...E il comunismo diede la pace al mondo
L'intervista del Prof. Naimi sollecita alcune riflessioni di carattere generale. Nel 1954 Edmond Walsh ebbe a scrivere: «dalla caduta dell'Impero Romano ad oggi, il più importante avvenimento storico è la rivoluzione comunista».
A venti anni di distanza questa considerazione, forse approssimativa nella radicalità che la caratterizza, mantiene intatta la sua suggestione, manifesta appieno la sua profondità ed attualità.
Sono passati, infatti, quasi settanta anni dalla Rivoluzione d'Ottobre ed il mondo – e noi con esso – si trova ancora a discutere degli effetti sconvolgenti , per certi versi imprevedibili, che tale evento ha prodotto.
Tutto ciò, nel tentativo di cogliere il senso più profondo, più intimo, della filosofia, vorrei dire della fede, che fu all'origine di un movimento come quello comunista, difficilmente paragonabile alle altre esperienze rivoluzionarie che l'Europa ha conosciuto dal Medioevo ad oggi.
La politica estera dell'Unione Sovietica, cioè il riflesso esterno della Rivoluzione del '17, è forse uno degli elementipiù utili, in un'opera ricostruttiva dell'ideologia marxista-leninista che non si presenta affatto semplice.
Il movimento comunista, infatti, è espansivo per definizione, tende cioèa riprodurre se stesso: qualsiasi suo atteggiamento (tanto più, quindi, quelli di politica estera) è finalizzato al trionfo dell'Idea comune.
Con ciò, inevitabilmente. ci si imbatte nel grande tema della pace. E qui le difficoltà aumentano.
Tutti, infatti, (Stati, Partiti, Sindacati...) dichiarano oggi solennemente di volere la pace; eppure, i rischi di una guerra devastatrice sono evidenti all'intelligenza di ognuno.
Il problema, dunque, è quello del concetto di pace che ciascuno fa proprio. Ecco quindi che la questione dei riflessi internazionali della Rivoluzione d'Ottobre, si converte nell'altro, dell'identificazione del concetto comunista di pace; del chiarimento del rapporto pace-comunismo. E se osserveremo con intelligenza questo rapporto, noi scopriremo – e anticipo qui la conclusione di questo scritto – che l'Unione Sovietica è io Afghanistan con i suoi eserciti, per servire la causa della pace.
L'Unione Sovietica. sterminando, distruggendo, opprimendo, ritiene sinceramente di perseguire l'obiettivo di una pacifica convivenza tra i popoli.
Una premessa si rende necessaria: occorre descrivere il soggetto della vicenda che ci interessa. Tale soggetto è il Partito Comunista. A tal fine, onde evitare il rischio di apriorismi sempre negativi, è opportuno prendere le mosse dal pensiero di Lenin.
Il comunismo, infatti, è l'applicazione leninista del marxismo nella storia e l'adesione del PC Italiano a questa interpretazione è proclamata dal suo attuale statuto.
Ebbene, muovendo dall'impostazione leninista, noi possiamo giungere a puntualizzare quattro affermazioni fondamentali:
- Lenin ha fondato un solo Partito Comunista. (Si pensi, in proposito, alla significativa
esperienza del Komintern). - Lenin ha fissato i principi dell'Unico PC. tra i quali assumono massima importanza, come sottolinea Sobolev. autore comunista: l'aiuto rivoluzionario reciproco; il centralismo democratico, che assicura la volontà unica dei Partiti Comunisti.
- Lenin ha distinto la strategia, che punta decisamente all'obiettivo finale, dalla tattica, sempre mutevole ed clastica, diversa nei diversi paesi, o in momenti diversi dello stesso paese.
In proposito Stalin scriveva: «la strategia e la tattica comunista sono la scienza della direzione della lotta rivoluzionaria del proletariato». - Lenin, infine, ha fissato le norme della disciplina e della Morale proletaria. Egli sosteneva: «tutti i partiti comunisti, hanno il dovere sacro di difendere, consolidare, l'unità del movimento comunista». Con ancora maggior lucidità Gramsci notava: «un attoè utile e doveroso, virtuoso o scellerato, in riferimento al vantaggio del PC. È morale tutto ciò che serve al P.C.».
Queste sono affermazioni comuniste, non anti-comuniste: è il comunismo che descrive se stesso. Sono affermazioni confermate anche recentemente, ai funerali di Berlinguer, da Michael Gorbeciov: «crediamo di avere gli stessi scopi, di seguire la stessa linea del P.C.I. Ogni partito ha i suoi compiti e le sue condizioni specifiche: ogni partito ha le sue tattiche. Tra noi comunisti sovietici e italiani vi sono legami di decenni». Da quanto detto, occorre trarre una logica conclusione: esiste un solo movimento comunista mondiale unito, che ha loscopo di realizzare la società socialista, per il bene dell'umanità.
La diversità tra le varie articolazioni di tale realtà sostanzialmente monolitica, non riguarda in alcun caso la strategia, ma la tattica.
Ancora nel 1979, l'introduzione alla Tesi del XV Congresso del PCI, affermava: «La molteplicità di vie e soluzioni è una leva per arricchire l'intero movimento comunista». Altro che «strappo»!
Questa lunga premessa era necessaria, per bene comprendere l'idea comunista di pace. Infatti, i sommi responsabili dell'Ufficio del Cremlino che ha il compito di coordinare la strategia di tutti i partiti comunisti che operano in Occidente, Boris Panariov e Vladim Zagladin, non perdono occasione per sostenere che la pace dipende dall'affermazione mondiale del comunismo. È Zag]adin che parta net 1982:
«La guerra è un attirbuto organico della politica interna ed esterna della società classista». «La prospettiva di una totale definitiva eliminazione della guerra dalla vita dell'umanità viene legata dal Marxismo-Leninismo, all'affermazione del partito comunista nel nostro pianeta». «É essenziale perciò creare e sostenere nel campo internazionale un rapporto di forze che garantisca il successo delle forze della pace».
Ecco, quindi, che, nella migliore dottrina leninista, il comunismo darà la pace al mondo solodopo averlo conquistato.
Una considerazione finale è a questo punto ovvia: tutti i partiti e movimenti comunisti del pianeta devono lavorare per il successo delle forze della pace, cioè dell'Unione Sovietica.
Essi non possono richiedere l'equilibrio delle forze, il disarmo bilanciato e controllato.
I missili sovietici ss20 debbono quindi essere montati, perché proteggono l'avanzata delle forze della pace; mentre i missili Cruise non possono essere assolutamente installati, perché ostacolano quella avanzata.
Certo pacifismo a senso unico non si spiega in altro modo.
Di fronte a tutto ciò, i verdi tedeschi proclamano: «meglio rossi che morti». Noi non ce la sentiamo. Non solo per la nostra dignità, che intendiamo conservare, ma anche per quanti, gli Afghani tra questi, nel mondo patiscono a causa delle loro idee.
E sono proprio loro ad esortarci in questo senso: Czeslow Milotz ha scritto: tu che hai offeso l'uomo semplice, scoppiando di risate alla sua sventura, non sentirti al sicuro, il poeta ricorda - puoi ucciderlo, ne nascerà un altro. Saranno messi a verbale atti e parole».
Ecco dobbiamo far nostra la memoria del poeta: anzi, dobbiamo acquisire la consapevolezza che essa, in qualche modo, ci appartiene già.
È la nostra memoria. Starà a ciascuno di noi darle voce con coraggio.
Da cinque anni continua il genocidio del popolo afghano
Non basta asciugare le nostre lacrime
Hamid Naimi, ex addetto de'Ambasciata dell'Afghastan a Roma, all'indomani dell'invasione sovietica del suo Paese, scelse la via dell'esilio: da allora è il rappresentante in Italia della Resistenza Afghana.
Prof. Naimi, al contrario di quanto avvenne in occasione dell'intervento degli Atati Uniti nel conflitto vietnamita, si parla poco, in Occidente, della situazione del popolo afghano. Secondo Lei, perché?
Da sempre, in Italia, il partito che meglio di ogni altro sa mobilitare l'opnione pubblica, riempiendo la piazza, sui temi di suo interesse, è quello comunista.
Ispirato dall'Unione Soviatica, il PCI seppe sollevare la protesta del popolo italiano contro gli Stati Uniti. Ciò era funzionale alla politica estera sovietica.
Abbiamo tutti sotto gli occhi quali frutti abbia portatao per il popolo vietnamita, in termini di libertà, di diritti civili, questo tipo di politica.
Oggi, come appare evidente, il PCUS non ha alcun interesse a che i movimenti comunisti operanti in Occidente sollevino il problema dell'Afghanistan.
Lei, una volta, mi disse una cosa colto bela: «non basta asciugare le lacrime del popolo afghano, occorre aiutarlo a guarire del suo dolore». Cosa può fare, il concreto. l'Occidente?
Può far tanto. Peraltro, fino ad ora, l'Occidente si è limitato ad un troppo spesso generico «sostegno morale».
Bisogna tener presente che le truppe sovietiche hanno portato in Afghanistan, non solo molrte e distruzione, ma anche, per chi resta, fame e miseria. Medicinali, alimneti, vestiti: ecco cosa ci serve.
Ma più di ogni altra cosa ci è necessaria la mobilitazione dell'opinione pubblica mondiale sulla sorte del popolo afghano.
Voi giovani DC, in questo senso, potete fare molto. Confidiamo in voi.
Su cosa si fonda, in effetti, la Resistenza degli afghani all'invasione soviatica? Quali caratteri assume tale resistenza?
Patriottismo e Fede religiosa: questi sono i cardini su cui poggia la nostra forza, che è innanzitutto forza morale.
Si stima, che solo il 2% del popolo afghano sia filosoviatico, il restante 98% è impegnato in un'opposizione quotidiana al regime, che non conosce tregua.
E pensare che i russi ci qualificano «nemici del popolo». Evidentemente, per loro, la matemativa è un'opinione.
Parla il giornalista francese arrestato dai russi
Abouchar: I giovani non possono più tacere
a cura di Giancarlo Tonelli
Jacques Abouchar, giornalista francese di «Antenne 2», arrestato dai russi in settembre in Afghanistan, condannato a 18 anni di carcere per spionaggio e liberato un mese e mezzo dopo per l'intervento diretto di Mitterand, durante il mese di dicemebre ha girato l'Italia insieme ad alcuni membri della resistenza afghana per sensibilizzare l'opnione pubblica. «Nuova Politica» gli ha rivolto alcune domande a Bologna in occasione della manifestazione della DC per ricordare i cinque anni dedall'invasione sovietica.
Quali lezioni si posssono trarre dalla suo esperienza?
Principalemnte due. La prima di non tacere mai la verità, di non credere alle versioni di certe diplomazie e di avere il coraggio di guardare e ragionare utilizzando solo e sempre la propria testa ed il proprio cervello. La seconda è la minaccia sovietica nei confronti della stampa libera, La mia esperienza si è risolta positivamente ma la prossima volta potrebbe essere molto peggio se qualche altro «ficcanaso» si intrometterà nelle vicende della superpotenza comunista.
Ritiene che lo spazio dedicato all'Afghanistan dalla stampa occidentale sia sufficiente per la gravità del problema?
Assolutamente no. Specie negli ultimi due anni il mondo libero ha quasi ignorato ciò che sta accadendo in quel paese. Inoltre, quando lo ha fatto, lo ha fatto in maniera sbagliata. Ha parlato troppo della presenza militare sovietica senza trattare mai della situazione in cui si trova a vivere oggi il popolo afghano dal punto di vista sia economico che morale.
Cosa possono fare i giovani liberi dell'Occidente?
Non tacere più. Solo mantenendo costante l'interesse su questo argomento c'è la speranza che i russi un giorno decidano di rivedere la loro posizione; certo è quasi illusorio, ma se ci arrendiamo all'evidenza quel popolo sarà perduto per sempre.
Il Cammino di un Paese calpestato
1973
17 luglio - L'ex primo ministro Mohammad Daud rovescia il governo di re Zaher Shah e proclama la repubblica. il colpo di Stato è appoggiato dall'Urss.
1975
Visita di Podgorny a Kabul e rinnovo per dieci anni del Trattato di neutralità e non aggressione fra Urss e Afghanistan.Presa di distanza del regime di Daud dall'Urss. si riduce progressivamente il numero dei consiglieri sovietici in Afghanistan
1978
27 aprile - Colpo di stato militare organizLato e appoggiato dall'Urss. Daud viene ucciso con tutta la sua famiglia. Il Colpo di Stato è diretto da Hafizullah Amin e dal colonnello Abdul Qader.
30 aprile - Proclamazione della Repubblica Democratica d' Afghanistan. Mohammad Taraki è nominato presidente e primo ministro; l:labrak Karma! è il numero due del Partito e dello Stato; Amin è ministro degli Esteri. L'Urss riconosce immediatamente il nuovo regime.
1979
13-14 settembre - Dopo una sparatoria al Palazzo del Popolo di Kabul. Amin elimina Taraki e si impradonisce del potere. 17 settembre - l'Urss invia un messaggio di congratulazioni ad Amin.
23-24 dicembre (notte) - Truppe sovietiche aerotrasportate (85 mila uomini) giungono a Kabul e la occupano.
27 dicembre - L'emittente sovietica di Termez (Urss) annuncia che Babrak Karma! è stato eletto Segretario Generale del Comitato Centrale ed è divenuto il nuovo presidente della Repubblica Democratica di Afghanistan e che il Tribunale Rivoluzionario ha condannato a morte il precedente Presidente Amin.
1980
14 gennaio - L'assemblea generale dell'Onu, riunita in sessione straordinaria, chiede con 104 voti favorevoli, 18 contrari e 18 astensioni, il ritiro delle truppe straniere dall'Afghanistan.
1981
11 marzo - L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati dichiara che ci sono più di 2 milioni di profughi afghani in Pakista.
1982
30 novembre - Le truppe sovietiche stanno riversando sulle campagne afghane agenti chimici e bombe che distruggono il bestiame ed il raccolto: lo afferma
-nel corso di una conferenza stampa a Peshawar - Yunus Khali, capo del gruppo di resistenza denominato «Hezb-1-Islani».
1983
27 dicembre - 4° anniversario dell'invasione sovietica in Afghanistan. In questa occasione l'ex re Zaher Shah rinnova l'appello all'unità della resistenza e sollecita «tutte le nazioni amanti della pace e le Organizzazioni internazionali ad approvare questo sforzo e a continuare a fornire con più efficacia il loro sostegno morale e materiale».
In una conferenza stampa a Roma un rappresentante della Resistenza Afghana in Europa, Zalmai Rassul, dichiara: «In 4 anni di resistenza più di I milione di persone, tra civili e guerriglieri, è rimasto ucciso e circa 4 milioni sono emigrati in Pakistan e in Iran».







