12° Festival internazionale della gioventù. Perché abbiamo scelto di partecipare
Oltre 40 mila giovani provenienti da circa 150 paesi hanno preso parte al dodicesimo festival mondiale della gioventù che si è svolto a Mosca tra la fine di luglio e i primi giorni di agosto. Per la prima volta nella storia di questa manifestazione i giovani democristiani hanno partecipato alla delegazione unitaria che ha rappresentato l'Italia a Mosca.
Abbiamo scelto di partecipare poiché crediamo che la politica delle sedie vuote non paga, bisogna essere presenti, avere il coraggio di mostrarsi, di manifestare la propria opinione, di diffondere il proprio materiale, di battersi sul terreno delle idee.
Ha giocato inoltre a favore dell'adesione il fatto che la delegazione italiana benché composita ed eterogenea si sia riconosciuta totalmente in una piattaforma comune elaborata da un ampio comitato presieduto, non a caso, da Clelia Piperno rappresentante della federazione giovanile ebraica d'Italia. Certo problemi ce ne sono stati, alla dogana come durante lo svolgimento dei lavori; ma ci sono stati anche momenti di orgoglio, come quando Katirna Larssen, giovane democristiana svedese, interpretando i sentimenti di ognuno di noi, ha accusato apertamente l'Unione Sovietica dell'invasione dell'Afghanistan, subendo interruzioni e ricevendo rimproveri, ma anche la solidarietà dei rappresentati di tanti paesi del Terzo Mondo, come ad esempio quelli marocchini ed algerini.
Riesce difficile trasmettere la sensazione, di rabbia e di impotenza insieme, avvertita quando i «gorilla» sovietici, spalleggiati dai giovani comunisti francesi, requisivano i volantini proDuarte che i democristiani distribuivano durante un comizio sul Salvador: non so se fosse più forte il peso delle loro ingiurie o la solidità delle nostre convinzioni. Però sono certo che in quel momento il pensiero di ognuno di noi è corso a Gorki, dove un uomo giusto, Andrej Sacharov, è segregato ingiustamente per aver voluto gridare troppo forte la parola libertà.
Il rispetto dei diritti umani è la base della pace
Abbiamo visitato un popolo e non un regime vivendo esperienze forse modeste ma certamente significative: la partecipazione alla Santa Messa e la distribuzione di oltre 100 bibbie in cirillico ai cattolici sovietici, l'incontro commovente con la dissidente Irina Grivnina che dopo aver già scontato due anni di reclusione rischia di essere nuovamente arrestata.
Non abbiamo inalberato il vessillo della provocazione gratuita ma abbiamo ribadito che solo il rispetto dei diritti umani e l'autodeterminazione di tutti i popoli, dall'Afghanistan al Cile, possono costituire condizione per la distensione e far crescere la speranza nel cuore di tutti gli uomini di pace. Non siamo, benché oggi vada di moda, pentiti di essere andati a Mosca, poiché crediamo che oltre all'esperienza cumulata si sia anche ottenuto qualcosa di tangibile.
Il penultimo festival dei giovani che si era svolto Cuba nel 1978 si era concluso con la condanna unilaterale dell'espansionismo e dell'imperialismo americano e con la celebrazione dei meriti della politica sovietica.
Nel documento finale approvato a Mosca si riconosce invece come naturale la presenza di opinioni differenti in un'assemblea composita e rappresentativa.
Non è certo l'elogio del pluralismo, ma aiuta a credere che anche in tempi di tensione fra le due superpotenze sia possibile al di là della differenza di opinioni e di idee guardarsi negli occhi ed immaginare insieme un mondo migliore.
Restano i ricordi, i tanti applausi che i membri della delegazione italiana hanno ricevuto dalle mani di tutto il mondo, la sensazione – che è diventata via via consapevolezza – di aver svolto un buon lavoro e forse anche la vanità occidentale alimentata dai tanti autografi richiesti.
Ma rimane soprattutto intatta la volontà di voler continuare ad allargare la feritoia sul reame della pace, della libertà e della felicità.







