Per una Chiesa «riconciliata e riconciliante»
La Chiesa italiana si sta avviando al suo secondo convegno pastorale nazionale (dopo quello dell'autunno '76 su «Evangelizzazione e promozione umana»), che si terrà nella primavera '85 sul tema: «Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini».
In questi mesi si stanno intensificando gli interventi, e tra questi va segnalata per acutezza e lucidità l'editoriale che «Civiltà Cattolica» del 1° settembre ha dedicato all'avvenimento.
La prestigiosa rivista dei gesuiti fissa come prioritaria la correlazione (meglio, la indissolubilità) tra la dimensione «riconciliata» e quella «riconciliante» della Chiesa, cioè il nesso inscindibile che lega la capacità della Chiesa di vivere in comunione al suo interno e la missione di apportatrice di speranza e perdono all'esterno. Questa intuizione montiniana è alla base della stessa ispirazione delle finalità del convegno: la comunità ecclesiale italiana... sente il bisogno di interrogarsi e di riflettere sul cammino della riconciliazione cristiana... non tanto per risolvere i problemi interni, restando chiusa in sé stessa, né per serrare la fila, ponendosi di fronte alla «comunità degli uomini» in atteggiamento di sfida o di opposizione o per contenderle spazi; bensì per contribuire e far nascere in Italia una società riconciliata per contribuire e far nascere in Italia una società riconciliata e fraterna, come esige la missione che essa ha ricevuto».
E allora, Chiesa riconciliata significa superamento di tutte le tensioni intraecclesiali che si oppongono ad una vera comunione, e fra queste vengono indicate le due principali: quella tra laici e clerici, dovuta anche alla «persistente mentalità clericale che induce non pochi membri del clero a ritenere i laici come perennemente immaturi, bisognosi d'esser guidati in tutto, e tanti laici ad accettare con rassegnazione il proprio stato di emarginazione pastorale»; e quella derivante dal «pericolo non immaginario che numerosi e promettenti gruppi ecclesiali si trasformino, senza volerlo, in altrettante «ecclesiae in Ecclesia», cioè in tante piccole «Chiese parallele». «Si legge qui tra le righe l'eco di quella polemica che divide i gruppi del mondo cattolico, alcuni i più incentrati su ipotesi di "movimento" e prioritariamente tesi a ritagliarsi spazi "in proprio", altri che fanno della comunione con la Chiesa locale e di una presenza sociale e culturale, ma in dialogo con la intera comunità civile, i propri punti qualificanti. Molto esplicita su questo punto la presa di posizione dei gesuiti: «vi sono gruppi che tendono a distinguere tra vescovi "amici" e vescovi "contrari" al proprio movimento; gruppi che di fatto – sebbene lo neghino in teoria – mostrano di ritenere che il legame con i propri capi carismatici viene prima ed è più decisivo di quello col proprio vescovo; oppure preferiscono perseguire piani e obiettivi apostolici propri, con metodi propri...».
E solo a partire da queste premesse può essere edificata una Chiesa veramente «riconciliante», che dovrebbe portare alla società italiana un contributo e una testimonianza su almeno tre grosse fonti di malessere: il «deperimento delle evidenze etiche nella coscienza delle persone» (Carlo M. Martini), la questione morale, la divaricazione tra paese reale e Paese legale. Ecco quindi una possibile immagine della Chiesa italiana degli anni '80, una Chiesa che ha definitivamente accantonato le nostalgie temporalistiche del porsi come «società cristiana nella società civile», ma che parallelamente esorta tutti gli uomini di buona volontà (e non solo i cattolici) a non farsi sopraffare dalle luci del consumismo e dalle seduzioni dell'indifferenza e del disimpegno.





























