Ed ecco che al nostro sguardo, costantemente ansioso di scoprire all'orizzonte segni di stabile schiarita, (se non di quella luce piena di cui parlò il Profeta Isaia), si offre invece la grigia visione di un'Europa tuttora inquieta, ove quel materialismo, di cui abbiamo discorso, non che risolvere, esaspera i suoi fondamentali problemi, strettamente legati con la pace e con l'ordine dell'intiero mondo.
In verità esso non minaccia questo continente più seriamente che le altre regioni della terra; crediamo anzi che siano maggiormente esposti agli accennati pericoli, e particolarmente scossi nell'equilibrio morale e psicologico, i popoli che vengono raggiunti tardivamente e all'improvviso dal rapido progredire della tecnica, giacché l'importata evoluzione, non scorrendo con moto costante, ma saltando con balzi discontinui, non incontra valide dighe di resistenza, di correzione, di adeguamento, né nella maturità dei singoli, né nella tradizionale cultura.
Tuttavia le nostre gravi apprensioni a riguardo dell'Europa sono motivate dalle incessanti delusioni in cui vanno a naufragare, ormai da anni, i sinceri desideri di pace e di distensione accarezzati da questi popoli, anche per colpa della impostazione materialistica del problema della pace. Noi pensiamo in modo particolare a coloro che giudicano la questione della pace come di natura tecnica, e guardano la vita degli individui e delle nazioni sotto l'aspetto tecnicoeconomico. Questa concezione materialistica della vita minaccia di divenire la regola di condotta di affaccendati agenti di pace e la ricetta della loro politica pacifista. Essi stimano che il segreto della soluzione stia nel dare a tutti i popoli la prosperità materiale mediante il costante incremento della produttività del lavoro e del tenore di vita, così come, cento anni or sono, un'altra simile formula riscoteva l'assoluta fiducia degli Statisti: Col libero commercio la eterna pace.
Il retto cammino verso la vera pace
Ma nessun materialismo è stato mai un mezzo idoneo per instaurare la pace, essendo questa innanzitutto un atteggiamento dello spirito, e, soltanto in second'ordine, un equilibrio armonico di forze esterne. E dunque un errore di principio affidare la pace al materialismo moderno, che corrompe l'uomo alle sue radici e soffoca la sua vita personale e spirituale. Alla medesima sfiducia conduce, del resto, l'esperienza, la quale dimostra, anche ai nostri giorni, che il dispendioso potenziale di forze tecniche ed economiche, quando sia distribuito più o meno egualmente tra le due parti, impone un reciproco intimorimento. Ne risulterebbe quindi soltanto una pace della paura; non la pace, che è sicurezza dell'avvenire. Occorre ripetere senza stancarsi, e persuaderne coloro, tra il popolo, i quali si lasciano facilmente allucinare dal miraggio che la pace consiste nell'abbondanza dei beni, mentre essa, la sicura e stabile pace, è soprattutto un problema di unità spirituale e di disposizioni morali. Essa esige, sotto pena di rinnovata catastrofe per l'umanità, che si rinunzi alla fallace autonomia delle forze materiali, le quali, ai nostri tempi, non si distinguono gran che dalle armi propriamente belliche. La presente condizione di cose, non migliorerà, se tutti i popoli non riconosceranno i comuni fini spirituali e morali della umanità, se non si aiuteranno ad attuarli, e per conseguenza se non s'intenderanno mutuamente per opporsi alla dissolvente discrepanza che domina fra di loro riguardo al tenore di vita e alla produttività del lavoro.
La unione dei popoli dell'Europa
Tutto ciò può essere fatto, ed è anzi impellente che si faccia nell'Europa, producendo quella unione continentale tra i suoi popoli, differenti bensì, ma geograficamente e storicamente l'uno all'altro legati. Un valido incoraggiamento per tale unione è il manifesto fallimento della contraria politica e il fatto che i popoli stessi, nei ceti più umili, ne attendono l'attuazione, stimandola necessaria e praticamente possibile. Il tempo sembra dunque maturo a che l'idea divenga realtà. Pertanto noi esortiamo all'azione innanzi tutto gli uomini politici cristiani, ai quali basterà ricordare che ogni sorta d'unione pacifica di popoli fu sempre un impegno del Cristianesimo. Perché ancora esitare? Il fine è chiaro; i bisogni dei popoli sono sotto gli occhi di tutti. A chi chiedesse in anticipazione l'assoluta garanzia del felice successo, dovrebbe rispondersi che si tratta, bensì, di un'alea, ma necessaria; di un'alea, ma adatta alle possibilità presenti; di un'alea ragionevole. Occorre senza dubbio procedere cautamente; avanzare con ben calcolati passi; ma perché diffidare proprio ora dell'alto grado conseguito dalla scienza e dalla prassi politica, le quali sanno bastevolmente prevedere gli ostacoli e approntare i rimedi? Induca soprattutto all'azione il grave momento in cui l'Europa si dibatte: per essa non vi è sicurezza senza rischio. Chi esige un'assoluta certezza, non dimostra buona volontà verso l'Europa.
Genuina azione sociale cristiana
Sempre in vista di questo scopo, noi esortiamo altresì gli uomini politici cristiani all'azione nell'interno dei loro Paesi. Se l'ordine non regna nella vita interna dei popoli, è vano attendere l'unione dell'Europa e la sicurezza di pace nel mondo. In un tempo come il nostro, in cui gli errori si mutano facilmente in catastrofi, un uomo politico cristiano non può – oggi meno che mai – accrescere le tensioni sociali interne, drammatizzandole, trascurando ciò che è positivo, e lasciando smarrire la retta visione di quel che è ragionevolmente possibile. A lui si chiede tenacia nell'attuazione della dottrina sociale cristiana, tenacia e fiducia, più di quanto ne dimostrano gli avversari verso i loro errori. Se la dottrina sociale cristiana, da oltre cento anni, si è sviluppata ed è stata resa feconda nella pratica politica di molti popoli – purtroppo non di tutti -, coloro che sono troppo tardi arrivati, non hanno oggi motivo di lamentare che il Cristianesimo lascia nel campo sociale una lacuna, che, secondo essi, è da colmare mediante una cosiddetta rivoluzione delle coscienze cristiane. La lacuna non è nel Cristianesimo, ma nella mente dei suoi accusatori.
Essendo così, l'uomo politico cristiano non serve la pace interna, né, per conseguenza, la pace esterna, quando abbandona la base solida della esperienza oggettiva e dei chiari principi e si trasforma quasi in un banditore carismatico di una nuova terra sociale, contribuendo ad aggravare il disorientamento delle menti già incerte. Di ciò si rende colpevole chi crede di poter fare esperimenti sull'ordine sociale, e specialmente chi non è risoluto a far prevalere in tutti i gruppi la legittima autorità dello Stato e l'osservanza delle giuste leggi. Occorre forse dimostrare che la debolezza dell'autorità scalza la solidità d'un Paese più che tutte le altre difficoltà, e che la debolezza d'un Paese porta con sé l'indebolimento dell'Europa e mette in pericolo la pace generale?
L'autorità dello Stato
Occorre dunque reagire all'errata opinione, secondo cui il giusto prevalere dell'autorità e delle leggi apra necessariamente la strada alla tirannia. Noi stessi, alcuni anni or sono, in questa stessa ricorrenza, parlando della democrazia, abbiamo notato che in uno Stato democratico, non meno che in ogni altro bene ordinato, l'autorità deve essere vera ed effettiva. Senza dubbio la democrazia vuole attuare l'ideale della libertà; ma ideale è soltanto quella libertà che si allontana da ogni sfrenatezza, quella libertà che congiunge con la consapevolezza del proprio diritto il rispetto verso la libertà, la dignità e il diritto degli altri, ed è cosciente della propria responsabilità verso il bene generale. Naturalmente questa genuina democrazia non può vivere e prosperare che nell'atmosfera del rispetto verso Dio e della osservanza dei suoi comandamenti, non meno che della solidarietà o fraternità cristiana.



















































