La parola sindacato indica l'unione di singoli individui o di enti in associazione al fine di definire e promuovere interessi economici comuni. Nel linguaggio di ogni giorno, invece, con il termine "sindacati" ci si riferisce ormai esclusivamente alle organizzazioni dei lavoratori che prestano la loro opera alle dipendenze.
In senso stretto, l'attività dei sindacati dovrebbe riguardare solo i loro iscritti, e questo è quanto avviene nel mondo anglosassone (Stati Uniti e Gran Bretagna), dove è nato il "closed shop", un'intesa fra imprese e sindacati in base alla quale le prime non possono assumere lavoratori non iscritti al sindacato. In realtà nella gran parte delle nazioni industrializzate il ruolo dei sindacati ha sempre più interessato la generalità dei lavoratori dipendenti.
Ma andiamo a vedere rapidamente come nascono qualche secolo fa le prime organizzazioni sindacali che rappresentano oggi in tutto il mondo occidentale una componente fondamentale dell'economia capitalistica. I sindacati nascono con la rivoluzione industriale, quando cioè erano molto disagevoli le condizioni di quanti, abbandonato il lavoro nei campi, si erano trasferiti nelle città dove erano sorti i primi nuclei di fabbriche, e quando si apre il conflitto fra i lavoratori privi di alcuna forma di proprietà e gli imprenditori proprietari dei mezzi di produzione. Il salario diventa allora in molti casi l'unica forma di reddito e perciò il singolo lavoratore non può permettersi a lungo di astenersi dal lavoro al fine di strappare una migliore retribuzione. Il sindacato sorge quindi anche con lo scopo di raccogliere fondi fra gli iscritti per sostenere economicamente gli scioperi.
In Italia i primi sindacati si organizzano nell'Ottocento sotto forma di società di mutuo soccorso e di circoli operai. All'inizio del Novecento i sindacati italiani raggiungono una notevole efficienza organizzativa e nascono le prime federazioni di categoria su base nazionale, sono quelle dei lavoratori della terra e dei lavoratori metallurgici fondate nel 1901. È del 1906 la prima confederazione.
Nel ventennio fascista la libertà di associazione venne soppressa e con essa i sindacati, i quali furono sostituiti con le organizzazioni che rientravano nell'ordinamento corporativo fascista.
Nel 1943 nasce la Cgil (Confederazione generale italiana dei lavoratori), che raggruppa il movimento cattolico e quelli di ispirazione socialista e comunista. L'unità sindacale subisce però i contraccolpi della rottura fra i partiti della sinistra e partiti di centro-destra e nel luglio 1948 escono dalla Cgil le componenti socialdemocratica, repubblicana e democristiana. Le prime due fondarono nel 1950 la Uil (Unione italiana del lavoro) mentre dalla terza nacque, sempre nel '50, la Cisl (Confederazione italiana sindacati dei lavoratori).
Una parziale riunificazione si è avuta nel 1972, con la creazione della confederazione dei tre sindacati maggiori, che ha una struttura organizzativa propria a tutti i livelli di rappresentanza.
Tuttavia, nella prima metà degli anni 80, a seguito principalmente delle diverse posizioni riguardo alla riforma del meccanismo della scala mobile, i tre sindacati sono tornati a percorrere linee politiche differenti. La crisi dell'unità del sindacato ha raggiunto la fase di maggiore acutezza nel 1984-85, quando il Governo decise la predeterminazione degli scatti della scala mobile.
Per quanto riguarda la situazione attuale, dobbiamo notare che, in Italia e nelle altre nazioni industriali, gli anni 80 hanno fatto registrare una profonda crisi del sindacato, dovuta alla perdita di potere contrattuale, ma anche all'affermarsi di valori legati all'individualità e al tramonto del solidarismo di classe. La crisi del sindacato ha quindi sia cause economiche (forte aumento della disoccupazione, riduzione del tasso di crescita) che culturali e sociali.
Anche le trasformazioni del mercato del lavoro hanno sfavorito i sindacati. L'aumento di peso dell'occupazione nel terziario ha comportato una maggiore dispersione della forza lavoro, mentre i sindacati sono figli delle grandi concentrazioni industriali con centinaia o migliaia di dipendenti. Inoltre si sono affacciati sul mercato del lavoro giovani e donne disposti a essere impiegati a condizioni diverse da quelle previste dai contratti collettivi e poco interessati alla tutela sindacale.
Per concludere, oggi il sindacato si trova ad un bivio, molto simile a quello del sistema dei partiti. Per non perdere il treno del "nuovo che avanza", è necessario un notevole sforzo di aggiornamento culturale per stare al passo delle profonde trasformazioni che stanno radicalmente cambiando la nostra società. Se questo sforzo dovesse fallire, allora le grandi organizzazioni sindacali sarebbero destinate a perdere ulteriormente terreno, smarrendo quella capacità di rappresentare gli interessi delle masse lavoratrici che in passato è stata la loro grande forza.
















