Lungo il cammino di Moro, oltre Moro
Volontariamente, abbiamo atteso il termine della congerie di commemorazioni di Aldo Moro, nel tentativodi sfuggire alla ritualità di talune di esse, con la volontà di non indulgere a ricordi «mediati», a semplici citazioni, o anche a pessime «citazioni di citazioni». Lo dovevamo ai nostri lettori, per lo più giovani che non hanno avuto la fortuna di conoscere Aldo Moro in vita, ma lo dovevamo soprattutto a noi stessi, nel tentativo di «autoformarci» scoprendo cosa significa per un giovane democratico cristiano di oggi l'esperienza dello statista pugliese ed i terribili giorni della sua tragedia, quei 55 giorni d'angoscia che, spesso, sono stati per molti della «quinta generazione» dc, il viatico alla politica.
La vicenda giudiziaria
Non è quella che qui ci interessa, anche se non ne disconosciamo le risultanze e le analisi che pure molto hanno di politico. C'è stato più di un processo e le sentenze sono da tutti conosciute. Rimangono dubbi e misteri ancora da chiarire e se li abbiamo tralasciati negli articoli e nei piccoli saggi proposti da «giovani a giovani», non è per dimenticanza certo, ma semplicemente per una scelta effettuata nel dare il «taglio politico» al numero speciale. Sappiamo (o crediamo di sapere) che non è mai esistito un «grande vecchio» del terrorismo; che il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro rispondevano senza dubbio ad una linea consapevole delle Brigate Rosse. Ma crediamo di capire anche che la gestione politica del sequestro, dal 16 marzo 1978 in poi, si avvalse di «sovrapposizioni esterne» forse mai lontanamente (o volontariamente) immaginate dalle BR. Opinioni, forse, ma anche dati di fatto: sette dei nove membri del CESIS, l'organo di coordinamento dei servizi segreti militare e civile erano iscritti nella Loggia P2 di Licio Gelli e ben cinque degli alti ufficiali che facevano parte del ristretto comitato politico-tecnico-operativo insediato al Viminate subito dopo il rapimento erano anch'essi nell'elenco di Castiglion Fibocchi. Basterebbe ripercorrere la storia di quei 55 giorni con queste ed altre certezze che allora non c'erano o ripensare al perché di tanto mistero ancora forte sul luogo di detenzione di Moro per capire che qualcuno vuol far comprendere, ancora, che non ha detto tutto e non lo farà neanche in futuro.
La vicenda politica
Quello che per noi conta, però, è la vicenda politica. Non vi è dubbio, come ha notato più di qualche osservatore che la fine di una politica con l'uomo che l'ha propugnata testimonia certamente della debolezza intrinseca (o voluta da settori ben precisi) di quella politica: l'allargamento coraggioso della base democratica in Italia con il coinvolgimento del partito comunista, il bene comune della Nazione messo in primo piano rispetto agli interessi egoistici di parte e di partito, l'attenzione ad una società che
«di crescita può anche morire» (discorso programmatico governo Moro-La Malfa 1974) sono tematiche drammaticamente superate in questi ultimi anni da un imbarbarimento della vita politica che permette al «mercato» e agli interessi forti di sopravanzare la sintesi politica. Per questo noi giovani dc dobbiamo coraggiosamente cominciare ad uscire dal rito delle commemorazioni per andare «lungo il cammino di Moro, oltre Moro», ben sapendo che ciò significa ridare nella nostra società il Primato alla Politica del bene comune, che vale a dire essere davvero «dentro il pensiero politico di Aldo Moro» come ci ha insegnato, in maniera indimenticabile, ed ora struggente, Roberto Ruffilli.











