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«Il futuro della democrazia: una difesa delle regole del gioco» di Norberto Bobbio

Nuova Politica - «Il futuro della democrazia: una difesa delle regole del gioco» di Norberto Bobbio pagina 25
Nuova Politica - «Il futuro della democrazia: una difesa delle regole del gioco» di Norberto Bobbio

Rileggere criticamente le «trasformazioni» della democrazia, così come hanno fatto Pareto da destra (in «Trasformazioni della democrazia») e Johannes Agnoli da sinistra (in «Trasformationen der Demokratie»), porta ben presto alla disillusione conclusiva che «la democrazia non gode nel mondo di ottima salute». Aggiunge però Bobbio che «del resto essa non l'ha mai goduta anche nel passato, ma non per questo oggi è sull'orlo della tomba». Il fatto che la democrazia sia una forma politica dinamica – solo il dispotismo è uguale a se stesso – non esclude certo che anche in essa vigano alcune regole del gioco, in grado di definire modalità, ruolo dei giocatori, fini della partita: Si tratta allora di vagliarne il reale funzionamento dietro le quinte una prospettiva di una eventuale revisione.

Secondo Bobbio, la separazione tra gli ideali democratici e la «rozza materia» storica, che, di volta in volta, ha incarnato tali ideali, ha portato al mancato assolvimento di sei promesse:

  • la democrazia si pone come modello politico centripeto, ma partorisce sistemi politici centrifughi, come si dice oggi, pluralisti;
  • il concetto di rappresentanza politica distinto dalle altre forme di rappresentanza per la peculiarità del divieto di mandato imperativo, viene tradito quotidianamente dalla lotta tra interessi privati;
  • sono tuttora persistenti, e sono causa del tradimento della seconda promessa, oligarchie e gruppi di pressione, capaci di condizionare secondo la stessa logica del «do ut des», i portavoce della comunità;
  • ogni positivistica fiducia nella «computer-crazia» come strada per raggiungere la democrazia integrale è mera puerilità;
  • la democrazia non ha occupato tutti gli spazi decisionali della società, lasciando di conseguenza alcune zone franche, dominate da moduli di potere antidemocratici;
  • resistono all'interno degli stati democratici forme di potere invisibile: gli 'arcana imperii' del sottogoverno, del criptogoverno, del potere onniveggente (l'effetto perverso della computer-crazia secondo le previsioni orwelliane);
  • infine, la democrazia non ha svolto quella funzione promessa di educatrice dei cittadini.

Tre sono gli ostacoli che hanno impedito la felice congiunzione tra ideali e «rozza materia»:

  • l'ovvio divorzio tra principi tecnocratici (governo della tecnica) e principi democratici (governo del «popolo» a prescindere dalla competenza tecnica);
  • la burocrazia e burocratizzazione progressiva dei sistemi;
  • lo scarso rendimento delle democrazie, cioé quell'incapacità dei sistemi, (già rilevata da Offe in «Ingovernabilità e mutamento delle democrazie») di risolvere in proposte operative il dibattito politico, reso troppo complesso dalla quantità e varietà delle istanze sostenute.

Ciononostante la storia ha tutelato il contenuto minimo della democrazia: i giovani stati, nati sulla tutela dei diritti elementari dopo il secondo conflitto mondiale non si sono mai fatti guerra fra loro, né sono stati soffocati da regimi totalitari come dopo la guerra 15-18. La stessa cosa non si può dire per i regimi autocratici dell'Est. La liceità del dissenso dei movimenti d'opinione, l'esistenza oggettiva del pluralismo sono tutti sintomi della viitalità del sistema democratico. Bobbio inoltre polemizza contro l'approssimazione e l'incapacità propositiva della sinistra sui temi istituzionali, e in generale contro tutti coloro che non qualificano. al di là di suggestioni romantiche. cosa e come vogliono cambiare.

Il pensiero liberale, recentemente risvegliatosi, accusa il modellismo reale e il welfare state di tipo occidentale di avere gli stessi difetti dell'antico stato assoluto: spreco di risorse, burocrazia eccedentaria. perdita delle libertà individuali. Sul piano operativo però ripropone l'antico mito dello stato minimo, il laissez faire, l'antipaternalismo.

La sinistra storica, è alla ricerca disperata di una inesistente dottrina marxiana dello Stato, che non ricada nell'idea platonica della Comune di Parigi, o nel socialismo reale di stampo sovietico. L'estrema sinistra, d'altra parte, abolendo globalmente le regole del gioco, ha riportato alla luce la proposta socialista di rappresentanza organica e la tesi marxiana, desunta proprio dalla Comune di Parigi, del mandato imperativo. La prima si commenta da sola col maldestro referente storico dell'italianisssima Camera dei Fasci e delle Corporazioni, e con la sua simbolica riesaminazione repubblicana del CNEL. La proposta marxiana dal canto suo, invece di liberare la democrazia, la vincola ulteriormente, riducendo il rappresentante politico ad un mero portavoce. L'obbiettivo a medio termine non è quindi quello di passare dalla democrazia rappresentativa a quella diretta, quanto il trasformare la nostra democrazia politica in democrazia sociale.

La democrazia rimane quindi un tentativo storico di ricerca del «meglio» che procede per approssimazione e non si ammanta di infallibilità e perfezione. Essa – come diceva Churchill – rimane sempre «la peggior forma politica, escluse tutte le altre».

Questi e altri temi vengono affrontati nei sette brillanti saggi che compongono l'ultimo lavoro di Bobbio, «Il futuro della democrazia». Il filosofo torinese riprende così il discorso sul rapporto tra forme politiche e «dure repliche della storia» iniziato in questa stessa collana qualche anno fa con «Quale socialismo».

Rigore logico, sintesi, chiarezza linguistica sono alcune delle doti non comuni di questo aureo libretto, la cui lettura è caldamente consigliata, come momento di riflessione e stimolo per la nostra attività politica.

 

Norberto Bobbio
«Il futuro della democrazia: una difesa delle regole del gioco»
Nuovo Politecnico
Einaudi 1984
L. 12.000

«Il politico nella crisi 1962-1973» di Gianni Baget-Bozzo e Giovanni Tassani
Giorgio Merlo

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