Grida dal Sudafrica
Settembre 1977. Steve Biko muore in detenzione nelle carceri sudafricane. La causa della morte verrà indicata dalle autorità locali in «sciopero di fame». La verità è però un'altra. E ben più amara. A Steve Biko è stata riservata la sorte che a decine di neri sudafricani tocca da quando agli inizi degli anni sessanta, il parlamento di Pretoria ha approvato con decreto il principio della detenzione a tempo indeterminato senza processo: la morte in carcere. Ma di Steve Biko, alto, giovane, pizzo sotto il mento ed una personalità intensa come il colore della propria pelle, probabilmente non avremmo mai conosciuto neanche il nome, se a raccontarci la sua vicenda non avesse provveduto Donald Woods, bianco sudafricano, direttore di un autorevole giornale locale. È stato lui che ha raccolto nel libro «Biko» la vicenda di quest'uomo, che ha dato a Richard Attenbourgh, lo spunto per realizzare il film «Grido di libertà», che dalle vicende pubbliche di Biko racconta le tappe. Freddo, razionale e conseguente nella sua analisi politica, Biko è il capo carismatico del nascente movimento «coscienza nera». L'analisi che egli compie della situazione è estremamente semplice: i neri sudafricani, mancano di coscienza della propria cultura, di coscienza delle proprie possibilità, di coscienza dei propri diritti, di coscienza, possiamo dire, di «potere essere».
Quello che è determinante per la condizione della popolazione di colore del Sud Africa, sostiene Biko, è l'acquisizione di questa «coscienza», che possa portare alla consapevolezza di «essere uomini», di poter esser e di poter fare. Non in quanto bianchi o neri, ma in quanto persone. Capire questo film, è capire Steve Biko. Cioè capire il Sud Africa e la situazione in cui questo paese si trova. Situazione senza speranza, si potrebbe facilmente sentenziare: ma se Steve Biko ha avuto un merito, questo è stato l'avere restituito alla sua gente, la capacità di avere una speranza.






