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Partiti, istituzioni e potere

I partiti negli Stati Uniti

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Ostrogorski, nel 1902, descrisse i partiti statunitensi come "macchine elettorali". Il paragone è valido, soprattutto perché quello americano è un sistema che favorisce organizzazioni politiche finalizzate esclusivamente alla competizione del voto. Vediamone il motivo.

Il si3tema presidenziale puro e le modalità di elezione dei rappresentanti e dei senatori al Congresso evidenziano la lotta individuale dei candidati.

Le funzioni dei due partiti, repubblicano e democratico, si riducono alla costituzione di comitati elettorali, all'organizzazione di caucus, di elezioni primarie, di conventions preparatorie della competizione presidenziale. È il singolo candidato che, con la collaborazione del proprio staff, raccoglie gli ingenti fondi per la campagna, organizza conferenze, apparizioni televisive, rapporti con l'elettorato.

Per esser chiari, facciamo un confronto tra partiti americani ed europei. In Europa i partiti si strutturano in sezioni, hanno un apparato centrale di stampo burocratico che regola la vita interna del partito, distribuisce tessere di appartenenza agli iscritti, sele

ziona i candidati, forma i quadri. Negli Stati Uniti no. In pratica, i partiti negli Usa non esistono. Si può parlare semmai, con più precisione, di piattaforme ideologiche molto generiche, attorno alle quali i singoli costruiscono autonomamente la propria candidatura. Ciò comporta che siano più spesso i singoli a dare la propria impronta al partito che non viceversa. Non si sbaglia, perciò, quando si afferma che negli Usa non ci sono due partiti, ma cento: due partiti in cinquanta Stati, l'uno con evidenti diversità dall'altro, anche per la grossa influenza dei potenti gruppi di interessi. Il concetto è rafforzato dal fatto che, non esistendo una struttura ideologica monolitica alla base dei partiti americani, questi hanno la capacità di adattarsi alle diverse esigenze e caratteristiche di un elettorato tendenzialmente fluttuante e ovviamente differente da Stato a Stato. Negli Stati Uniti si assiste ad un fenomeno di rapido turn over dei leaders: i perdenti scompaiono in breve tempo. Non si verifica la situazione – tipicamente europea – della "stagnazione" di certi personaggi politici, abili a riemergere dalle sconfitte.

I partiti americani hanno un metodo di controllo dell'elettorato che fa affidamento sui registri elettorali. Circa il 50% della popolazione avente diritto al voto vi è iscritta, e la maggior parte usufruisce della possibilità di specificare il partito che favorisce. Il partito può così influenzare e dirigere il proprio elettorato, secondo ben studiate tattiche.

A proposito di elettorato, vediamone la distribuzione nei due partiti, tenendo conto dell'alto tasso di variabilità delle scelte dell'elettore americano.

La base tradizionale del partito repubblicano è costituita dagli imprenditori, strenui difensori del liberismo economico, e dai "moralisti", rinforzati dalle sette religiose dell'integralismo protestante.

I democratici possono contare su una base più stratificata. Accanto ai "new dealers", nostalgici dell'esperienza rooseveltiana, vediamo i quarantenni del ceto medio-alto, sensibili alle problematiche della pace e della giustizia sociale. Tra gli strati meno abbienti della base democratica, abbiamo i "partigiani dei poveri", generalmente neri e altamente politicizzati, ed i "poveri passivi", viceversa poco politicizzati.

Quello che più interessa è comunque l'elettorato fluttuante, capace di condizionare i comportamenti e le scelte dei partiti e dei singoli candidati. Tradizionalmente fluttuanti sono gli yuppies e i "disaffezionati", che comunque in genere prediligono il voto repubblicano. Poi ci sono i "seculars", ricchi, ben informati, pacifisti e non religiosi, ed i "followers", giovani, poveri, pessimisti e acritici.

A rinforzare le fila dell'elettorato fluttuante intervengono sempre più numerosi i neri, la cui presenza è oggi diffusa in tutti i ceti sociali, e la cui identificazione non è più diretta obbligatoriamente verso una precisa fazione politica.

C'è da dire, per concludere, che sono sempre minori le distinzioni tra destra e sinistra, tra "conservatori" e "liberal", tra repubblicani e democratici. Le scelte degli elettori sono suscettibili di frequenti variazioni, legate soprattutto all'influenza carismatica dei leaders e, quindi, alla capacità di questi ultimi nel vendere la propria immagine.

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