«Il politico nella crisi 1962-1973» di Gianni Baget-Bozzo e Giovanni Tassani
La pubblicazione della sentenza del processo per l'uccisione di Moro, l'apparizione in libreria di un pamphlet e di studi su quest'ultimo, hanno riaperto il dibattito sulla vita e la morte, e sull'opera complessiva dello statista tragicamente scomparso nel maggio 1978. Anche in quest'occasione tornano alla ribalta interpretazioni profondamente contrastanti del ruolo di Moro nell'Italia repubblicana.
L'autorevole politologo Baget-Bozzo offre in questo saggio una interpretazione politico-culturale della figura di Aldo Moro in un'epoca cruciale dell'Italia contemporanea, dal Congresso di Napoli del '62 al Congresso del '73.
L'accento del libro è messo sul ruolo del leader democristiano come grande «costruttore», come grande realizzatore dello stato democratico in Italia, come grande artefice, attraverso il centro-sinistra e la solidarietà nazionale, dell'ingresso nella vita democratica delle masse legate alle sinistre marxiste, con il consolidamento per tale via della Repubblica e della Costituzione. Emerge chiaro dal libro anzidetto come l'opera di Moro per il radicamento in tutta la società italiana della Repubblica democratica, abbia affondato le sue radici nella specificità di una cultura cattolicodemocratica, capace di individuare anche attraverso un «governo sapienzale», i punti di raccordo con le altre culture politiche e antropologiche del nostro Paese: e questo a proposito della finalizzazione della democrazia alla realizzazione della persona umana in tutte le sue dimensioni, sulla. base del «metodo della libertà» e dell'affermazione per tale via della giustizia.
Così come emerge chiaro che l'azione morotea abbia trovato il suo perno nella capacità di ridimensionare i limiti di un pluralismo sociale e politico fortemente polarizzato, facendo valere le potenzialità della distinzione tra ideologie e movimenti storici, e creando le condizioni per comporre le contrapposizioni frontali fra le grandi forze del Paese, e far assumere loro le responsabilità comuni e specifiche per l'avvento di una «democrazia compiuta».
In questo contesto diventa possibile, scorrendo le pagine del libro, avviare una valutazione della «mediazione» perseguita da Moro, che tenga conto della necessità di calare la medesima in un'esigenza, portata avanti dall'unità in poi dagli statisti più illuminati.
Emerge però, nelle pagine che compongono il libro, un limite – del resto comune a tanti anni – sul ruolo recitato da Moro nella recente storia italiana, che il nostro partito ha il dovere di spingere; la linea che, indulgendo a motivazioni d'ordine psicologico ed intellettualistico, mira a isolarne la personalità ed a contrapporla al contesto sociale e politico in cui essa è venuta operando.
Questa, del resto, è il volto rovesciato di un'interpretazione già formulata da A. Coppola nel 1976 nel suo libro «Moro» quando ricordava che, enfatizzando gli aspetti per così dire strutturali e necessitanti, tendeva a ridurne l'apporto ad una mera azione di copertura e di mediazione diplomatica, di fatto prigioniera dell'esistente.
Un'interpretazione, quella di Gianni Baget-Bozzo, comunque, da leggere e studiare criticamente.
Gianni Baget-Bozzo e Giovanni Tassani
«Il politico nella crisi 1962-1973»
ed. Sansoni (Firenze)
pagine 564
L. 40.000











