L'Europa degli interessi, l'Europa degli ideali
È oggi molto difficile formulare considerazioni sull'Europa evitando di cadere nella banalità e nella retorica.
Purtroppo, e lo affermo senza alcuna ironia, parlare dell'Europa è diventato un argomento vecchio e consumato ancora prima che l'Unione Europea si sia realizzata.
In prossimità delle elezioni per il Parlamento Europeo è facile ipotizzare un rinnovato interesse delle istituzioni e degli organi di informazione sul tema dell'integrazione comunitaria, salvo poi farlo cadere nell'oblìo dopo la proclamazione degli eletti.
La storia della CEE è stata contrassegnata dalla cosiddetta politica del «pendolo», per la 9-uale ad ogni fatto che accellerava il processo di unificazione ha sempre corrisposto un periodo di stasi ed un prevalere degli interessi nazionali.
Negli ultimi ·mesi tutti gli europeisti hanno potuto assistere al fallimento di tre consecutivi vertici dei Capi di Stato e di Governo convocati per definire l'importo dei rimborsi concessi alla Gran Bretagna.
Si è trattato di episodi molto tristi nella storia della Comunità che hanno fotogafato efficacemente il «cancro» del processo d'integrazione: gli egoismi nazionali. Se infatti cerchiamo di scoprire le cause della crisi politica sempre tesa a difendere il «particolare» nazionale senza capire la logica, i fini e la strategia di un processo di unificazione sovrannazionale. Se però, vogliamo capire, cosa abbia determinato la mancata oscillazione def pendolo europeo, questa volta nel senso europeista, dobbiamo scindere il fattore scatenante, rinvenibile nelle disfunzioni istituzionali, dalle cause più remote, e cioè l'errore di valutazione storica.
Uno dei problemi di maggior rilievo nello studio giuridico-costituzionale degli organismi comunitari è sempre stato la definizione del ruolo e delle !unzioni del vertice dei Capi di Stato e di Governo. Tale organo, infatti, pur rivestendo l'efTettiva guida del processo di integrazione è completamente sconosciuto al Trattato di Roma, le cui norme rappresentano la Costituzione della Comunità Europea.
Ci troviamo, come appare chiaro, di fronte ad una situazione paradossale: il vertice è un organo extra-costituzionale, meramente di fatto, che non ha alcun potere formale sugli organi della Comunità Europea: la Commissione Esecutiva, il Consiglio dei Ministri ed il Parlamento. Ciò nonostante il vertice è diventato il punto di riferilmento delle scelte poltiche compiute dagli organi della Comunità.
Si tratta di una perversione dei meccanismi istituzionali che prevedevano un bilanciamento tra l'organo sovranazionale (la Commissione Esecutiva) e quello rappresentativo dei singoli stati (il Consiglio dei Ministri). Deve, inoltre, ricordarsi che le istituzioni comunitarie deliberano solo in presenza di un unanime consenso tra i rappresentanti dei singoli Stati, violando così le norme del Trattato che prevedevano l'adozione del criterio maggioritario per adottare regolamenti e direttive.
Di fronte ad una tale parlaisi istituzionale, molte speranze erano state incentrate sull'elezione diretta del Parlamento Europeo, nel presupposto che la legittimazione popolare avrebbe consentito all'assemblea di Strasburgo, di adottare una condotta «spregiudicata» e fortemente europeista. Purtroppo i deputati eletti non sono probabilmente stati all'altezza del compito loro affidato e forse ciò può imputarsi alla selezione operata dai partiti all'atto della presentazione delle liste, senza voler emettere sommarie sentenze, si può dunque affermare che i deputati europei hanno mancato l'occasione storica di agire come assemblea costituente e premere l'accelleratore sulla strada degli Stati Uniti d'Europa.
Le origini della crisi
Proviamo ora a rintracciare le origini della crisi d'integrazione europea. Si deYe innazitutto ricordare che la formula tuttora vigente, quella di raggiungere l'unità politica europea attraverso un sistema di integrazione economica, non fu liberamente voluta dai padri dell'Europa (De Gasperi, Adenauer, Schuman. Spaak, Monnet), ma fu determinata dal fallimento di un'altra iniziativa politica.
Dopo la continuazione della CECA (comunità europea carbone ed acciaio), si ritiene che il passo ulteriore dovesse estrinsecarsi nella progressiva unificazione delle forze annate: progetto che ponò al tentativo di costituzione della CED (Comunità Europea di Difesa). Dopo che gli altri Stati avevano sostanzialmente accettato il trattato della CED il Parlamento francese, in un drammatico dibattito conclusosi il 31 agosto del 1954, negò l'adesione della Francia facendo naufragare l'intero progetto. Per quanto gli europeisti convinti, tra i quali emerse per grandezza e statura politica Alcide De Gasperi, fossero convinti che l'Unione Europea potesse realizzarsi solo attraverso una progressiva integrazione delle strutture politiche, l'insuccesso delJa CED determinò l'esigenza di aggirare l'ostacolo, creando un'unione doganale e di libero scambio.
Si sperò, quindi, che l'integrazione economica avrebbe comportato di per se stessa l'integrazione politica.
Tale ragionamento si è mostrato fallace.
Il problema odierno torna quindi ad essere lo stesso di trent'anni fa: si tratta di restituire slancio e forza agli organi comunitari attribuendo ad essi nuovi poteri e nuove competenze. La soluzione è, quindi, unicamente politica. Non si vuole con tale afTermazione sminuire l'importanza che il processo si unificazione europea può determinare per molti settori economici. Al contrario l'Europa rappresenta un punto di riferimento obbligato ed insostituibile nello sviluppo economico del Paese. La Comunità Europea è inoltre un termine di paragone per gli aspetti tecnologici, per il basso tasso di inflazione, per la maggiore produttività, per il benessere diffuso e collettivo.
Ciò che si intende sostenere è che non si può aspettare dall'Europa e dalla solidarietà con gli Stati più ricchi la soluzione ai problemi interni·. L'unificazione europea non può conoscere forme di assistenzialismo e di sostegno prolungate: l'Europa è un progetto per la creazione di una società più libera e più sviluppata.
L'appuntamento del 17 giugno
Da qui il grande significato delle prossime elezioni per il Parlamento Europeo ed il ruolo che spetta a chi, istituzionalmente, rappresenta le giovani generazioni, come il Movimento Giovanile della DC.
Nessuna organizzazione più di un movimento di giovani, è legittimata ad operare per la realizzazione di un progetto a medio e lungo termine.
E mi sembra opportuno concludere con le parole che De Gasperi pronunciò all'Assemblea del Consiglio d'Europa a Strasburgo il 15 settembre 1952: «...nel nostro lavoro, è la volontà politica di realizzare l'Unione Europea che deve essere il fattore determinante, la forza di propulsione. La cooperazione economica è necessariamente un compromesso fra le esigenze autonome naturali di ogni partecipazione e una volontà politica superiore.
Se la realizzazione della solidarietà economica dovesse dipendere dalle formule di compromesso elaborate dalle differenti amministrazioni intressate, questo ci condurebbe molto probabilmente a debolezze e a contraddizioni. È la volontà politica unitaria che deve quindi prevalere. È l'imperativo categorico che bisogna fare l'Europa per assicurare la nostra pace, il nostro progresso e la nostra giustizia sociale·che deve innanzitutto servirci di guida».
Alcune cose da sapere
CENNI STORICI. L'idea di integrare l'Europa ha trovato alla sua prima applicazione pratica nel discorso che Robert Schuman, all'epoca Ministro degli Esteri francese, tenne il 9 maggio 1950 nella Sala dell'Orologio al Quai d'Orsay.
Schuman propose in quella occasione di «porre l'insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto un'Alta Autorità comune in una organizzazione aperta alla partecipazione di altri paesi europei». A seguito di tale atto, il 18 aprile 1951, sei Stati europei (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) firmarono a Parigi il Trattato che istitutiva la «Comunità europea del carbone e dell'acciacio» (CECA), traducendo in realtà le indicazioni di Schuman. Alcuni anni dopo, il 25 mano 1957, a Roma, gli stessi sei Stati diedero vita alla «Comunità economica europea» (CEE) e alla «Comunità europea dell'energia atomica» (EURATOM). Venivano fissati cosi gli obiettivi di integrazione economica e sociale ma in larga parte anche politica che i sei Stati fondatori decidevano di raggiungere insieme.
La validità, universalmente riconosciuta, cli questo disegno ha spinto altri paesi europei a chiedere di aderire alle tre Comunità. Nel 1973 furono ammesse la Danimarca, l'Irlanda e la Gran Bretagna, e, nel 1981, la Grecia. Spagna e Portogallo stanno negoziando la loro adesione.
Organi e amministrazione
Fin dal primo Trattato del 1951 si è previsto che la Comunità europea fosse dotata di quattro organismi principali: la Commissione esecutiva (o «Alta Autorità», come è chiamata nel Trattato CECA), cui spetta il compito di gestire il concreto le politiche comunitarie e di proporre le nuove iniziative; il Consiglio dei ministri, formato dai ministri nazionali competenti per le varie materie (agricoltura, industria, finanza, ecc.) in discussione; il Parlamento europeo, denominato «Assemblea comune» fino al 1958, al quale spetta il compito del controllo politico; e la Corte di Giustizia di Lussenburgo, che riunisce le caratteristiche di una Corte Costituzionale e di un Tribunale ordinario cui sono attribuite invece competenze di ordine giurisdizionale. Nel 1975, infine, è stata creata la «Corte dei Conti», con finalità di controllo amministrativo e contabile del tutto analoghe a quelle di una Corte dei Conti nazionale. Le parti sociali sono rappresentate in un organismo consultivo chiamato Comitato economico e sociale. la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) può essere considerata una istituzione collaterale ed agisce secondo criteri bancari. I Capi di Stato e di Governo della CEE si riuniscono 3 volte l'anno dando vita ad un organismo non previsto dai Trattati denominato «Consiglio Europeo».
Normativa comunitaria
Regolamenti e Direttive sono le due più importanti decisioni a carattere normativo che possono essere prese in sede CEE. A differenza del «Regolamento» che entra immediatamente nel corpo legislativo degli Stati membri, la «Direttiva», che contiene l'indicazione degli obiettivi da perseguire e dei tempi in cui farlo, deve costituire l'oggetto di un provvedimento autonomo (una legge, ad esempio) degli Stati. Regolamenti e Direttive sono approvati dal Consiglio dei Ministri delle Comunità, su proposta della Commissione, previo parere del Parlamento europeo.
Poteri del parlamento europeo
Oltre ad esprimere il suo parere sui testi legislativi della Comunità e ad esercitare un controllo generale sull'insieme delle attività, il Parlamento adotta, dopo averlo stabilito con il Consiglio, il bilancio generale delle Comunità. Esso ha inoltre il potere, mai utilizzato fino a questo momento, di pro,·ocare le dimissioni in blocco della Commissione. votando a maggioranza qualificata una «mozione di censura». Su aspetti specifici dell'integrazione comunitaria, infine, può chiedere al Consiglio l'apertura di una «Procedura di Concertazione». Ciascun deputato può presentare al Consiglio interrogazione orali e scritte. Il Parlamento euorpeo ha 17 commissioni permanenti e 7 gruppi politici.



















































