La politica della CEE per i paesi in via di sviluppo
Mentre il mondo politico italiano sta cercando affannosamente di individuare i mezzi più efficaci per un intervento del nostro paese in soccorso dei popoli africani che muoiono di fame, pochi si sono soffermati a riflettere sulla possibilità di una pressione massiccia del nostro paese sulle istituzioni europee per farle intervenire con maggiore determinazione di oggi, in questo campo in cui l'Europa può senz'altro fare molto di più che non i singoli paesi separatamente.
La politica della CEE nei confronti dei paesi in via di sviluppo si articola attualmente in due direzioni:
- Accordi regionali privilegiati e contrattuali che comprendono la convenzione di Lomé con 63 PAESI ACP (Africa, Caraibi, Pacifico), nonché accordi specifici con i paesi del Maghreb (Algeria, Tunisia Marocco), del Mashrak (Egitto, Giordania, Libano, Siria) e Israele. Gli accordi associano tutti i mezzi d'azione (commerciali, tecnici, finanziari, culturali); essi sono iscritti nei trattati internazionali ratificati dai vari parlamenti; i paesi beneficiari decidono autonomamente circa l'utilizzazione dei vari strumenti di cooperazione messi a loro disposizione. Questo tipo di cooperazione viene proposto a tutti i paesi di una stessa regione geografica.
- Accordi a livello mondiale che comprendono gli accordi commerciali di vario tipo con i paesi dell'Asia e dell'America Latina, il sistema comunitario delle preferenze tariffarie generalizzate l'aiuto finanziario e tecnico ai Paesi i'n via di sviluppo non associati, l'Aiuto alimentare di cereali e altri prodotti nonché le azioni specifiche come gli aiuti eccezionali d'urgenza, i fondi speciali e la lotta contro la fame del mondo (una linea speciale sotto questa voce è stata inserita per la prima volta nel 1983 nel bilancio comunitario).
La Convenzione di Lomè tra i paesi CEE e i 63 ACP e senz'altro l'esempio più importante di cooperazione tra paesi industrializzati e paesi in via di Sviluppo.
Giovanni Bersani, europarlamentare DC, è dal 1977 presidente della Commissione Paritetica Permanente della Convenzione. Bersani, uno dei pochi politici italiani che hanno scelto di dedicarsi «a tempo pieno» all'Europa, ha accumulato in questi anni un'esperienza in tema di cooperazione con i paesi più poveri del mondo forse unica nel nostro paese.
«Una delle politiche europee più rilevanti – sostiene Bersani – sia per il significato ed i contenuti che per lo stesso impegno finanziario, è proprio quella nei confronti dei paesi in via di Sviluppo anche una delle meno conosciute».
Quale ruolo ha svolto sin qui – chiediamo all'eurodeputato – la Convenzione di Lomè?
«Essa era considerata di fatto, all'inizio, come un adattamento delle misure di aiuto che le potenze europee praticavano nei confronti delle loro colonie. Nello spirito, tuttavia, del trattato e sulla base dei suoi principi, essa si è rapidamente inserita come uno strumento positivo ed un punto di riferimento credibile ai fini di una futura cooperazione, nel vivo del grandioso processo storico che in un quarto di secolo ha accompagnato tutto il terzo mondo (con /'eccezione, temporanea, della Namibia in Africa e di qualche residua posizione in altre regioni del mondo) dalla condizione coloniale all'indipendenza. Dal conflitto all'assistenza; da questa alla cooperazione; dalla cooperazione alla solidarietà: sono le tappe di una evoluzione che ha inserito l'Europa – purtroppo con forti limiti! – nel vivo del più grande flusso storico della nostra epoca».
Quali sviluppi ulteriori potrà avere in tempi brevi la cooperazione comunitaria con i paesi più poveri che oggi vivono il dramma della fame?
«Purtroppo la politica europea di cooperazione impegna tuttora solo l'11% delle risorse complessive che i Dieci dedicano alle loro iniziative verso i Paesi in via di sviluppo. La sua importanza è tuttavia tale da richiedere – come auspica il progetto di Trattato per l'Unione Europea – una ben più accentuata presenza comunitaria, tale da raccogliere non solo un diverso rapporto di mezzi, ma soprattutto una ben più forte volontà politica al servizio di un ruolo in cui l'Europa gioca, anche all'interdipendenza, una parte essenziale del suo destino».



















































