Materiale di studio / Libri

Mino Martinazzoli, “Il limite della politica”, Ed. Morcelliana, 1985, pp. 138, L. 10.000

Nuova Politica - Mino Martinazzoli, “Il limite della politica”, Ed. Morcelliana, 1985, pp. 138, L. 10.000 pagina 25
Nuova Politica - Mino Martinazzoli, “Il limite della politica”, Ed. Morcelliana, 1985, pp. 138, L. 10.000

Il libro di Mino Martinazzoli è una raccolta di scritti del deputato bresciano pubblicati negli ultimi quattro anni sul «Popolo», sulla «Repubblica», sul «Giorno», sul «Giornale di Brescia», sul «l'Unità», su «la Discussione», su «Rinascita» e su «Confronto».

Rileggere queste pagine significa ritrovare per buona parte del libro l'eredità morotea. C'è un problema di fondo che lo stesso Martinazzoli pone nella sua premessa: «... L'esperienza della politica mi riduce sempre di più alle poche ragioni che possono giustificarla, nello scacco e nella speranza. Lungo questa strada ci si imbatte, inevitabilmente, nel «limite della politica», quello che a me pare così perdutamente negato». Il problema è cioé quello di ricondurre, continuamente, la politica alla vita concreta, alla quotidianità, alla coerenza tra mezzi e fini, all'onestà intellettuale. La politica non come ubriacatura ideologica, sottratta a tutte le «mistiche» totalizzanti, alla pretesa di ergersi a scienza onnicomprensiva, al disegno utopico di rinchiudere nella propria dimensione tutti gli aspetti della vita umana.

È anzitutto un invito a relativizzare, a mantenere, di fronte agli eventi della politica, quel distacco, quella libertà interiore che è una connotazione irrinunciabile dell'atteggiamento del cristiano. Poche sono le cose essenziali per il cristiano, ma le altre, opinabili e incerte, non sono indifferenti.

La complessificazione della vita politica italiana spinge Martinazzoli a non eludere i problemi con scorciatoie semplificanti, perché non esistono «risposte facili» a «domande difficili», perché «senza un'ostinazione di verità che leghi insieme ed ispiri i singoli gesti e le scelte quotidiane non c'è la speranza di un approdo».

La venatura lievemente pessimistica di Martinazzoli sullo snodarsi quotidiano della vita politica legato ad un ottimismo cristiano sul lavoro, sono i punti diversi e complementari della tradizione cattolico-democratica di cui Martinazzoli è partecipe.

Come ha scritto recentemente Paolo Giuntella, il libro di Martinazzoli ripropone una meditazione sulla politica evidenziando «l'etica della responsabilità, la rivoluzione dei comportamenti, la questione troppe volte elusa in campo cattolico della moralità dei mezzi, come nodo quotidiano dell'agire politico, in una tensione tutta laica, che esalta la laicità della politica, eppure assume scansioni religiose».

Martinazzoli fa sua nel discorso più entusiasmante del libro tenuto al convegno di San Pellegrino il 6 settembre 1984, «la radicalità dell'ispirazione cristiana nella nostra testimonianza civile».

Riprendendo l'ormai celebre passo moroteo secondo il quale è solo nella «accettazione incondizionata di una ragione morale che si sviluppa con coerenza il patrimonio della nostra identità ed il complesso degli impegni per il nostro tempo», Martinazzoli sottolinea come «la ricchezza, la peculiarità dell'ispirazione cristiana deve tradursi, sul terreno civile, nella consistenza di una ragione morale, poiché solo così riesce, per la parte che la riguarda, per tutta l'ampiezza della sua capacità di persuasione, ad incarnarsi nell'azione politica».

Chiaro è quindi il richiamo ad un atteggiamento interiore nel comportamento politico. Secondo Martinazzoli è «questa la misura che garantisce un terreno di confronto, e la composizione, nell'impresa comune, di identità altrimenti incomponibili». Anche sul terreno della politica, la sola politica non basta. Questo «di più» rispetto alla politica, che è spiritualità e vita interiore, cultura e ricco senso di umanità, impoverendosi o isolandosi ha impoverito anche la politica; è questo il messaggio che proviene dalla limitazione «laicale» della politica compiuta da Martinazzoli: «La speranza che intendiamo aleggiare – che non è una dolcezza ma una ostinazione – la speranza umana, cui il nostro stigma cristiano dà onore e valore, se non è del tempo, vive nel tempo. Questo tempo, che non rifiuterà s non lo rifiutiamo. Se decidiamo di viverlo per la nostra virtù, senza paura, senza. avarizie, senza inganni».

Attilio Danese, “Unità e Pluralità. Mounier e il ritorno alla persona”, Città Nuova, Roma 1984. L. 15.000.
Eugenio Galassi
Considerazioni elettorali di un esterno

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