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«Camalli» si nasce

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Dentro il conflitto sociale nel porto di Genova: la posizione Dc, la storia dei camalli.

Tra i conflitti sociali esplosi in questi anni nel nostro Paese, quello relativo ai porti è destinato a lasciare segni profondi.

Nei sindacati, divisi tra loro e deboli contrattualmente a fronte anche di talune delegittimazioni da parte della base; nei partiti, in particolare nel Pci, che con difficoltà sta tentando di superare posizioni consolidate nel tempo; nelle istituzioni locali, talora incapaci di essere valido punto di riferimento.

Più profondi, questi segni, si ritrovano dove il porto è stato il principale protagonista nella storia della comunità: è il caso particolare di Genova, che dal mare e dal porto ha tratto ricchezza e potenza.

Attorno al porto e nel porto si è svolta gran parte della storia cittadina; proprio per questo oggi più lacerante che altrove è il conflitto, che coinvolge tradizioni, valori, abitudini, patrimonio dei genovesi. La conflittualità nel maggiore scalo italiano perdura da tempo: lo scontro in atto sull'organizzazione del lavoro interrompe una tregua firmata poco più di un anno fa; per 12 mesi, dal dicembre 1986 allo stesso mese del 1987, la politica dell'allora Presidente del Consorzio Autonomo del Porto, Roberto D'Alessandro, mirante ad un rinnovamento aziendalistico e manageriale, si era contrapposta a quella di Paride Satini, Console della Compagnia Unica, impegnato in una difesa ad oltranza dello satus quo, dal quale derivano privilegi e poteri.

Ieri come oggi. Con una differenza: in allora il progetto di riorganizzazione del sistema portuale era genovese, circoscritto ad uno scalo che, per il ruolo che esercitava nei traffici nazionali, voleva essere protagonista in positivo nell'ambito di un processo di profondo cambiamento; oggi il disegno è del Governo, coinvolge tutti gli scali, e Genova si ritrova isolata, in un protagonismo negativo.

Le problematiche relative alla composizione di questi conflitti, al ruolo dei partiti e dei sindacati, sono qui particolarmente sentite, proprio perché lo scontro ha coinvolto le radici culturali della nostra gente.

Non sono in gioco solo gli interessi della Compagnia Unica, dei «camalli», né quelli dell'utenza e degli operatori del settore, che sono comunque stati, in questi anni, i più penalizzati.

È in gioco l'interesse della comunità ligure e nazionale ad avere un sistema portuale integrato, efficiente, modernamente organizzato, in grado di competere nel mercato europeo..

Il ruolo di un partito allora deve essere quello di individuare proposte che vadano in tal senso; di ricondurre all'interessato comune posizioni discordanti e dirompenti; di favorire la mediazione tra le diverse parti, al fine di addivenire ad una soluzione che aggreghi i consensi.

Se l'obiettivo di fondo è quello di ridisegnare il sistema portuale italiano secondo moderni criteri di gestione, allora questo obiettivo rappresenta anche il limite per una pur necessaria mediazione.

Laddove la composizione non è possibile perché interessi particolari la ostacolano, allora sono necessari atti politici concreti.

Ed è quello che ha fatto il Ministro della Marina Mercantile, Giovanni Prandini.

Ed è quello che ha fatto la Democrazia cristiana, con responsabilità e coerenza.

Nel momento in cui scriviamo, il lavoro è ripreso in tutti i porti, ma non nello scalo ligure, ove riparte l'ennesima estenuante trattativa. Di fronte alle banchine deserte, alle sofferenze di una città che ha vissuto altre drammatiche crisi, a tanti giovani per i quali il futuro occupazionale non è minimamente garantito, uno solo può essere l'augurio: che il porto sia restituito alla città, libero da monopoli e non più protagonista in battaglie di retroguardia.

Dal documento sulla situazione di Genova,
elaborato dal Mgdc, dal Mgs, dalla Fgr, dalla GLI, dalla Gsdi
e presentato alla stampa il 22 febbraio 1989

(...) Il Porto di Genova, nonostante la riorganizzazione aziendale ed i cospicui aiuti ricevuti dallo stato, rischia di veder vanificato un disegno di rilancio europeo a causa di una estenuante ed Jncomprensibile conflittualità (...)

Una situazione di monopolio, quale è quella realizzata dalla Culmv, appartiene ormai al passato ed è in netta contraddizione con le esigenze di una cultura della libera concorrenza di cui Genova non può fare a meno (...)

Costruire un Porto moderno significa anche ricercare condizioni di certezze di costi e di efficienza produttiva (...)

I decreti e le circolari Prandini non mettono in discussione né il posto di lavoro né il salario percepito dai soci della Compagnia Unica. Rappresentano i presupposti per riportare il costo del lavoro globale (attualmente a 120 milioni/anno per socio Culmv, di fronte ai 62 di un lavoratore consortile ed ai 35 di un lavoratore metalmeccanico) a livelli di accettabilità. Un costo del lavoro globale, a fronte di una media di 13 giornate lavorate nei settori più significativi dei servizi di bordo, terra e generali, spiegabile nella dimensione del suo importo con la consistenza dei contributi versati, che rappresentano circa il 400% del salario corrisposto.

Il disegno portato avanti dal Governo nel suo insieme consentirà di sviluppare appieno l'efficacia delle tecnologie sino ad oggi condizionate da un'organizzazione del lavoro troppo spesso gestita in modo esclusivo dalla Compagnia Unica, decasualizzando il lavoro ed ottimizzando l'esecuzione delle prestazioni richieste mediante un più ordinato impiego delle risorse umane (...)

Crediamo nella necessità di un libero mercato in un libero porto... La costruzione della Genova del 2000 passa soprattutto attraverso il Porto: un Porto che appartiene alla città e che deve muoversi a passo con essa, un Porto che racchiude la nostra storia ed è presupposto per il nostro futuro.

I «Camalli»

«Camalli» è il termine del dialetto genovese con il quale si è soliti chiamare i lavoratori portuali, e piu precisamente della Compagnia Unica Lavoratori Merci Varie (Culmv); trova probabilmente origine nel vocabolo arabo «hammal», portatore.

Oggi non sono più di 2.200, rispetto ai 6.000 di pochi anni fa: prepensionamenti, blocco del turn-over hanno ridotto di due terzi i ranghi.

L'attuale struttura organizzativa delle Compagnie portuali trae origine dall'inquadramento medioevale delle corporazioni; fra queste, la più antica e gloriosa appare la Compagnia Caravana del porto di Genova, la cui nascita risale al 1340.

Nel 1918 i lavoratori portuali vedono assumere dalle proprie organizzazioni la gestione diretta di tutte le operazioni di sbarco e imbarco, come stabilito dal Codice della Navigazione, al quinto comma dell'articolo 11O. Divengono realtà concrete l'Ente Cooperativo Scaricatori e Caricatori Merci Varie, la Cooperativa Generale Facchini e la Cooperativa Chiattaiaioli.

Nel 1946, il O marzo, con decreto del Presidente del Consorzio del porto, nasce la Compagnia Unica Lavoratori Merci Varie, oggi guidata dal Console Paride Satini.

Le tappe della vertenza a Genova

5 gennaio i camalli iniziano lo sciopero, che proseguirà sino al 28 febbraio, svolgendo un solo turno lavorativo al giorno
6 gennaio Prandini emana il decreto sulla delimitazione della riserva del lavoro portuale
27 gennaio il Consorzio Autonomo del Porto (Cap) adegua le normative portuali locali ai decreti Prandini, pur senza renderle esecutive
20 febbraio la Compagnia Unica rifiuta qualsiasi apertura di trattativa e, nonostante il perdurare solo a Genova degli scioperi, il Cap rinvia l'applicazione delle nuove norme al 1° marzo
22 febbraio nasce il Coper, Comitato dipendenti indotto portuale
28 febbraio il porto è picchettato ad opera della Culmv
1° marzo il Cap rende esecutivi i suoi decreti, e la Culmv blocca totalmente i terminal container
5 marzo le società del porto, la Terminal Container e la Merci Convenzionali, pubblicano il bando per l'assunzione di 900 portuali Culmv
9 marzo diecimila in marcia con i lavoratori dell'indotto (agenti marittimi, spedizionieri, autotrasportatori,...) per «salvare il porto»
10 marzo il ministro delibera la concessione di autonomie funzionali alla Terminal Container e a Grimaldi, autonomie poi congelate in virtù degli accordi nazionali
17 marzo accordo nazionale, firmato anche dalla Cgil e ratificato dai delegati di tutti i porti; viene però respinto dai camalli genovesi e dalla Filt Cgil di Genova
25 marzo iniziano gli incontri in varie sedi, ma falliscono per il veto della Culmv ad aprire trattative senza il ritiro preventivo dei decreti
2 aprile improwisa visita del Console della Culmv Satini al Ministro Prandini nella sua abitazione di Brescia
7 aprile vertice del Governo sul caso Genova
10 aprile su istruzioni del Governo, il Presidente del Cap riconvoca le parti; sulle scale di Palazzo San Giorgio, sede del Cap, il segretario regionale della Cisl Franco Paganini è aggredito da un gruppo di soci della Culmv.
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Pari e patta negli atenei italiani
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