Come si presenta l'Europa nel suo complesso al fondamentale appuntamento del 1992, quando sarà istituito il mercato unico? La domanda è particolarmente rilevante se si tiene presente che, accanto alle aree europee tradizionalmente sviluppate, che riceveranno nuovi impulsi dall'attuazione del mercato unico, esistono delle zone periferiche assolutamente impreparate alla scadenza del 1992 e che, anzi, rischiano di vedere aumentato il loro divario con le regioni più ricche.
Lungo i confini dell'Europa, dalle Highlands scozzesi al Portogallo, al Mezzogiorno italiano, alla Grecia, esiste una zona periferica, che conta un quarto della popolazione della Comunità, il cui prodotto interno lordo medio pro capite raggiunge appena il 68 percento della media europea. Di fronte a questa realtà meno sviluppata economicamente, esiste una zona centrale, che si estende da Milano a Londra, che, con un terzo di popolazione europea, possiede un prodotto interno lordo pro-capite pari al 123 per cento della media europea. Questo «centro» transnazionale europeo, con una superficie pari circa a quella dell'Italia, gestisce più del 40 per cento del prodotto interno lordo dell'intera Cee. In più bisogna ricordare che a questa presenza di uomini e di capitali corrisponde una concentrazione notevole di infrastrutture e che il mercato internazionale è psicologicamente e tradizionalmente più propenso ad investire nelle economie già sviluppate, finendo per trascurare spesso anche importanti opportunità. Le conseguenze di questa situazione sono particolarmente evidenti: in Irlanda, per esempio, tra il 1981 e 1'86 sono emigrate 75.000 persone, pari a quasi il 1O per cento della popolazione attiva. E quello che è più preoccupante è che di queste persone che cercano occupazione all'estero, la maggior parte è formata da personale laureato o altamente specializzato; una vera e propria fuga di cervelli verso il «centro» sviluppato dell'Europa, che rende ancor più difficile l'ipotesi di uno sviluppo avanzato nelle regioni più depresse.
In realtà, agli inizi degli anni '70, il problema delle aree meno sviluppate non fu preso con la dovuta considerazione. Dopo alcuni anni, l'aumento del divario tra «centro» e «periferia» e l'esperienza hanno insegnato che le disparità economiche e tecnologiche possono essere un insormontabile ostacolo all'integrazione dell'Europa. Inoltre si è visto che il concetto di aree depresse poteva essere esteso anche a regioni di nuova povertà, come per esempio quelle che ospitavano grandiosi complessi siderurgici, ora chiusi per la crisi internazionale dell'acciaio.
Finora, le iniziative della Cee hanno mancato l'obiettivo di ridurre il divario e non permettono di avere le idee chiare sui risultati dei finanziamenti finora erogati.
Questo probabilmente dipende dal fatto che i finanziamenti del Fondo regionale della Cee hanno spesso «sostituito» le risorse dei governi nazionali in favore delle aree meno sviluppate. Si tratta allora, di generare quella che è stata definita l'«addizionalità qualitativa»: non risparmiare fondi nazionali cioè, perché arrivano finanziamenti dalla Cee, ma al contrario,
dare a questi ultimi un ruolo di completamento, aggiuntivo, per far decollare lo sviluppo.
Lo strumento oggi a disposizione della Comunità Europea per tentare di sanare il divario tra ricchi e poveri all'interno dei paesi membri è il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr).
Tra il 1975 e il 1984 la Comunità Europea ha concesso agli Stati membri finanziamenti per lo sviluppo regionale pari a 11.426.000 Ecu.
Nel 1986 la Cee ha proposto un aumento del 50 per cento del Fondo. Entro il 1992 questo Fondo deve raddoppiare.
Nel 1986, inoltre, dopo interminabili e complesse discussioni, sono state decise le quote di ripartizione che oscillano, paese per paese, secondo le condizioni economiche, come riportato nella seguente tabella.
In definitiva un tema come quello dello sviluppo delle regioni più bisognose, costituisce per l'Europa e specialmente per i partiti che si richiamano ai principi solidaristici della tradizione cristiano-democratica una sfida eccezionale da non perdere, per la quale occorre utilizzare tutte le possibili energie. In gioco è il futuro dell'Europa unita.
| % limite inferiore | % limite superiore | |
| Belgio | 0,61 | 0,82 |
| Danimarca | 0,34 | 0,46 |
| Germania | 2,55 | 3,40 |
| Spagna | 17,95 | 23,93 |
| Grecia | 8,35 | 10,64 |
| Francia | 7,47 | 9,95 |
| Irlanda | 3,81 | 4,61 |
| Italia | 21,59 | 28,79 |
| Lussemburgo | 0,04 | 0,06 |
| Paesi Bassi | 0,68 | 0,91 |
| Portogallo | 10,65 | 14,20 |
| Regno Unito | 14,48 | 19,31 |


















































