Ravenna un anno dopo

Cronache di morti annunciate

Nuova Politica - Cronache di morti annunciate pagina 14
Nuova Politica - Cronache di morti annunciate
Dopo l'incidente di un anno fa a Ravenna grandi inchieste e molte parole importanti. Poi il nulla. Eppure nell'Italia di oggi si continua a morire sul lavoro

Ravenna, antica capitale bizantina, col fascino dei suoi mosaici, con la sua laboriosa popolazione, con le numerose industrie che costellano il porto canale, è balzata un anno fa alle cronache per un tragico incidente sul lavoro che ha ucciso 13 operai intenti a ripulire cisterne navali.

I mass-media si sono «scatenati» sul problema degli incidenti sul lavoro: inchieste, denuncie, servizi.

Poi più nulla.

Per questo ne riparliamo riflettendo su carenze legislative, possibili soluzioni, iniziative concrete.

Un'indagine del Formez rivela che ogni anno 10 lavoratori su cento subiscono infortuni.

Di questi il 67 per cento guariscono entro venti giorni, il 25 per cento riprende il lavoro entro 60 giorni; il restante 8 per cento ritorna all'attività lavorativa dopo due mesi.

Recenti indagini hanno osservato il quadro di nocività esistente sui posti di lavoro. Anche qui la situazione è allarmante.

Il 41 per cento di un campione di lavoratori intervistati giudica il luogo di lavoro molto o abbastanza nocivo e pericoloso; il 36 per cento dichiara che esistono fattori di nocività e di pericolo nell'esercizio delle proprie mansioni. Solo il 23 per cento afferma che l'ambiente di lavoro è sicuro.

Tra i fattori di nocività oltre a quelli tradizionali quali le polveri, il fumo, il rumore, il caldo, il freddo... se ne aggiungono altri derivanti dalla introduzione di nuove tecnologie (computer, robot...) e da nuove forme di organizzazione di lavoro.

La legislazione è carente. L'attenzione al miglioramento delle condizioni di vita sul lavoro è venuta in prevalenza in sede di contratti, dove è stata accentuata la necessità di perseguire, non solo il benessere economico personale, ma anche di migliorare la qualità della vita e di ricercare il bene della comunità nell'inevitabile passaggio ad una società post-industriale.

Uno sguardo in Europa

Allargando lo sguardo all'Europa c'è da notare, che all'approssimarsi del 1992, si va diffondendo l'esigenza di fornire una serie concreta di strumenti comuni per la prevenzione e la tutela della salute sul lavoro, con il miglioramento e la semplificazione di norme, prassi e procedure.

Il Parlamento ha affrontato il problema con scarsa fortuna.

In occasione dei fatti di Ravenna era stata proposta la costituzione di una commissione di indagine conoscitiva sui problemi della tutela della salute sui luoghi di lavoro, indagine deliberata il 26 marzo 1987 ma neppure avviata per gli eventi elettorali.

Ma intanto i lavoratori muoiono. Altri incidenti nel corso dell'anno hanno aumentato il numero delle vittime del lavoro: da Genova a Pordenone, da Vicenza a Taranto, alla Valmalenco, a Isernia e Matera.

È uno stillicidio, un dramma che continua a colpire la società italiana.

Per alcuni aspetti è un dramma che si aggrava. Ne sono causa ad esempio la proliferazione dei sub-appalti, la nascita di aziende sempre più piccole, il processo rapido e frenetico delle innovazioni tecnologiche e produttive, ritmi e carichi di lavoro, stress.

Spesso la novità, il «nuovo», non è garanzia di sicurezza.

C'è poi il fenomeno del lavoro sommerso, di tante attività incontrollate e illegali dove le rappresentanze dei lavoratori sono nulle.

L'Inail nel convegno di Marghera del novembre scorso ha detto di volersi collocare in tema di prevenzione quale cerniera tra i vertici istituzionalmente deputati alla programmazione (Stato e Regione) e gli enti operativi (ULSS). In pratica l'Inail chiede di diventare «una autorità amministrativa con il compito di definire, in una logica programmatoria, vincoli finanziari e priorità di obiettivi, collegati alla programmazione nazionale, per dar vita ad una politica per il controllo del rischio che consenta, in interscambio con la programmazione regionale e territoriale, quel salto di qualità nel sistema di prevenzione, che l'opinione attende». Ma su tale proposta dubbi percorrono i sindacati i quali affermano che se si fosse profondamente attuata la 833 non avrebbe più senso l'esistenza dell'Inail in quanto le sue funzioni potrebbero essere svolte all'interno dell'ISPELS (Istituto Superiore di Prevenzione e Sicurezza del Lavoro).

Come si vede c'è disagio e mancanza di chiarezza.

Un esempio?

Nel Veneto esiste una buona legge, la 54/82 che però sostanzialmente non viene applicata e per carenze di organico e di strumentazione e per non eccessiva importanza data dalle ULSS. Che proporre?

Intanto è necessario conoscere il problema in tutti i suoi risvolti, poi adottare provvedimenti legislativi preveggenti che non siano superati nel momento in cui vengono approvati.

È ovvia l'urgenza.

Troppe famiglie piangono genitori e figli.

Il lavoro deve servire l'uomo, renderlo migliore per una migliore società, non ucciderlo.

Dati sull'andamento infortunistico

Infortuni sul lavoro nell'industria
  1975 1985 variazione 1986
Casi denunciati 1.084.340 687.050 - 36,64% 698.521
Ore lavorate 13.791.582.000 16.672.614.000 + 20,88%  
Indice di frequenza
per milioni ore lavorate
78,62 41,21    
Infortuni sul lavoro in agricoltura
Casi denunciati 199.076 218.038* + 9,52% 216.427
Occupati 3.274.000 2.297.000 - 29,85% 216.427
Indice di frequenza
per ogni 1.000 occupati
(casi denunciati)
  41,21    
Totali
Casi denunciati 1.283.416 905.088   914.948
NOTA: * Incremento dovuto all'introduzione delle prestazioni di temporanea ai coltivatori diretti.
Scuola, ultima ora
Luca Parodi
Disoccupazione solidarismo welfare state
Paolo Mezzogori

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