Istituzioni

Il dilemma del voto: segreto o palese

Nuova Politica - Il dilemma del voto: segreto o palese pagina 6
Nuova Politica - Il dilemma del voto: segreto o palese
Nuova Politica - Il dilemma del voto: segreto o palese
Nuova Politica - Il dilemma del voto: segreto o palese
Dopo le polemiche contingenti, la necessità di un approccio non emotivo ad un istituto parlamentare delicatissimo.

Un approccio corretto alla questione dello «scrutinio segreto» in Parlamento impone per un verso di non lasciarsi fuorviare dalle polemiche che in queste settimane si sono sollevate dopo i ripetuti «infortuni» del governo Goria nell'iter di approvazione della legge finanziaria e di quella di bilancio; per l'altro di calare il problema, nel quadro di una riflessione più generale sull'assetto attuale e sulle prospettive di evoluzione della nostra forma di governo.

Altrimenti impostato il dilemma voto segreto-voto palese si presta a giudizi semplificatori, talvolta persino mistificatori, nonché a distorsioni suggerite dalle contingenti convenienze delle forze politiche: di quelle di opposizione, che vedono nello scrutinio segreto lo strumento privilegiato per far emergere i contrasti latenti all'interno di coalizioni di governo assai poco omogenee, ma anche di quelle di maggioranza, interessate a scaricare sulle capaci spalle del «franco tiratore», con sicuro impatto sulla pubblica opinione, la responsabilità del cattivo funzionamento dei meccanismi istituzionali e di ritardi e delle incongruenze nella attuazione del programma concordato.

In realtà, siamo di fronte ad un istituto di antiche e nobili radici, affermatosi nei Parlamenti del diciannovesimo se,. colo, quale naturale conseguenza dei modelli culturali di matrice liberale allora dominanti: il pieno riconoscimento delle libertà individuali, la decisa ostilità nei confronti di corpi associati diversi dallo Stato non potevano che tradursi, per il cittadino in Parlamento, nell'apprestamento di quegli strumenti che massimamente ne garantissero l'autonomia di giudizio e, fra di essi, in posizione non secondaria, il «diritto» al voto segreto.

La storia successiva è andata, come è noto, nel senso di un deciso superamento di quelle premesse culturali: l'intero nostro secolo è caratterizzato, nei più diversi campi, dell'inarrestabile affermazione del fenomeno associativo e, per quanto qui interessa, dal progressivo prevalere dei partiti e delle loto proiezioni parlamentari, quali incontrastati attori protagonisti dell'arena politica.

Il pieno riconoscimento del ruolo acquisito dai partiti nella determinazione della politica nazionale (cfr. art. 49 Cast.) non ha, peraltro, del tutto cancellato gli antichi principi: non a caso i costituenti hanno avvertito l'opportunità di inserire una norma (art. 67), solo apparentemente declamatoria, colla quale si è ribadito, in coerenza con la tradizione, che «ogni membro del Parlamento, rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato»: e, ad ulteriore garanzia, hanno stabilito (art. 68) che «i membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni».

E a ben vedere il dilemma voto segretovoto palese è da ricondurre a quello, ben più complesso, della posizione costituzionale del Parlamentare, rappresentante della Nazione nella sua unità, ma eletto in una lista di partito.

Regolamenti parlamentari

Tanto premesso, occorre riconoscere che i regolamenti parlamentari disciplinano la materia in modo alquanto contraddittorio.

Il regolamento della Camera dei Deputati, dopo aver affermato, in linea di principio, che «le votazioni hanno luogo a scrutinio palese o a scrutinio segretio» (art. 49), precisa che «la votazione per scrutinio segreto può esser richiesta in Assemblea da trenta deputati o da uno o più presidenti di Gruppi che, separatamente o congiuntamente, risultino di almeno pari consistenza numerica; in Commissione da cinque deputati o da uno o più rappresentanti di Gruppi che, separatamente o congiuntamente, risultino di almeno pari consistenza nella medesima commissione» (art. 51, comma II, nel testo modificato dall'Assemblea il 29.XI.1983).

Peraltro, mentre le votazioni per scrutinio segreto sono senz'altro escluse per le commissioni in sede referente o consultiva (art. 55), l'art. 91 ulteriormente stabilisce che, in ogni caso, la votazione sul progetto di legge nel suo complesso ha luogo per scrutinio segreto.

Disposizioni sostanzialmente, anche se non perfettamente, analoghe sono dettate dal regolamento del Senato.

Come, dunque, agevolmente si evince dalle norme fin qui richiamate, i regolamenti parlamentari pongono un principio, quello della «pubblicità» delle votazioni, derogabile caso per caso per iniziativa di minoranze qualificate, nonché nell'ipotesi di cui al ricordato art. 91, Reg. Camera.

Peraltro, la previsione di un limitato quorum di parlamentari sufficiente ad imporre lo scrutinio segreto, sommandosi all'opportunità, offerta alla opposizione, di aprirsi un varco, sfruttando il patologico malessere di maggioranze di governo sempre più nel tempo sfilacciate, ha finito col trasformare l' eccezione nella regola, vanificando così un principio, che, sia pure implicitamente, appare chiaramente affermato. Di qui, con maggiore vigore, in coincidenza col progressivo radicamento del fenomeno dei franchi tiratori, l'affermata esigenza di rafforzare la posizione del Governo in Parlamento, sempre più di sovente costretto a superare l'ostilità della «sua» maggioranza coll'ordinario ricorso a strumenti per loro natura eccezionali, quali il decreto-legge e la posizione della questione di fiducia. Ed invero, l'opportunità di modificare la disciplina del voto segreto ha finito per trovar posto finanche negli impegni programmatici di governo, ad esempio in occasione della formazione dello Spadolini-bis, nel quadro in più complessivo progetto di riforme istituzionali.

La materia ha costituito oggetto di discussione anche da parte della Commissione istituita dalle due Camere nel 1984 per formulare un'organica proposta di riforma istituzionale (c.d. commissione Bozzi).

Sul punto in questione diversi sono stati gli orientamenti all'interno della Commissione, dovendosi sciogliere preliminarmente il nodo relativo al- 1'opportunità, duramente contestata dal Partito comunista, di costituzionalizzare una materia tradizionalmente riservata all'autonomia regolamentare delle due Camere.

Proposte socialista e democristiana

Risolta positivamente detta questione pregiudiziale, due sono state le principali ipotesi prospettate al riguardo in Commissione: quella formulata dal gruppo socialista, intesa a costituzionalizzare il principio secondo il quale le Camere votano con deliberazione palese, lasciando al regolamento parlamentare di determinare i casi in cui, trattandosi di persone o anche nell'esercizio di attribuzioni non legislative, possano deliberare con votazione segreta; e quella dei gruppi democristiani, repubblicano e liberale, tendente ad escludere la votazione segreta per le deliberazioni che comportino spese e per altri casi eventualmente previsti dai regolamenti parlamentari.

Infine, la Commissione Bozzi, pur senza pervenire a posizioni univoche, si è risolta nel senso di proporre «di rafforzare la possibilità di ottenere votazioni per voto palese attraverso modificazioni dell'art. 81 (che disciplina la materia di bilancio, nda) che stabiliscano la prevalenza della richiesta di votazione palese rispetto a quella di votazione segreta per le deliberazioni che cm:µportino variazioni di spese o di entrate per il pubblico erario».

Il dibattito, come peraltro si evince dalle polemiche di queste ultime settimane, appare tuttora aperto a soluzioni diverse, anche se sembra ormai consolidarsi un generale consenso da parte delle forze politiche sulla opportunità di modificare la disciplina vigente.

Due sono, comunque, gli elementi di valutazione dai quali non sembra possibile prescindere: in primo luogo, si deve sottolineare come, a causa delle particolari maggioranze richieste, nessun correttivo, sia che si intenda costituzionalizzare la materia, sia che, più semplicemente, si voglia modificare le disposizioni regolamentari, possa essere introdotto in mancanza di un'intesa ampia tra i partiti, che veda coinvolta anche l'opposizione comunista.

In secondo luogo, si deve aver chiaro che un'azione riformatrice che si limitasse ad escludere lo scrutinio segreto dalle votazioni parlamentari non avrebbe come diretta conseguenza quella di «responsabilizzare» i parlamentari di fronte all'opinione pubblica, costringendoli alla «trasparenza», ma piuttosto quella di rendere ancor più penetrante e forze invincibile la già indiscussa supremazia delle segreterie dei partiti sugli snodi fondamentali della vita istituzionale.

Raggiungere equilibri più avanzati

Si tratta, allora, non di rompere gli equilibri faticosamente conseguiti, ma piuttosto di raggiungerne di più avanzati, riconoscendo al Governo gli strumenti di cui ha bisogno per attuare il programma concordato e al Parlamento quelle necessarie garanzie, che ne evitino la trasformazione in una camera di mera registrazione di decisioni altrove confezionate.

La soppressione, anche parziale, dello scrutinio segreto impone l'individuazione di meccanismi ulteriori, intesi a garantire al parlamentare, prevedibilmente esposto a pressioni e ricatti, piena libertà di dissenso; il che impone, in primis, una riflessione sull'opportunità di modificare il procedimento elettorale, anche sul versante della formazione delle liste.

A meno che non si ritenga che non soltanto lo scrutinio segreto, ma anche il Parlamento costituisca un residuo di parlamentarismo, un organo ormai da escludere dal circuito sostanziale del potere politico; ma se così è si ha il dovere di avvertire, affinché ognuno sappia per quale nuova strada ci si stia incamminando.

Come si vota negli altri parlamenti

Frequente fra i sostenitori del voto palese è la sottolineatura della anomalia del caso italiano, rispetto a quanto disposto dalla maggior parte dei Parlamentari stranieri.

L'osservazione è senz'altro esatta, ma da essa non è possibile far discendere automatiche conseguenze, trattandosi di comparare contesti politicoistituzionali non sempre omogenei e, talvolta, radicalmente diversi.

La precisazione è opportuna e serve ad evitare indebite omologazioni, quali potrebbe verificarsi ove, limitandosi l'analisi ai soli aspetti formali, si finisse per assimilare, per esempio, il Parlamento britannico a quello sovietico, considerando che entrambi escludono lo scrutinio segreto.

Ciò premesso, riportiamo sinteticamente i dati emersi da un'indagine recentemente pubblicata dall'Unione Interparlamentare, che raccoglie Paesi di ogni parte del pianeta e di diversa impostazione ideologica.

 

Tipo di votazione Numero di Paesi
1 Palese, salvo che nei casi in cui il regolamento o la stessa Assemblea prevedano diversamente 20
2 palese 33
3 palese, fatta eccezione per la nomina o l'elezione di funzionari pubblici 28
4 generalmente segreta 1
5 decisione della Presidenza 1
Totale 83

 

Fra i Parlamenti nei quali è in uso senza eccezione il voto palese troviamo: Argentina, Canada, Danimarca, Germania Federale (alla Camera ma non al Senato), India, Giappone, Sud Africa, Unione Sovietica, Gran Bretagna, Stati Uniti, Ungheria, Germania Democratica.

Notiamo come, con poche eccezioni, le deliberazioni parlamentari siano assunte in forma palese. Nella maggior parte dei Paesi presi in considerazione la votazione è palese, nel senso che essa ha luogo alla presenza del pubblico, che può così rendersi conto delle posizioni tenute da ciascun parlamentare; in altri Paesi lo scrutinio è palese nel senso che il modo in cui ciascun parlamentare ha votato può essere accertato, in quanto risulta registrato nel resoconto ufficiale delle sedute.

La pubblicazione analitica dei risultati della votazione non appare, peraltro, in ogni caso opportuna ed infatti è generalmente esclusa quando il Parlamento delibera nell'esercizio di funzioni elettorali.

In molti Parlamenti (ad esempio Algeria, Cipro, Spagna) lo scrutinio segreto è previsto in ulteriori circostanze, come quando si tratti di provvedere àl controllo delle credenziali o alla esclusione di un parlamentare.

C'è, infine, da osservare che sebbene la maggior parte delle deliberazioni vengono assunte a scrutinio palese, il ricorso a particolari modalità di votazione, rese necessarie dall'esigenza di abbreviare i tempi di decisioni, finisce coll'assicurarne un certo anonimato e, in mancanza di una registrazione, non è possibile accertare come ciascun parlamentare ha votato.

Ciò che avviene, ad esempio, in caso di votazione a viva voce, per alzata di mano, per alzata e seduta.

M.B.

Un pane per la libertà
Luisella Vaccato
La DC al bivio
Giorgio Merlo

Articoli correlati

Totale: 19
Il presidente
L'elezione del presidente della Repubblica deve essere un'occasione per ricercare una concreta solidarietà politica fra tutte le forze che diedero vita alla Costituzione.
Editoriale
La politica deve tornare ad essere testimonianza e coraggio di portare avanti i propri ideali. Per non essere sorpassati dal ciclone dei megatrends. I giovani soprattutto sono chiamati ad essere «la minoranza profetica» in cui credeva Maritain. Bisogna recuperare il proprio ruolo di guida dei processi di trasformazione.
Dibattito
Il costo delle campagne elettorali non permette di offrire le condizioni di partenza uguali per tutti, condizionando ingiustamente la selezione della classe dirigente.
Fede e politica
Iniziamo la rubrica del "Dossier del mese", con la relazione che padre De Rosa ha tenuto il 5 febbraio scorso all'Hotel Columbus di Roma, nel corso del Convegno "laici cristiani in politica", organizzato dall'on. Maria Eletta Martini, responsabile dell'incarico speciale per il collegamento con le realtà di comune ispirazione cattolica.
Dibattito
Si può applicare anche in politica la rivoluzione dell'amore di Cristo.