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Atto unico ma non solo

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In seguito all'adesione della Spagna e del Portogallo, awenuta il 1° gennaio 1986, la Comunità conta dodici stati membri e 321 milioni di cittadini. Antecedentemente i paesi fondatori – Belgio, Repubblica Federale di Germania, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi – erano stati raggiunti nel 1973 da Danimarca, Irlanda e Regno Unito e, nel 1981 dalla Grecia. Nonostante le difficoltà, sfociate anche in crisi periodiche, questi successivi ampliamenti dimostrano la vitalità del processo di costruzione europea nonché l'attrazione esercitata dal livello dei primi risultati raggiunti.

All'origine della comunità vi è il trattato di Parigi, firmato il 18 aprile 1951, che nel 1952 dà vita alla Comunità europea del carbone e dell'acciaio (Ceca). Con la firma, il 25 Marzo 1957, dei due trattati di Roma che istituiscono la Comunità economica europea (Cee) e la Comunità-europea dell'energia atomica (Cece o Euratom), gli stati membri di allora decidono di approfondire e di estendere all'insieme delle loro economie, un esperimento rivelatosi più che positivo. Un «atto unico», firmato nel febbraio del 1986 e sottoposto a ratifica da parte dei parlamenti nazionali, emenda e completa questi trattati. Esso precisa taluni obiettivi della Comunità: completamento del mercato interno europeo e realizzazione entro, il 1992, di un vasto spazio senza frontiere: sviluppo tecnologico, progresso verso un'unione economica e monetaria, rafforzamento della coesione economica e sociale, miglioramento delle condizioni dell'ambiente e delle condizioni di lavoro. Tale atto comprende, inoltre, disposizioni su cui torneremo più volte, volte a rendere il funzionamento della Comuni tà più efficace e democratico. Esso comprende anche un capitolo che istituzionalizza la cooperazione fra gli stati membri nel settore della politica estera.

Le Comunità europee sono gestite da istituzioni comuni, sicchè ci si abitua sempre più a parlare della Comunità europea.

La Commissione europea, motrice e gerente

La Commissione è composta da almeno un cittadino per ogni paese della Comunità. Attualmente, essa comprende 17 membri: due tedeschi, due spagnoli, due francesi, due italiani, due inglesi e un cittadino per ciascuno degli altri paesi.

I membri della Commissione sono designati, di comune accordo e per un periodo di quattro anni, dai governi dei paesi della Comunità: essi agiscono esclusivamente nell'interesse della Comunità, non possono ricevere istruzioni da alcun governo e sono soggetti soltanto al controllo del Parlamento europeo, che è l'unico a poterli costringere a dimettersi collettivamente. Le decisioni della Commissione sono prese collegialmente, sebbene in realtà vi sia una suddivisione delle competenze nell'ambito del collegio.

La Commissione europea ha il compito di:

  • Assicurare il rispetto delle norme comunitarie e dei principi del mercato comune. Quale custode dei trattati, la Commissione vigila sulla corretta applicazione delle loro disposizioni e su quella delle decisioni prese dalle istituzioni comunitarie;
  • proporre al Consiglio dei ministri della Comunità tutte le misure utili allo sviluppo delle politiche comunitarie (agricoltura, energia, industria, ricerca, ambiente, problemi sociali e regionali, commercio esterno, unione economica e monetaria, ecc.). Nel 1985 la Commissione ha trasmesso al Consiglio dei ministri 694 proposte;
  • attuare le politiche comunitarie in base alle decisioni del Consiglio, o direttamente dalle disposizioni previste dai trattati. A questo proposito l'atto unico che modifica i trattati europei prevede che, tranne eccezioni, il Consiglio conferisca alla Commissione le competenze esecutive delle norme da lui stabilite. In alcuni casi l'esercizio di tali competenze può essere soggetto a modalità che prevedono la collaborazione e la consultazione di esperti nazionali.

La Commissione dispone di un'amministrazione, concentrata essenzialmente a Bruxelles e con alcuni servizi a Lussemburgo; essa comprende circa 11000 funzionari suddivisi in una ventina di direzioni generali. Una cifra molto al di sotto della maggior parte dei ministeri nazionali. Un quarto del personale è occupato nel settore linguistico, la cui importanza è dovuta al riconoscimento paritario delle nove lingue della Comunità.

Il Consiglio dei ministri, organo decisionale

Il Consiglio dei ministri della Comunità si riunisce a Bruxelles, più raramente a Lussemburgo. Esso ha il compito di stabilire le principali politiche della Comunità ed è composto di ministri per ogni stato membro, ognuno dei quali assume la presidenza, a turno, per un periodo di sei mesi. I partecipanti cambiano a seconda del- 1'ordine del giorno: i ministri nazionali dell'agricoltura, ad esempio, discutono il livello dei prezzi agricoli; i ministri del lavoro e dell'economia i problemi dell'occupazione. I ministri delle relazioni esterne assicurano il coordinamento del lavoro più specializzato dei loro colleghi, in concomitanza alle sessioni del Consiglio·e a riunioni specifiche, seguono inoltre lo sviluppo della cooperazione politica in materia di affari esteri.

Per alcune decisioni importanti si richiede ancora l'unanimità in seno al Consiglio. Nella pratica tale unanimità è stata ricercata frequentemente dai ministri quando niente la richiedeva veramente, il che ha rallentato il processo decisionale comunitario. La Commissione europea ha sempre insistito affinchè si faccia ricorso più frequentemente, come previsto dai trattati, al voto con maggioranza qualificata, cioè 54 voti su 76. La Repubblica Federale di Germania, la Francia, l'Italia e il Regno Unito dispongono in questo caso di 1O voti a testa, la Spagna di otto, il Belgio, la Grecia e il Portogallo di cinque voti ciascuno, la Danimarca e l'Irlanda di tre, il Lussemburgo di due.

Per aumentare l'efficacia del processo decisionale comunitario, l'atto unico che modifica i trattati europei prevede che il voto di maggioranza si estenda ormai ad alcune decisioni che interessano particolarmente il completamento del mercato interno europeo, la ricerca e la tecnologia, la politica regionale e il miglioramento dell'ambiente di lavoro.

La Corte di Giustizia a servizio del diritto

La Corte di giustizia, la cui sede è a Lussemburgo, è formata da tredici giudici assistiti da sei avvocati generali. La loro nomina, per un periodo di sei anni, viene decisa di comune accordo dagli stati membri. La loro indipendenza è garantita. In particolare la Corte ha il compito di: 

  • Annullare (su richiesta di un'istituzione comunitaria, di uno stato o di un privato direttamente interessato) gli atti della Commissione, del Consiglio dei ministri o dei governi incompatibili coi trattati;
  • Pronunciarsi, su richiesta di un tribunale nazionale, sull'interpretazione o la validità della disposizioni di diritto comunitario. Ogni volta che un processo mette in evidenza una contestazione a riguardo, le giurisdizioni nazionali possono chiedere alla Corte una decisione pregiudiziale. Esse devono farlo quando non vi sono altre istanze d'appello nello stato membro interessato.

Con le sue sentenze e le sue interpretazioni la Corte di giustizia favorisce l'emergere di un vero diritto europeo che si impone a tutti: istituzioni comunitarie, stati membri, tribunali nazionali, privati cittadini. Nel campo del diritto comunitario l'autorità dei giudici della corte prevale su quella dei tribunali nazionali. In caso di negligenza da parte del Consiglio o degli stati membri la Corte ha potuto (su ricorso presentato da privati) riconoscere, ad esempio, effetti diretti sui principi dell'eguaglianza di retribuzione fra uomini e donne e del libero esercizio della libera professione nell'insieme della comunità.

Il Parlamento europeo e la partecipazione dei cittadini

Con le prime elezioni europee, nel giugno del 1979, il parlamento europeo non è più composto di delegati dei parlamenti nazionali (tranne a titolo provvisorio per Spagna e Portogallo), ma da membri eletti ogni cinque anni con suffragio universale diretto.

Il Parlamento europeo è formato da 518 membri: 81 per ognuno dei quattro paesi maggiormente popolati, 60 per la Spagna, 25 per i Paesi Bassi, 24 per il Belgio e altrettanti per la Grecia e il Portogallo, 16 per la Danimarca, 15 per l'Irlanda, 6 per il Lussemburgo.

I membri del Parlamento sono raggruppati politicamente e non in base alla nazionalità. Il 2 maggio 1986 avevano la seguente ripartizione: 172 socialisti, 119 democristiani del Partito popolare europeo, 53 democratici europei, 46 comunisti e apparentati, 41 membri del gruppo liberale e democratico riformatore, 34 membri del gruppo del rinnovamento e dell'alleanza democratica europea, 20 membri del gruppo arcobaleno, 16 delle destre europee e 7 non iscritti. Nonostante le sue ripetute richieste, il Parlamento non dispone ancora di poteri legislativi analoghi a quelli delle assemblee nazionali: nell'attuale sistema comunitario l'iniziativa viene presa dalla Commissione e il Consiglio adotta la maggior parte della legislazione comunitaria. Il Parlamento tuttavia:

  • dispone del potere di far dimettere la Commissione con la maggioranza dei due terzi;
  • controlla la Commissione e il Consiglio, dei quali discute i programmi e i rapporti e a cui rivolge interrogazioni scritte e orali spesso incisive (nel 1985 sono state in tutto 4599);
  • è chiamato ad esprimere un parere sulle proposte della Commissione prima che il Consiglio possa pronunciarsi sul testo rivisto dalla Commissione. Inoltre l'atto unicq che modifica i trattati europei prevede una procedura di cooperazione, in particolare in materie relative al diritto dei cittadini di lavorare nel paese membro di propria scelta, al completamento del mercato interno europeo, alla ricerca e alla tecnologia, alla politica regionale e al miglioramento dell'ambiente di lavoro. 
    Tale procedura obbliga il Consiglio e la Commissione a tenere in considerazione gli emendamenti del Parlamento, ma l'unanimità del Consiglio ha l'ultima parola. D'altra parte l'accordo del Parlamento verrà ormai richiesto per la conclusione di accordi internazionali e per ogni ulteriore ampliamento della Comunità;
  • dispone di poteri di bilancio che gli consentono di partecipare alle decisioni più importanti che comportino spese a carico della Comunità.
    È infatti il Parlamento che adotta o respinge il progetto di bilancio preparato dalla Commissione e fissato dal Consiglio.
    1. per le spese, in particolare quelle agricole, che comportano impegni legali nei confronti di terzi, il Consiglio deve raggiungere la maggioranza qualificata per accettare o respingere le modifiche introdotte dal Parlamento, a seconda che esse aumentino o meno il volume globale del bilancio;
    2. per le spese non obbligatorie che si riferiscono a nuovi sviluppi della costruzione europea, il Parlamento dispone del potere di emendare a sua discrezione, entro i limiti di un margine di manovra che varia in rapporto all'evoluzione della situazione economica della Comunità e che può essere modificato di comune accordo con il Consiglio;
  • dispone del potere di esonerare la Commissione dall'esecuzione del bilancio, in altre parole, il Parlamento controlla la corretta esecuzione dei bilanci adottati;
  • ha potuto sviluppare, con il tempo, procedure di concertazione con il Consiglio e la Commissione in materia di bilancio ma anche per quanto riguarda le proposte con una rilevante incidenza finanziaria. In questo modo le istituzioni sono in grado di confrontare i rispettivi punti di vista e di cercare di avvicinarli prima di prendere posizione.

Il Comitato economico e sociale e il comitato consultivo

Prima che il consiglio adotti una proposta della Commissione, questa viene trasmessa per un parere, non soltanto al Parlamento europeo ma anche (nella maggior parte dei casi) al Comitato economico e sociale della Comunità, organo consultivo composto da 189 membri. Del Comitato fanno parte rappresentanti dei datori dilavoro, dei sindacati operai e di numerosi altri gruppi di interesse, come gli agricoltori e i consumatori. Nel 1985 ha emesso 98 pareri di cui 5 di sua iniziativa.

I problemi riguardanti il carbone e l'acciaio vengono invece sottoposti al Comitato consultivo della Ceca, composto da rappresentanti dei produttori di questi settori, negozianti, lavoratori e consumatori. Nel 1985, sulle 21 proposte presentategli dalla Commissione, il Comitato ha ritenuto opportuno emettere due pareri e tre risoluzioni. Numerosi organi consultivi specializzati permettono inoltre di associare gli ambienti professionali e sindacali allo sviluppo della Comunità. Spesso la Commissione consulta i dirigenti delle loro confederazioni europee con sede a Bruxelles, prima di dare una forma definitiva alle sue proposte.

Il Bilancio e la Corte dei conti

Nel 1985 le spese della Comunità hanno raggiunto la cifra di circa 28.4 miliardi di Ecu, vale a dire meno del 3% della somma spesa dal governo degli stati membri e, in media, circa 104 Ecuper ogni cittadino.

Il bilancio comunitario non è più alimentato da contributi nazionali, ma dalle risorse proprie della Comunità:

  • dazi doganali e prelievi agricoli riscossi sulle importazioni provenienti dal resto del mondo;
  • un prelievo sulla base imponibile comune dell'Iva riscossa nei paesi membri. Tale prelievo è stato recentemente portato da 1 ad un massimo di 1,4 %.

Va osservato che è possibile applicare misure correttrici ai versamenti Iva dei paesi con un eccessivo onere di bilancio rispetto alla loro prosperità relativa. In base a questo principio, lo scarto fra le quote del Regno Unito nelle spese della Comunità e nei suoi introiti Iva attualmente è ridotto di due terzi. Sono inoltre state previste misure transitorie in favore della Spagna e del Portogallo, che soltanto progressivamente beneficeranno dei vantaggi finanziari conseguenti alla loro partecipazione alla Comunità. Quest'ultima rimborsa quindi ai due nuovi stati membri parte degli introiti riscossi a titolo dell'Iva. Questa compensazione forfettaria, fissata per il 1986 all'87%, verrà ridotta progressivamente fino a scomparire del tutto nel 1992.

Le spese principali effettuate a titolo del bilancio 1985, calcolate in percentuale del totale, sono state le seguenti:

  • sostegno dei prezzi agricoli, ammodernamento dell'agricoltura, pesca: 73%;
  • aiuti agli investimenti nei settori dell'industria, dei servizi e delle infrastrutture nelle regioni sfavorite: 5,8%
  • interventi sociali, in particolare in materia di occupazione, formazione e reinserimento professionali, istruzione, cultura, ambiente e protezione dei consumatori: 5,7%
  • azioni comuni in materia di ricerca, energia, industria e trasporti: 2,6%
  • aiuti ai paesi del Terzo mondo: 3,7% (cui vanno aggiunte le spese fuori bilancio previste dalla convenzione di Lomè, che raddoppiano le somme disponibili);
  • spese di funzionamento: 4,7% che comprendono in particolare le retribuzioni di 19700 funzionari e agenti occupati nell'insieme delle istituzioni comunitarie, nonché gli edifici, le spese amministrative, di informazione ecc.

L'esecuzione del bilancio è sotto il controllo di una Corte dei conti, composta di 12 membri, designati di comune accordo e per un periodo di sei anni dal Consiglio dei ministri. La Corte dei conti è dotata di ampi poteri per verificare la legalità e la regolarità degli introiti e delle spese della Comunità, nonché la sua corretta gestione finanziaria.

Conclusione

Quello che precede è il quadro istituzionale quale risulta oggi in base alle norme del Trattato di Roma del 1957 e alle successive modifiche apportate dall'Atto Unico Europeo del 1986.

Il Parlamento europeo, come è ben noto, aveva adottato, nel 1984, dopo una lunga e fertile discussione, un Progetto di Trattato sulla Unione Europea che avrebbe dovuto sostituire in toto le norme del trattato di Roma del 1957 ritenute, non a torto, ormai largamente superate ed inadeguate per consentire alla Comunità di affrontare adeguatamente le sfide dell'era attuale. Una delle proposte più significative del Progetto elaborato dal Parlamento europeo era quella relativa alla ridefinizione del ruolo del Parlamento europeo stesso, il quale avrebbe dovuto divenire, così come avviene in tutte le democrazie parlamentari occidentali, l'organo centrale intorno a cui avrebbe dovuto ruotare la vita istituzionale della Comunità.

Questa proposta, che avrebbe veramente rivoluzionato l'attuale assetto istituzionale comunitario, non è stata accolta nell'Atto Unico (che, come si è visto si è limitato ad integrare alcune parti del Trattato del 1957) in seno al quale è stata prevista solo una limitatissima estensione delle competenze del Parlamento europeo in determinati settori attraverso la così detta procedura di cooperazione.

Oggigiorno, il problema centrale (anche se non esclusivo) della questione istituzionale comunitaria continua ad essere quello della definizione del ruolo del Parlamento europeo, unico organo democraticamente e direttamente eletto dal corpo elettorale europeo: ciò nella precisa convinzione e consapevolezza del legame strettissimo che sussiste tra riforma democratica della Comunità e completamento del processo di integrazione politica ed economica.

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