Una grande stagione politica
La generazione dei cattolici democratici che giovanissima si affacciava alla vita politica, nel clima a riconquistata libertà, guardava ammirata ad alcune forti personalità e cercava di vivere il messaggio che essi lanciavano. Nicola Pistelli con la sua rivista «Politica» tallonava la DC aprendola ad orizzonti di progresso e di innovazione, Giorgio La Pira mentre si muoveva tra storia e profezia testimoniava un modo nuovo di amministrare la città dell'uomo, Giuseppe Lazzati sollecitava l'Azione Cattolica ad essere se stessa e non altro, Giuseppe Dossetti con il suo rigore intellettuale e la sua militanza nel partito richiamava alla necessità di dotare la politica di una continua riflessione culturale per evitare la tentazione del pragmatismo e del riflusso nel passato. Nicola Pistelli non è più tra noi, Giorgio La Pira torna ad affascinare per la sua santità di vita, Giuseppe Lazzati con la sua lunga storia personale cristiana di studioso, di politico, ha continuato senza sosta ad essere maestro di noi giovani, Giuseppe Dossetti è ricomparso in febbraio alla attenzione pubblica dopo anni di lontananza dall'Italia e di silenzio a seguito di un prestigioso riconoscimento che la città di Bologna ha voluto dargli onorando in lui l'uomo di cultura, il politico di altissimo livello, il sacerdote-monaco che testimonia nella castità, nella povertà, nella obbedienza ma anche nella carità disinteressata la contestazione ad una società opulenta ed esaltante la potenza e la prepotenza più che l'amore.
Vale la pena ripercorrere qualche momento della sua vicenda storica che ha segnato una esperienza nuova in Italia del rapporto tra fede e politica.
Il movimento che a lui fece capo nacque e si sviluppò all'interno della DC nel momento in cui questo partito rappresentava il massimo di unità politica dei cattolici, su posizioni differenziate da quelle allora dominanti sia nel partito che nella Chiesa. La sua figura emergeva in posizione dialettica sià rispetto a De Gasperi, riconosciuto capo carismatico della DC, sia rispetto a Luigi Gedda, capo indiscusso dell'azione cattolica.
Il dossettismo non fu solo una corrente di partito, ma anche punto di riferimento intellettuale di quella parte più attenta e sensibile del laicato cattolico perché fondava su basi nuove l'autonomia della Chiesa dal partito d'ispirazione cristiana e proponeva per una via diversa da quella tentata dai Popolari il superamento di ogni forma di integrismo.
De Gasperi radicava la sua autonomia nel popolarismo sturziano che vedeva il partito di cattolici cristianamente ispirato non come il partito di tutti i cattolici ma di quei cattolici che si riconoscevano nei princìpi democratici ed in un preciso programma sociale, disposti a collaborare con altre forze politiche di diversa ispirazione ideale. Dossetti non attingeva a questo patrimonio storico ma alla più moderna cultura cattolica che aveva in Mounier, Journet e Maritain i grandi pensatori.
Era di incredibile audacia, per quel tempo, pensare la collocazione dell'azione politica e dell'azione cattolica su due piani separati ed autonomi come responsabilità e come fini, anche se fra loro comunicanti. Si trattava di condurre una nuova esperienza di incarnazione dei princìpi cristiani nella società, nettamente diversa dalla cristianità medioevale e lontana dal disimpegno politico dell'ottocento perché legata alla dimensione nuova dell'uomo contemporaneo e della società industriale e laica. Il termine di confronto non era più solo l'umanesimo liberal-borghese ma anche l'umanesimo marxista.
Dossetti raccoglieva dal marxismo il profondo significato della alienazione del lavoro umano e quindi della persona nel sistema capitalistico ma condannava nel contempo la visione totalizzante del mondo che propone una concezione dell'uomo come creatura separata da Dio, una riduzione alla materia ed alla storia di ogni autentica libertà, un rifiuto netto della trascendenza dello spirituale. L'ideale era dunque un progetto storico capace di liberare l'uomo da ogni alienazione collocandolo in una società che pur rivendicando il primato dello spirituale attribuisce ai valori temporali, la dignità di fine valido in se stesso. Proprio per questo fine si giustifica l'autonomia dell'azione politica, la laicità come rifiuto positivo di ogni ideologia e la responsabilità propria e distinta dell'agire politico rispetto all'azione re- ligiosa.
Le verità civili e naturali sono laiche ed hanno una loro dignità ed un valore in sè e su di esse si costruisce la patria comune: lo stato democratico.
Nel concreto politico Dossetti dunque si distingue da De Gasperi perché mentre il primo poneva attenzione al fenomeno marxista il secondo prediligeva il confronto con le forze di democrazia laica e socialdemocratica. Dosseti giudicava questa alleanza come una scelta rinunciataria, incapace ad esprimere in modo compiuto i valori della «rivoluzione personalistica e comunitaria» e la combattè perché muoveva in una direzione solo riformista dell'esistente e non di trasformazione radicale. Erano i tempi della fondazione del nuovo stato repubblicano, della carta costituzionale, della ricostruzione del paese ed egli pensava che i valori di libertà, di giustizia, di pace, di democrazia sostanziale propugnati dalla Resistenza dovessero non solo ricollegare l'Italia al pre-fascismo ma esercitare un profondo mutamento. Il suo interclassismo era dinamico perché proponeva una partecipazione al potere della classe operaia in uno stato capace di trasformare con il metodo della programmazione le strutture economiche.
Dossetti ha giocato un ruolo importante nel d battito alla Costituente ed è stato protagonista nello scontro e nell'incontro con le forze di sinistra, muovendosi certo all'interno dei princìpi della democrazia liberale ma andando ben oltre ad essi. Così egli temeva che lo schieramento atlantico si trasformasse in un blocco di difesa della ideologia borghese contro le sinistre sino a trascinare l'Italia dentro un sistema nel quale la politica della divisione del mondo in due blocchi contrapposti non avrebbe lasciato lo spazio per una terza via tra capitalismo e socialismo reale.
Nella politica economica si trovò molto vicino a Vanoni e Campilli che esprimevano una linea più cattolico-democratica di quella di Einaudi e di Pella di scuola liberale, preoccupato come era che il sistema produttivo ruotasse più attorno ai problemi monetari che all'uomo.
Voleva il partito come punta avanzata, guida alla militanza, struttura portante di un programma di cambiamento e quindi lontano da qualsiasi forma di comitato elettorale o movimento di opinione alla continua ricerca di una sua identità. Con la sua candidatura nel 1956 ed il suo «Libro bianco» lanciò a Bologna la prima sfida ai comunisti contro il centralismo del potere, sviluppando i temi della partecipazione della gente alle grandi scelte della città ed alla gestione sociale dei servizi, tenendo a responsabilizzare ed a sburocratizzare la macchina amministrativa.
Nel 1958, improvvisamente Dossetti si staccò dall'impegno amministrativo, come già nel 1951 aveva rinunciato ad ogni attività politica. Si immerse nello studio, nella interiorità, per un prepotente bisogno di onesto e serio ripensamento ed approfondimento dei problemi e degli uomini; ripensamento che presupponeva la convinzione di dover attingere pazientemente ad un più vasto e generale rinnovamento di spiriti, e di princìpi, prima di poter realizzare quella evoluzione radicale degli istituti politico e sociali nella quale aveva sempre creduto applicandosi alla contingente azione politica.
Spiegando la sua scelta, disse «Al posto di un mandato subentra una chiamata ed un vincolo sacro, al posto di un servizio e di un'opera amministrativa, a Dio piacendo, l'impegno sacerdotale e religioso di tutto il mio essere».
Si può non essere pienamente d'accordo con Dossetti come De Gasperi non condivideva appieno le sue tesi. Ma il partito non lo emarginò mai, anzi De Gasperi lo chiamò accanto a sè come vicesegretario e dando vita a «la Discussione», primo settimanale politico del Partito considerava essenziale il confronto ed il dibattito interno.
Le correnti di pensiero non erano ritenute ingombranti ma una ricchezza da sviluppare. Infatti non è lo scontro delle idee che deve far paura, quanto piuttosto sono le ambizioni personali e di gruppo che nuocciono alla coesione del partito. L'appiattimento e la uniformità non danno slancio e forza al continuo rinnovarsi di un progetto, ma burocratizzano la gestione e depauperano il tessuto culturale che è l'alimento vero di una formazione culturale e politica.
Tutto questo non può servire come riflessione anche per il tempo presente? Quello che si deve riconoscere a Dossetti è la profondità del suo pensiero, la sua coerenza esistenziale, la sua volontà di pagare di persona, di combattere sino in fondo senza compromissioni e tatticismi, di aver dato dignità alla politica come pensiero che si incarna nella storia, di aver sempre voluto «volare in alto» oltre il quotidiano per rinsaldare la speranza e la forza necessarie a chi vuole lavorare per migliorare il mondo. Molti credenti e non credenti sentono ancora oggi con lui come sia necessario dare risposte alternative al crollo morale di una società che non solo si è secolarizzata ma è divenuta materialmente, priva di ideali e... rassegnata, e vivono come lui la gioia serena e la forza liberante di un senso austero ed impegnato della vita.
Ma il loro numero deve aumentare ed essi debbono tornare a credere che la politica è salvabile, anzi va riamata e riproposta come impegno. Dossetti ha ricordato, parlando a Bologna, le tappe della sua vita, le sue scelte, si è soffermato sui nostri giorni, sulle nostre e sue attese, ha condannato il dilettantismo in ogni campo: da quello spirituale a quello politico. Non ha rinnegato nulla del suo passato, l'ha rivisitato con amore e passione.
Non si è allontanato dal mondo, anzi la sua vita oggi è una più piena adesione a Dio attraverso gli umili e gli ultimi che ci vivono accanto e dai quali, anche per chi fa politica, non èlecito né evadere né ignorarli o distrarsi.
La sua esperienza religiosa più intima e più intensa è ancora offerta al nostro tempo come scintilla di speranza.


















