La piaga della corruzione
All'interno della «miriade babelica» degli esercizi prodotti sui temi della corruzione, si colloca questo saggio di Franco Cazzola che cerca di compiere un approfondito percorso tra le definizioni e le teorie, per arrivare alla fine a delineare alcune ipotesi interpretative sulle patologie del nostro sistema politico.
Cazzola cerca di esaminare gli elementi costitutivi del fenomeno, cioè gli attori, i beni «scambiati», il «ritorno» in termini politici, e anche le sue dimensioni sociali ed economiche.
Le analisi utilizzano le statistiche giudiziarie, alcune notizie su questi fenomeni riportate da quotidiani (Corriere della Sera e Repubblica) e le autorizzazioni a procedere al Parlamento con i relativi esiti giudiziari.
Da questa lunga delineazione dei fenomeni, vista in una dinamica temporale e geografica, Cazzola trae la conclusione che nel giro di un secolo «nonostante l'aumento del ruolo dello Stato, della quantità di popolazione e dei pubblici funzionari, il numero dei reati denunciati non è particolarmente cresciuto». Come se «dalla parte dei cittadini ci sia un adeguamento alla corruzione».
Invece il ruolo della magistratura nel perseguire il fenomeno e della stampa nel presentarlo subisce profondi mutamenti nel tempo: soprattutto dalla metà degli anni '70.
Un'altra indicazione che ci sembra interessante è che «dove i partiti hanno un reale retroterra, un forte insediamento sociale, la corruzione, anche se esiste, è poca cosa in confronto a quelle aree nelle quali cittadino singolo e potere politico istituzionale vengono lasciati da soli uno di fronte all'altro».
Rispetto ai casi di corruzione poi, Cazzola rileva diverse interpretazioni.
La prima appartiene a una tendenza che cerca di leggere questi fatti come incidenti di percorso e che considera più o meno inevitabile un certo tasso di corruzione politica.
Una seconda, a differenza della lettura riduttiva alla quale si è testé fatto riferimento, tende a leggere il livello di corruzione raggiunto come catastrofico al punto da poter segnare una fine della democrazia.
Il terzo tipo di approccio invece appartiene a quanti ritengono quello della corruzione un problema serio ma risolvibile sul piano delle riforme, delle nuove regole.
L'autore sembra propendere per un tentativo di risolvere questi aspetti delle questioni morali con delle nuove regole: «se, come dichiarano i vari leaders, i partiti sono disposti e interessati ad usare persino la spada contro la corruzione e le tangenti, gli strumenti sono in gran parte pronti, si tratta di approvarli».
Certo il discorso delle nuove regole resta fondamentale ma è sufficiente da solo?
Un laico illuminato, Giorgio Ruffolo, risponde che questo non sarà sufficiente «e al contempo non verranno realizzate nuove regole più propriamente morali».
E questa risposta in qualche modo si ricollega a quanto scriveva Padre De Rosa su Civiltà Cattolica al tempo di quell'assemblea nazionale della Dc che si poneva appunto i possibili modi di, un rinnovamento della politica.
Diceva allora Padre De Rosa che le migliori regole possono essere infrante se l'uomo vuole infrangerle e che il problema prioritario sta in una ricostruzione dei valori, in una riconversione individuale.
I due aspetti, proprio però perché si collocano nella loro specificità a livelli diversi vanno riguardati.
La questione morale, sottolineava Armando Rigabello, è una questione prepolitica quando appartiene alla sfera delle convinzioni e dei comportamenti individuali; quando diviene questione politica non può che essere questione di regole.
E allora l'importante è cominciare a muoversi su questo piano, sperando che nella consapevolezza degli individui maturino analoghe necessità.
Franco Cazzola
Della Corruzione
Il Mulino
Pagg. 167
L. 15.000















