Una strategia per il 1992
Stiamo vivendo un periodo di grande interesse politico ed economico per l'immediato futuro: la data del '92 indicherà, almeno in teoria, la completa liberalizzazione dell'Europa nel movimento delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali, che già da tempo si sta espletando nei settori più avanzati dell'economia produttiva Nazionale.
In effetti, anche in questo settore, la classe politica, la società politica si dimostra più lenta rispetto alla classe produttiva del paese; alcuni settori, esempio emblematico quello calzaturiero, hanno un indice di esportazione verso l'Europa comunitaria del 750/o della loro quantità produttiva annuale. È perciò assai difficile immaginare in tale situazione un'Europa comunitaria da costruire tout court, in quanto il livello di commercializzazione dei prodotti è assai elevato; la liberalizzazione totale del mercato Europeo non potrà che darci dei notevoli vantaggi Economici e produttivi.
Basti pensare che, da una statistica americana, il valore occulto di sovraprezzo sui prodotti dovuto all'esistenza delle barriere doganali, ai servizi d'imposta, all'inefficienza dei mezzi di commercializzazione è indicato in un 15 O/o del prezzo di vendita del prodotto.
Con il '92 queste disfunzioni economiche saranno dipanate con l'eliminazione di ogni barriera:
- controlli sulle merci alle frontiere;
- libertà di movimento e soggiorno delle persone;
- armonizzazione degli standard tecnici;
- ' apertura dei mercati degli appalti pubblici;
- servizi finanziari, bancari, assicurativi, borsistici;
- mercato dei capitali;
- diritto societario;
- armonizzazione delle politiche fiscali.
Dovrà esserci necessariamente un adeguamento giuridico ad uno stato di fatto economico già da tempo raggiunto, che vede fin da adesso un grande fermento ed interesse per la creazione di Trust, multinazionali, ed Holding Europee.
Ma accanto ad un elemento di positiva novità che vedrà aumentare in modo notevole il dinamismo economico internazionale ed interno, che prospetta un aumento del prodotto interno lordo del 5%, una diminuzione dell'inflazione del 5,5%, un incremento occupazionale di ben 3 milioni di unità, esistono anche scenari assai cupi e di dubbia prospettiva: come faranno, ad esempio, le imprese di piccola-media dimensione produttiva (aziende artigianali) o le grandi industrie tecnologicamente in ritardo a far fronte a questo gap concorrenziale? E il ruolo dello stato in tal senso come dovrà essere orientato?
Informazione e innovazione tecnologica
lo credo che la sfida si giocherà a due livelli: da un lato l'informazione, traino dell'economia post-industriale, dall'altro l'innovazione tecnologica che concorre a elevare il tasso di concorrenzialità tra le imprese.
Certo sia l'informazione quanto l'innovazione tecnologica implicano grossi sforzi a livello economico e finanziario che le piccole imprese avranno senza dubbio difficoltà a sostenere. Ma questo non dovrà certo significare la fine della piccola-media impresa: questa dovrà, per la maggior flessibilità rispetto alla grande impresa recuperare competitività, trovare delle forme di associazionismo che permettano, attraverso economie di scala e nuovi finanziamenti, un salto di qualità nella ricerca e nello sviluppo.
Quindi puntare, nella buona tradizione dell'economia nazionale, sulla qualità dei prodotti, che grazie alla loro affidabilità possano concorrere con prodotti magari più convenienti ma qualitativamente inferiori a quelli nazionali.
Quindi il ruolo dello stato nell'economia nazionale nel periodo utile che rimane per dare competitività alla nostra economia.
Senza dubbio il futuro economico dovrà essere caratterizzato da un binomio stato-privato molto forte in una nuova concezione rispetto al passato; non un intervento dello stato indirizzato a sanare le passività delle aziende in crisi, ma un ruolo attivo del settore pubblico che si ponga come sostegno reale all'economia produttiva.
Un ruolo che vada nella direzione di dare competitività alle aziende contribuendo a fornire servizi, migliori infrastrutture, mezzi di collegamento efficienti (ferrovie, telefoni, telefax) e sicuramente meno burocrazie.
Abbiamo la necessità di essere più competitivi e tecnologicamente avanzati per essere complessivamente più forti in ambito europeo: basti pensare ad esempio che la spesa europea in ricerca è approssimativamente eguale a quella statunitense e giapponese, mentre i risultati sono enormemente inferiori.
Un ruolo questo che il governo sta assiduamente cercando di definire in modo preciso, sulla base di una manovra economica di alto profilo che prevede per il '92 il risanamento del debito pubblico accanto ad una più elevata competitività dell'economia nazionale e un ruolo funzionale e dinamico dello stato: una sfida per certi versi assai difficile che potrà far fare a tutti noi un grosso salto di qualità in vista di una Europa comunitaria finalmente e veramente unita.


















































