolto un ruolo di primo piano debitamente pubblicizzato dai Mass-media statunitensi.
Se questa attività del sen. Kennedy che è un personaggio ancora molto popolare negli USA, sia da collegarsi con lo svolgimento della campagna elettorale presidenziale, è difficile da dirsi ma non può essere escluso.











