«Finzioni» di Jorge Luis Borges Ed. Mondandori
«Odile» di R. Queneau Ed. Feltrinelli
Debbo la sua scoperta alla congiunzione di uno specchio e di un'enciclopedia, scrive Jorge Luis Borges a proposito di Ukbar prima stella di un altro universo armonicamente retto. Anch'io analogamente debbo la scoperta di Borges ad un motivo del tutto fortuito; l'incontro allusivo di una copertina e di un titolo. Finzioni. Appunto.
Qualcosa lega i due eventi. Un allusione che introduce ad un altra allusione, il caso che si dispone in pre-condizione dell'affermarsi di un fatto.
I metodi grazie ai quali si perviene a soluzione sono quelli della suggesione estetica degli errori in progresso, degli anagrammi involontari e dell'emersione di ricordi alla rinfusa. Le cifre e i numeri mescolati e venuti a galla diventano il nostro personalissimo codice di riconoscimento e di accesso al nuovo, una sorta di calcolo combinatorio la cui somma equivale ad una sola possibilità che ha via via disperso le altre in rapidi passaggi di calcolo. Così accade che De Quincey e Quaevedo si fondano in Queneau e che un titolo di una sua opera «Odile» richiami l'Odette proustiana e vani accidenti del cuore.
Climi, contesti, affari del cuore, suggestioni cromatiche, inciampi verbali, e vuoti di memoria approdano uniti in un gesto più esplorativo che consapevole.
Al libro in questo caso, ma potrebbe trattarsi di qualsiasi altro oggetto. E nello stesso modo in cui Ukbar presuppone e costruisce l'universo di Tlhon, Odile profetizza i «Fiori Blù» e una nuova interessante interpretazione di Hegel. Il fortuito crea il mondo e non raramente si tratta proprio del mondo di cui avevamo bisogno, affermazione questa che mi ricorda la storiella di quel tale che odiava la frutta e che scivolando un giorno su una buccia di banana ricadde davanti ad un banco di arance.
Il venditore non avendo altro per rimettere in sesto il malcapitato si fece avanti con una premuta che incontrò la completa soddisfazione dell'infortunato. Che da allora amò la frutta liquefatta e divenne un grande appasionato di frullati.
Oltre la banalità della vicenda vorrei avanzare una suggestiva ipotesi. Che sopra il mondo si affacci qualcuno che ride a crepapelle intorno alle nostre procedure di ricerca del vero, e che anche questa sottenda nel suo rivelarsi una drammatica risata.
«Esercizi di stile» di R. Queneau Ed. Einaudi (trad. U. ECO)
«I fiori blu» di R. Queneau Ed. Einaudi (trad. I. Calvino)
Tre anni fa Einaudi pubblicò «Esercizi di Stile» di Raymond Queneau magistralmente tradotto da Umberto Eco.
Si tratta di un opera apparentemente stravagante nella quale l'autore si diletta a raccontare un banale episodio in 99 modi diversi.
Il testo incontrò completa fortuna presso il pubblico che apprezzò il gioco didattico di Queneau.
E lo apprezzarono anche alcuni insegnanti di lingua italiana a tal punto che lo ritennero indispensabile strumento per indurre gli scolari a intrecciare un consapevole incontro con le varietà del linguaggio nei suoi più elevati guizzi e in tutte le sue possibili acrobazie.
Dopo aver invitato chi non ancora conosce gli «Esercizi di stile» ad avviare con essi un confronto ci terrei a segnalare del medesimo autore un'altra opera, forse meno conosciuta, altrettanto bizzarra e che reca il sigillo «doc» della tradizione di Italo Calvino. «Fiori blu» è il titolo del romanzo pubblicato sempre da Einaudi nella collana «scrittori tradutti da scrittori».
«Tutta questa storia, per un po' di giochi di parole, per un po' di acronismi: una miseria. Non si troverà mai una via d'uscita?» Si domanda il duca d'Auge. Poi dopo una breve pausa di riflessione, montato in sella al suo cavallo parlante chiede di essere portato lontano: «Lontano. Qui il fango è fatto dei nostri fiori». È l'inizio di un viaggio nella storia alla ricerca di una via di uscita, viaggio condiviso da Cidrolin, sonnolento uomo del ventesimo secolo che viene sulla Senna ormeggiato su una chiatta. Cidrolin sogna il duca d'Auge. O è il focoso Duca che sogna Cidrolin?
Ma non è questo l'interrogativo più inquietante. Ché di dilemmi spapagliati lungo il cammino della storia ce ne sono parecchi.

