Nuova Politica - Non facciamoci travolgere pagina 3
Senza rassegnazione constatiamo la perdita di contatto tra il mondo della politica e la realtà. La differenza tra parlare dei problemi e risolverli: il professionismo della politica.

Mentre questo numero di «Nuova Politica» va in macchina, le prime pagine dei giornali sono occupate da due temi di enorme rilevanza: la riforma del servizio di leva e la scelta dell'energia nucleare. Quando queste righe saranno lette, ahimè, ci si occuperà del militare e del nucleare soltanto in qualche dimenticato dibattito.

Ormai sono queste le assurde regole del gioco. Mezzi di informazione che si occupano di un problema soltanto quando «fa notizia», per farlo poi scivolare lentamente nelle pagine interne, nei trafiletti, fino a scomparire; troppi si affannano a rilasciare qualsiasi dichiarazione sul tema, pur di conquistare qualche riga tra virgolette, o peggio inventano in poche ore approssimative soluzioni «per essere presenti».

Purtroppo, con amarezza ma senza rassegnazione, bisogna dire che questi non sono che piccoli segnali, tra i tanti che caratterizzano un modo diffuso di fare politica. Troppi sono quelli che rischiano sempre di più di perdere il contatto con la realtà, di inseguire mode, pressioni ansie di notorietà, questioni importanti per i soli addetti ai lavori, per dimenticare il senso più vero della politica, l'impegno per risolvere i problemi e non per parlarne soltanto, la capacità di restare ancorati alla sensibilità e ai bisogni di quelli che si rappresentavano, senza farsi travolgere dai grigi meccanismi del professionismo della politica.

Son queste, in fondo, conseguenze di una dimensione troppo totalizzante dell'impegno politico. Questi anni '80 sembrano del resto caratterizzati dalla presenza di un identikit di «emergente», da imitare per andare sempre più avanti, come di colui che si dedica in modo totale al proprio impegno, sia politico, manageriale o quant'altro, sacrificando ogni spazio e tempo per la vita privata, per tutto ciò che èestraneo ad una «rampante» carriera.

Ma dietro al look vincente cosa resta? Ferdinando Adornato nel libro «Eroi del nostro tempo», un'intelligente lettura dei miti del mondo delle immagini, legge, tra gli scenari della più recente fantascienza, un'angoscia con le radici nel presente: «La Los Angeles di Blade Runner, la New York di Carpenter dicono che abbiamo perso spazio e abbiamo perso tempo. Che li abbiamo tanto valorizzati da farli diventare merce rara. (..) 'I have not time' dice l'uomo che più vale nella gerarchia sociale. Ma viene annullato in quanto persona. Valore personale e valore sociale diventano antitetici».

Allora gli anni '90 saranno forse di chi avrà saputo non farsi travolgere da una carriera soffocante, costruita sulla rinuncia a tutti i momenti di arricchimento interiore, mantenendo viva la capacità di discernere.

Anche nella nostra generazione, tra chi continuerà a fare politica in quegli anni, sarà forse un passo più avanti chi non l'avrà fatta diventare totalizzante rispetto al proprio cammino.

È un passaggio fondamentale per mantenere viva la propria capacità di dialogare con la gente, di farsi capire, per evitare che i fatti della politica siano sempre più marginali rispetto alla società che cresce.

Scrive ancora Adornato: «Scontri di idee, e di filosofie, di politiche avvengono oggi molto di più nel mondo delle immagini e dei simboli che nella realtà. Indiana Jones, Rocky, Rambo, Blade Runner ci fanno più discutere del presente e del futuro di ingegneria genetica e di individualismo, di uso del corpo e della politica, di tecnologie e di democrazie, di quanto facciano Reagan, Gorbaciov, Mitterrand, la Thatcher e Gheddafi. e persino Milton Friedman. La depoliticizzazione e la defilosofizzazione delle società occidentali sta marciando di pari passo con un sovraccarico di profondità dei nuovi miti della cultura di massa. Meglio? Peggio? Chissà?».

Per chi spera ancora che la politica, possa tornare ad essere qualcosa di più pulito e meno superficiale del decadente spettacolo dei nostri giorni, è senz'altro peggio.

La nostra voglia di politica
Luca Danese

Articoli correlati

Totale: 13
Parla Tina Anselmi
Intervista a Tina Anselmi
«Sono convinta che nella gente comune è radicato il senso della democrazia e a questo popolo politici onesti possono anche chiedere sacrifici per il bene di tutti». «Voi giovani del MGDC avete una grande possibilità tra le mani: nella saldatura con le giovani generazioni sta il futuro della nostra democrazia».
Movimento giovanile
L'impegno politico come dovere etico, fatto di coerenza e di umiltà. La necessità di ricucire la frattura fra partiti e società. Il ruolo importante del Movimento Giovanile.
Lazzati-Dosseti
Scompare con Giuseppe Lazzati una delle figure più alte del cattolicesimo democratico. Laicità e impegno politico per costruire la «città dell'uomo».
Lazzati-Dossetti
La figura di Dossetti e la sua vicenda storica. Il confronto con l'umanesimo marxista e la nuova esperienza di incarnazione dei principi cristiani nella società.
GIO' 2 Boat
Organizzando il secondo Festival nazionale dei giovani dc riaffermiamo senza retorica la nostra voglia di fare politica. L'importante è non distaccarsi dai problemi della gente.
Politiche 87
Il mondo giovanile deve riscoprire il suo ruolo sociale e politico. I giovani dc si impegnano ad affrontare le problematiche dei loro coetanei.
Fede e politica
Iniziamo la rubrica del "Dossier del mese", con la relazione che padre De Rosa ha tenuto il 5 febbraio scorso all'Hotel Columbus di Roma, nel corso del Convegno "laici cristiani in politica", organizzato dall'on. Maria Eletta Martini, responsabile dell'incarico speciale per il collegamento con le realtà di comune ispirazione cattolica.
Dibattito
Si può applicare anche in politica la rivoluzione dell'amore di Cristo.