Ungheria '56

L'armata rossa e i comunismi nazionali

Nuova Politica - L'armata rossa e i comunismi nazionali pagina 24
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Trent'anni fa l'armata rossa di Khruscev soffocava le speranze dei comunisti di Budapest.

«La rivoluzione non è un colpo di stato come quello del novembre del 1917, portato a termine da Lenin e dai suoi amici per sfruttare il vantaggio di un solo partito una grande rivolta nazionale. La rivoluzione è sempre il sollevamento di tutto un popolo(...) è lo scotto che pagano i regimi oppressivi o l'imperialismo straniero, questa è la prima lezione della rivoluzione ungherese, che ha distrutto clamorosamente tutte le interpretazioni storiche di cui ci avevano subissato certi marxisti volgari e certi ideologi ciechi della realtà che credevamo di avere definitivamente aggiogato la storia al loro carro».

Mentre a Parigi Françis Fejto pronunciava queste parole, a Budapest entravano i carriarmati della Armata Rossa infrangendo le speranze di quanti ritenevano che dopo il 1945 il mondo potesse ancora cambiare, che la storia potesse anche tornare indietro e che il principio di autodeterminazione dei popoli fosse sacrosanto da entrambi i lati della cortina di ferro.

Era il 4 novembre del 1956. Budapest stava facendo rivivere quello che era già successo a Berlino Est, a Pilsen ed a Poznam e che accadrà ancora a Praga nel 1968 eci in Polonia nel biennio 1980-81.

Unico tra i paesi fratelli ad avere conosciuto all'epoca del biennio rosso una repubblica dei sojet, l'Ungheria diveniva il primo paese dell'Europa Orientale a cercare di staccarsi dal Grande Fratello di Mosca per tentare una via nazionale al comunismo. Ma il comunismo alla Nagy, che pure assicurava la più fedele interpretazione sia dell'ortodossia marxista con la nomina di Lukacs a ministro della cultura sia della requisitoria contro i crimini di Stalin ed il culto della personalità pronunciata da Khruscev pochi mesi prima, venne soffocato così come Lenin quasi 4 lustri addietro aveva lasciato che la repubblica creata da Beia Kun cadesse per la mancanza del suo sostegno. Lenin decise la fine dell'Ungheria di Bela Kun e la rinuncia momentanea all'esportazione della rivoluzione fuori dei confini nazionali per rafforzare all'esterno l'immagine e la forza del neonato stato bolscevico.

Khruscev fu costretto alla forza con l'Ungheria di Nagy quando si accorse che questa avrebbe portato all'incrinatura del monolitico blocco sovietico e quindi a conseguenze difficilmente calcolabili, senz'altro catastrofiche. Il regime comunista ungherese di fatto non avrebbe potuto sopravvivere ad una autentica anche se piccola liberalizzazione del sistema economico interno ed alla creazione di un sistema pluralistico funzionante: Nagy non aveva del tutto compreso forse che assicurare un minimo di libertà in questi campi avrebbe significato mettere a repentaglio il sistema totalitario che garantiva la permanenza del partito comunista al potere; ed il totalitarismo, per sua stessa natura, resiste fino a quando resta monolitico. Gli è sufficiente cedere un minimo nel controllo dell'economia e nella società per subire un tracollo. La piazza ungherese lo aveva capito meglio dei comunisti riformisti, e lo chiese a chiare lettere il 23 ottobre annunciando di colere l'uscita del paese dal Patto di Varsavia.

Il modello austriaco che si voleva applicato all'Ungheria non era una garanzia sufficiente per il Cremlino, come non poteva esserlo nemmeno quello Finlandese. Lo sapevano ghi ungheresi, lo sapeva Mosca. La posta a quel punto divenne su un piano politico il controllo sovietico sulla zona di influenza che si era assicurata con gli eserciti di occupazione alla gine della guerra e dopo l'avvento della· guerra fredda: su quello ideologico l'ammissione che la storia può tornare indietro, che il socialismo può regredire e che un paese può, nonostante i dettami marxiani, tornare al capitalismo dopo un'esperienza socialista. Politicamente la cosa era inaccettabile, ideologicamente era impensabile.

Questione di principio

Se la defezione dell'Ungheria avrebbe portato ad una diminuzione della zona di influenza sovietica e quindi in virtù del gioco a somma zèro impostosi proprio in queli anni tra le due superpotenze, ad avere le forze del capitalismo alle porte di casa nonché alla rinuncia ad un disegno di espansione che a Mosca risale all'epoca degli Zar, il suo effetto dal punto di vista delle dottrina marxista sarebbe stato ancora peggiore: il socialistmo può conoscere la sèonfitta, la storia può anche non lavorare nella linea tracciata da Marx ed Engels ed il destino dell'uomo può a,che non essere ineluttabilmente quello della società senza classi. Dopo il colpo della requisitoria contro Stalin del XX congresso (l'ammissione di fatto che anche il socialismo conosce lunghe batture d'arresto) sarebbe stata una cosa difficilmente sostenibile. Dopo aver condannato 34 anni (su 40) di storia sovietica Khruscev doveva almeno salvarne il principio.

Sull'altare dell'ideologia marxista e degli interessi politici e strategici sovietici venne sacrificati quindi il diritto di autodeterminazione del popolo ungherese in forza del principio che, dodici anni dopo, in circostanze simili, Brezhnev formulò come la dottrina della sovranità limitata, facendone, grazie alla forza degli eserciti, una sorta di nuovo diritto internazionale.

Ungheria '56

Febbraio

al XX congresso del pcus Nikita Sergeevic Chruscev pronuncia una durissi requisitoria contro i crimini perpetrati da Stalin ed il «culto della personalità». E l'inizio della «destalinizzazione»cge vedrà nell'interno dell'URSS la liquidazione del vecchio gruppo dirigente e nei paesi dell'Europa Orientale l'inizio delle «riabilitazioni» degli esponenti comunisti condannati con l'accusa di trozkismo, deviazionismo e titoismo tra la fine degli anni '30 e l'inizio degli anni '50. Quello che sembra essere un autentico nuovo corso della politica sovietica nei confronti dei paesi fratelli, rappresentato dalla visita di Chruscev a Belgrado del maggio dell'anno precedente, rafforza le speranze dei propugnatari dei comunismi nazionali.

Giugno

sull'onda della visita di due emissari del Cremlino (Mikojan e Suslov) si attua un cambio della guardia ai vertici del comitato centrale del Partito comunista: al vecchio Rakòsic, uomo del regime stalinista inviso al popolo ed agli intellettuali, succede in una soluzione di compromesso che scontenta tutti un altro uomo della vecchia guardia: Erno Gero. Suo vice è Kadar, che dovrebbe fungere da mediatore per il reinserimento nel partito dei quadri epurati finoad un anno prima e, primo tra questi Imre Nagy.

Luglio-Ottobre

Cresce il fenomeno tra le masse e gli intellettuali (autori già l'anno precedente di una serie di documenti in cui si richiedevano riforme) per la immobilità del sistema e l'incapacità di avviare un autentico rinnovamento. 

16 Ottobre

con riluttanza le autorità autorizzano i funerali di alcune vittime delle purghe staliniane appena riabilitate. Alla testa del corteo funebre sfila Nagy, dietro di lui c'è una fomma immenza che dà vita ad una manifestazione di protesta che si conclude senza incidenti.

14 Ottobre

Gero si reca a Belgrado, dove Titolo (che bada a fare il gioco di Chruscev) gli consiglia di riammettere Nagy nei ranghi del partito. Quest'ultimo si trova così spalancate le porte del potere.

23 Ottobre

Nella vicina Polonia i disordini di piazza di Poznam portano al potere un'altra vittima degli anni di Stalin: Gomulka il quale da diverso tempo ha preparato il suo grande rientro nella vita politica nazionale.
Nagy fino ad una settimana prima non ha fatto lo stesso, mantenendo si ai margini del gioco politico. La vittoria di Gomulha viene comunque interpretata come quella dei riformisti sulla vecchia classe dirigente e prova della reale possibilità di dar vita ad un socialismo all'ungherese.
Con la mobilitazione degli studenti scoppiano i primi disordini: è la rivoluzione.

4 Novembre

Interviene l'armata rossa. Dopo i primi scontri si registrano anche disfunzioni tra i sovietici di soldati che fraternizzano con gli insorti. Nonostante ciò dopo alcuni giorni la calma torna a regnare a Budapest. Lukacs verrà epurato, Nagy ed altri arrestati, condannati a morte e giustiziati. Il nuovo governo è guidato da Kadar.

Le guerre con il veleno
Uri Laposh

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