La Polonia è davvero giunta ad un bivio: il Paese che, per primo, dieci anni fa, a Danzica, iniziò una avvincente "lunga marcia" verso il potere, e che ha vinto questa scommessa l'anno scorso, fronteggia quest'anno tre difficili scommesse.
Come risanare un'economia allo sbando, con un debito da 30 miliardi di dollari.
Come vincere una paradossale apatìa politica della gente, di cui solo il 40%, tre punti percentuali in meno dei dati riferiti al referendum sulle riforme economiche voluto da Jaruzelsky nel 1987, è andata a votare per i propri amministratori locali nel giugno di quest'anno.
Come comporre o disciplinare la grande frammentazione politica che vive oggi Solidarnosc.
Dicono alcuni amici polacchi che il vero nodo di Gordio da sciogliere o tagliare è il primo: la popolazione polacca si è liberata politicamente del comunismo, ma non psicologicamente. Ed affronta il mercato con lo sbandamento di chi contestava un regime non credibile, ma non conosceva la parola "disoccupazione" ricevendo comunque un salario misero che ripagava con un lavoro mal fatto. Oggi, la riduzione di un terzo del salario reale ed una cura cavallina all'inflazione – un mese a due, un mese a tre cifre – sono le tappe di una via crucis inevitabile per uscire dall'economia pianificata.
Il dibattito ruota intorno alle due grandi opzioni: è possibile conciliare un processo graduale di ripresa con un'inflazione di questo tipo oppure non resta altra strada che una immersione radicale nel mercato con conseguenze prevedibili nel medio termine quali un milione di disoccupati a giro?
Il Fondo Monetario e gli esperti consigliano la seconda strada, ma il premier Mazowiecki sa che il controllo sociale del Paese è esercitato dal carisma di Walesa, ostile a questa ubriacatura liberista. Del resto, affermano i sostenitori del baffuto sindacalista come è possibile trasformare aziende statali in società per azioni quando nel Paese non esiste una Borsa e nemmeno istituzioni finanziarie? Come si fa ad introdurre il mercato quando non vi sono regole per disciplinarlo?
In attesa di un colpo d'ala, gli imprenditori più scaltri si sfregano le mani: diceva uno dei primi "neo-capitalisti" polacchi "tra poco, qui, avremo prezzi occidentali, ma stipendi africani".
La questione che ha invece animato il dibattito, anche sui giornali occidentali, è il futuro della leadership polacca. Preso atto della disponibilità del generale Jaruzelski di ritirarsi in buon ordine appena gli verrà chiesto, ci si interroga sulla evoluzione dei rapporti fra la componente politica legata a Tadeus Mazowiecki e quella di Lech Walesa.
Nella prima militano vecchie colonne della rivoluzione, alcuni anche ex-comunisti, come Kuron, Geremek, Michnik che hanno sostenuto fino a poco tempo fa la necessità di mantenere in Solidarnosc un solo blocco sindacale e politico: il primo guidato da Walesa, il secondo guidato da loro; il primo a Danzica, il secondo a Varsavia.
Replica Walesa, che ha minor controllo politico sui mezzi di informazione ma un enorme controllo sociale dovuto alla grande popolarità, che Solidarnosc rimane un grande sindacato, ma che, per evitare che questo si trasformi in un altro organismo soffocante, si deve dare vita ad un pluralismo partitico in cui ciascuno possa giocare le proprie carte. I media si sono scatenati nella etichettatura di questo dibattito: da un lato l'intellettuale Mazowiecki circondato da troppi uomini della sinistra laica, dall'altro il nazional-populista Walesa che tiene ostaggio il Premier in attesa di candidarsi alla Presidenza della Repubblica.
Qualcuno sottolinea anche la frattura generazionale: i più giovani spingono per il mercato, disposti a prezzi enormi nel medio termine pur di avere una prospettiva lunga di benessere e di consumismo, i più anziani temono di non sopravvivere tanto alle vacche magre da poter vedere l'epoca delle vacche grasse.
La vicenda degli ultimi mesi è stata incredibilmente complicata dalle mosse tattiche dell'uno e dell'altro fronte: Geremek, Michnik e Kuron hanno creato per le elezioni amministrative dei Comitati Civici venendo rimbeccati dai sostenitori di Walesa per la contraddizione di non voler pluralismo partitico ma di costituire poi delle strutture organizzative autonome; Bujak, leader di Solidarnosc a Varsavia, crea a sua volta il Movimento Civico di Azione Democratica. Così decifrare i risultati delle amministrative è una vera impresa: Solidarnosc sindacato prende l'1,8%, i Comitati Civici di Solidarnosc il 42%, i Comitati Civici indipendenti e regionali il 32%, i Contadini il 5%, il Partito del Lavoro il 4%. Eppure tutti partono dallo stesso background.
Nell'estate la situazione si è parzialmente schiarita: si sono delineate due alleanze diverse. Da un lato "Alleanza di Centro" che comprende la Democrazia Cristiana, i Liberali, i Contadini, i Comitati Civici di Solidarnosc ed altri gruppi minori. Dall'altro il "Movimento Civico di Azione Democratica" con la sinistra di Solidarnosc e gli intellettuali come Michnik o Bujak.
Si configura cioè uno schieramento all'americana con due poli tendenti entrambi verso il centro politico.
Nel frattempo la gente scommette su chi sarà il prossimo Presidente: chi dice Mazowiecki, chi dice Walesa, ma qualcuno non esclude terze candidature come quella di Geremek, di Stelmachowski o addirittura di Zbignew Brezinsky, consigliere polacco alla Casa Bianca.
Per ora Walesa e Mazowiecki coabitano. Il secondo ha avuto bisogno del primo per domare lo sciopero generale di giugno, il primo sollecita il Governo a introdurre le riforme promesse ma mai attuate. Su un punto i due si sono trovati d'accordo: sull'estromissione dal Governo dei comunisti il 6 luglio che ha azzerato gli accordi della tavola rotonda dell'anno scorso; la prossima primavera, probabilmente, si voterà in elezioni completamente libere. In questa situazione, Solidarnosc ha festeggiato il decimo anniversario della rivoluzione di Danzica.
La Polonia dopo il voto
Si tratta di un caso anomalo, poiché la Polonia ha la responsabilità di avere avviato il "domino" rivoluzionario del 1989.
Il 4 giugno 1989 – la notte della repressione a Tienammen – si è votato liberamente per un Senato di 100 membri con mandato biennale e per una Camera di 460 posti, il cui 65% dei seggi era però assegnato di diritto al POUP (si votava cioè per i1 residuo 35%).
I risultati sono stati sbalorditivi: al Senato, Solidarnosc ha conquistato 99 seggi su 100; alla Camera bassa, ha conquistato tutti i posti disponibili.
Il POUP, con l'8% della popolazione polacca tesserata al partito, ha conquistato il 3% dei voti.
Si attende la nuova Costituzione per il maggio 1991. Dovrebbero poi seguire nuove libere elezioni.
Ci si aspetta prima, invece, la rinuncia di Jaruzelski che aprirebbe la competizione per la Presidenza.
Presidente: generale Wojciech Jaruzelski (eletto dal Parlamento)
Primo Ministro: Tadeus Mazowiecki (Solidarnosc)
Membro del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, ha un debito estero di 30 miliardi di dollari.
Ha chiesto l'ingresso nel Consiglio di Europa.
Ha già stipulato accordi di cooperazione economica e commerciale con la Comunità economica europea.
Stazionano ancora in Polonia 40.000 militari sovietici, ma non ci sono al momento accordi per un loro rientro a casa.
































