Lazzati, fedele e laico
Scrivere di Giuseppe Lazzati per ricordarne la figura non è cosa facile: si rischia infatti di ripetere cose già dette, in questi giorni, da più parti.
Si potrebbe ricordare, come ha fatto il Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che con Lazzati scompare uno dei padri fondatori della Repubblica o ci si potrebbe soffermare sulle sue grandi doti di cristiano impegnato al servizio dell'uomo; o ancora, con Carlo Bo si potrebbe ricordare la sua capacità di essere profondamente laico, nel senso più nobile del termine.
Ma tutto questo non basterebbe o sarebbe inutile se non si tentasse di approfondire il senso dell'opera di Lazzati e se non si ricercasse il profondo significato di ciò che quest'uomo ha rappresentato nella storia del cattolicesimo democratico.
La figura di Giuseppe Lazzati è tornata d'attualità per il grande pubblico a partire dal I 984, quando esaurita l'esperienza di rettore alla «Cattolica», Lazzati comincia la grande avventura con quella scuola di formazione politica che è la «Città dell'Uomo».
L'associazione è l'ennesima dimostrazione del suo impegno di maestro per i giovani: l'obiettivo è ancora quello di elaborare e diffondere una nuova cultura politica, imperniata dei valori più alti dell'umanesimo cristiano. Così nascono i tre volumi che formano la trilogia edita per i'AVE: «La Città dell'Uomo», «Laicità e impegno cristiano», «Per una nuova maturità del cristiano».
Ma aldilà della recente popolarità riscossa con queste opere, occorre rilevare come, molto più spesso, l'azione e l'esperienza di Giuseppe Lazzati si siano svolte nell'ombra, lontano dai riflettori delle grandi ribalte o dalle pagine dei giornali.
Per più di trent'anni Lazzati si dedicò infatti agli studi, alla formazione dei giovani, attraverso il lavoro universitario, prima come docente e poi, dal 1969, come rettore dell'Università del Sacro Cuore, negli anni più difficili della contestazione studentesca. Eppure Lazzati, con Dossetti, Moro, La Pira, Fanfani era stato uno dei protagonisti del contributo cattolico democratico alla carta costituzionale, partecipando alla famosa Commissione dei Settantacinque.
E con Dossetti Lazzati condivide un destino analogo: l'abbandono della vita politica attiva che suscitò grande clamore, dopo essere stato tra i fondatori e i protagonisti di una delle correnti di pensiero più importanti nella storia politica della Democrazia Cristiana, il cosiddetto dossettismo.
L'azione di Lazzati nella Commissione dei Settantacinque e il suo impegno nel gruppo di «Cronache Sociali» restano un'eredità preziosa, da studiare a fondo. In questo impegno Lazzati testimoniò in prima persona i valori in cui credeva e che si ricollegano certamente a quello che era stato il pensiero di Maritain. Il personalismo, con il rispetto del valore e della dignità dell'uomo è, in questo senso, il tema centrale di tutta l'azione svolta dal gruppo dei «professorini» in seno alla Costituente e proprio il personalismo rappresenta l'idea forte sulla quale costruire il progetto di «nuova cristianità».
Non si può non riconoscere, in questo senso, che le linee e l'impostazione generale del contributo di Giuseppe Lazzati e Dossetti in seno alla Commissione coincidono sostanzialmente con quelli che sono i temi di fondo di «Umanesimo Integrale».
Ma il progetto di «nuova cristianità» espresso da Lazzati e dagli uomini a lui vicini, si differenzia profondamente dal tentativo di «cristianizzare» il nuovo Stato, immaginando, in qualche modo, forme di neo-confessionalismo, in cui le nuove istituzioni fossero ridotte ad essere «strumento del fine della Chiesa», come disse Dossetti.
L'obiettivo, per Lazzati, era invece quello di creare le condizioni per la piena realizzazione della persona umana, attraverso la costruzione di una società aperta a quei valori civili che, cattolici e non, avevano vissuto e testimoniato insieme durante quella indimenticabile e straordinaria stagione che fu la resistenza.
Ecco, Lazzati, grazie anche alla sua esperienza personale di deportato nei lager nazisti, aveva ben chiaro il grande significato che la resistenza aveva avuto, soprattutto per i cattolici: attraverso quell'esperienza e sui valori emersi e condivisi in quella fase storica sarebbe stato possibile costruire la società di tutti gli uomini.
La «cristianità» di Lazzati, di Dossetti, di La Pira è allora una «cristianità» pienamente laica, dove ispirazione cristiana della politica e laicità dello Stato convivono e coincidono.
Il tema della laicità rimane per Lazzati fondamentale: basta leggere i suoi scritti per rendersi conto di come questa preoccupazione si faccia pressante quando si parli dell'esigenza di trovare «il punto comune» per la costruzione del bene comune.
Nella «Città dell'Uomo» Lazzati scrive a questo proposito: «La prima esigenza è che il cristiano fedele laico, impegnato, abbia chiaro nella coscienza il principio e il fatto che costituisce aspetto fondamentale della linea metodologica atta a svolgere l'impegno secolare in guisa tale che sia rispettato il senso tipico della laicità secondo la prospettiva cristiana. Il fatto che si fa principio è quello dell'unità dei distinti, e cioè, che per il fedele laico la fede, che si traduce in intima unione con Dio con le sue leggi e i suoi mezzi, va vissuto in , quelle realtà temporali che hanno un valore loro intrinseco in quanto parti del mondo creato da Dio e, quindi, leggi e mezzi propri che vanno rispettati nella loro autonomia».
Partendo da questi principi, da queste idee forti, uomini come Lazzati riuscirono ad elaborare un impianto costituzionale di grande valore, teso a dare piena rilevanza storica ai principi della solidarietà e della civile convivenza, attraverso l'incontro e il confronto di concezioni culturali, filosofiche, sociali diverse. I riferimenti ai valori della libertà, della giustizia, della pace espressi nella Costituzione diventarono così i presupposti necessari per il coinvolgimento, nel processo democratico che si stava avviando, delle grandi forze popolari nel loro complesso.
Ma gli sviluppi successivi al periodo della Costituente e molte scelte dei governi di quegli anni, disattesero e delusero le intenzioni, le attese, le speranze di coloro che, c0me Lazzati, di quella Costituzione potevano essere considerati i padri.
Tanto che, nel 1953, Lazzati, come Dossetti, rinunciò alla politica per dedicarsi pienamente agli studi e alla formazione di un laicato cattolico in grado di pensare politicamente per poter Qartecipare attivamente a quel grande processo consistente nella costruzione della nuova democrazia, della nuova società.
In una intervista, tra le ultime rilasciate, Lazzati, rammaricandosi del fatto che De Gasperi fosse morto troppo presto per poter indirizzare compiutamente le scelte dei governi nel senso della Costituzione, indicava le cause della mancata piena realizzazione del testo e dei principi costituzionali, affermando che «chi venne dopo De Gasperi non riuscì a interpretare il corso della storia come la leggevamo noi dossettiani, disposti a capire che la storia ha momenti particolari, ma non è disposta a rimanere in una fissità che impedisca l'autentico progresso».
Attraverso il suo pensiero e il suo insegnamento Lazzati ha lasciato un'eredità importante, preziosa; un'eredità che consiste in una speranza e, insieme, in una sfida che sta a noi, oggi, raccogliere: spezzare finalmente quella «fissità» che impedisce il progresso, edificare una società giusta,«costruire, da cristiani, la città dell'uomo, a misura d'uomo».
Giuseppe Lazzati è nato a Milano nel 1909, si è laureato alla Università Cattolica del Sacro Cuore nel 1931 e nel 1938 ottenne la libera docenza in Letteratura Cristiana antica, materia che insegnò dalla cattedra della Cattolica.
Fondò in quegli anni l'Istituto Secolare del Cristo Re, con lo scopo di valorizzare, nella autonomia della laicità, l'impegnoe la consacrazione a Dioe la testimonianza del Vangelo.
Nel 1946 passò all'impegno politico, entrando a far parte della Commissione dei Settantacinque e lavorando alla elaborazione del testo Costituzionale.
Nel 1953, abbandonata la politica, tornò alla cattedra universitaria e nel I969, dopo aver diretto per due anni il quotidiano «L'Italia», fu nominato rettore dell'Ateneo del Sacro Cuore, carica mantenuta ininterrottamente fino al 1984.
Gli ultimi anni Lazzati li dedicò completamente ai giovani, con la creazione aell'associazione «Città dell'Uomo». Sempre all'ultimo periodo appartenono tre suoi libri editi dall'AVE con il italo «La Città dell'Uomo», «Laicità e impegno cristiano» e «Per una nuova aturità del cristiano».

















