Il «nuovo inverno» della Chiesa
Su «Il Regno – documenti» n. 506 del 1° maggio 1984 troviamo un'intervista col gesuita tedesco Kart Rahner, uno dei maggiori teologi contemporanei, recentemente scomparso.
Questa intervista, rilasciata il 5 marzo a David Seeber della «Herder Korrespondenz» rappresenta di fatto una sorta di testamento spirituale, l'atto di commiato di un credente che non ha proposto, per raggiungere Dio e vivere la sua comunione, facili scorciatoie fideistiche o sottili deismi, ma che ha affrontato in tutta la sua drammaticità ed anche tragicità il problema della ricerca del Dio che è nell'«absconditus», come direbbe Karl Barth.
E un dialogo serrato, che attraversa alcuni tra i principali problemi teologici, ecclesiali e pastorali.
Innanzitutto il ruolo della chiesa in una società ormai largamente secolarizzata: il processo di secolarizzazione non va considerato una sorta di maledizione o, peggio, una locomotiva dissacratrice da arrestare a tutti i costi per restaurare una più o meno riveduta e corretta «cristianità» (categoria che non coincide affatto con quella di «cristianesimo») ma, anzi, rappresenta una feconda occasione storica e un mandato molto più impegnativo che Dio affida al suo popolo, quello di essere una profetica presenza di carità, povertà, nonviolenza nella civiltà post industriale: in altre parole, nessun atteggiamento o proposito di rivincita, di rivalsa, di concorrenza col mondo contemporaneo, ma un rapporto, come è scritto nel testamento spirituale di Paolo VI, di «simpatia».
In questo contesto, quale linea pastorale per la chiesa del duemila? E, considerando le già scarse energie di laici impegnati ma soprattutto di vocazioni religiose, come incontrare gli uomini del nostro tempo? Secondo padre Rahner, va sì mantenuta la tradizionale rete di presenza territoriale (le parrocchie), ma, dal momento che la chiesa non può «lanciarsi su tutti i fronti possibili, che poi falliscono subito, perché non ha le forze sufficienti...», occorre destinare maggiori energie a quello che lui chiama le «oasi» che non sono ghetti isolati («che suscitano, sì, il calore del nido, ma non riscaldano per nulla il resto del mondo»), ma comunità di laici e non solo di religiosi che vivono nella massima radicalità la sequela di Cristo, essendo così, specie nelle aree metropolitane, un segno di contraddizione molto più incisivo di parrocchie semivuote o di strutture tenute in vita artificialmente. Un altro nodo è l'attuale corso della teologia, e in questo il gesuita tedesco conviene col suo interlocutore, secondo il quale «la teologia e la chiesa parlano troppo poco o non in modo abbastanza radicale di Dio, per cui proprio per questo c'è l'inverno della chiesa».
Infine, un'ultima, provocante e riassuntiva domanda, con una serena e coraggiosa risposta: «Non è allora che le questioni giuridiche, istituzionali, politico – ecclesiastiche appaiano come questioni fondamentali, mentre in realtà non Io sono e servono solo ad oscurare il vero messaggio? Io (Rahner, n.d.r.) direi che è proprio così. Perché se quel nucleo fondamentale avesse il grado di radicalità necessario, nella chiesa ci sarebbe primavera».
























