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Nuova Politica - Un pane per la libertà
Bilancio dell'iniziativa del MGDC a favore del popolo cileno, dopo la manifestazione conclusiva di Firenze. Un gesto esemplare, che non deve rimanere occasionale.

Come uomini liberi, ci è impossibile dimenticare quanto è accaduto e quanto ancora oggi accade in Cile. È anzi nostro dovere dare voce alle aspirazioni e al desiderio di libertà e di democrazia del popolo cileno, il cui dramma rischia di non costituire più motivo d'interesse per i massmedia, troppo presi dalle tragiche notizie che giungono da tutto il mondo. Per meglio comprendere le ragioni della spietata dittatura militare che grava sul Cile, paese di oltre 10.000.000 di abitanti (il 65% dei quali sono meticci, il 10% indios e il resto bianchi), è necessario rifarsi al suo passato, agli inizi degli anni 60, quando il paese viveva una situazione carica di tensioni sociali e politiche. L'economia infatti risentiva pesantemente della dipendenza dal capitale straniero mentre l'agricoltura soffriva per una struttura della proprietà ancora oligarchica e per una notevole arretratezza tecnica. A poco valse il generoso tentativo di realizzare una repubblica democratica da parte del democristiano Eduardo Frei, eletto presidente nel novembre del 1964, il quale diede vita ad un ardito esperimento economico e sociale, proponendo dapprima di raddoppiare, nell'arco di sei anni, la produzione del rame che costituisce il 70% delle esportazioni del paese e di aumentare la partecipazione cilena nelle grandi compagnie controllate per i due terzi dalle multinazionali straniere. Altrettanto importanti sforzi furono compiuti nel settore dell'istruzione anche se, in Cile, gli analfabeti raggiungono solamente il 6%, il che costiuisce un record tra i paesi dell'America Latina, e sul problema degli alloggi.

Successivamente, nei due anni di governo di Unità popolare, conseguiti alla vittoria alle elezioni della coalizione formata da comunisti, socialisti, democratico cristiani di sinistra e radicali, eletto (nell'ottobre del 1970) presidente della repubblica Salvador Allende, furono realizzate molte radicali riforme, come la nazionalizzazione delle miniere di rame e dal sistema bancario, la riforma fondiaria (furono espropriati circa 3.000.000 di ettari di terra) e si provvide a consistenti aumenti di salari per i lavoratori. Nonostante le crescenti difficoltà create dalla opposizione di destra, nelle elezioni del marzo del 73 la coalizione di sinistra, guidata da Allende, ottenne il 43% dei voti. Oltre alle gravi difficoltà economiche, persistevano tuttavia profonde lacerazioni del tessuto sociale che, sommatesi allo sciopero degli autotrasportatori, che mise il paese in ginocchio, e alle violenze degli estremisti fascisti, contribuirono a creare un clima di tensione che culminò nel drammatico colpo di stato militare che portò alla morte di Salvador Allende, trovato ucciso nel palazzo presidenziale e all'assunzione al potere del generale Augusto Pinochet Ugarte, capo di stato maggiore dell'esercito. Il Cile, divenne teatro di assassinii, rappresaglie, epurazioni e deportazioni che colpirono personalità politiche e semplici cittadini. Nel processo di «normalizzazione» furono impiegati carri armati e caccia boinbardieri. Nella sola università tecnica di Santiago, furono massacrati 600 giovani tra i 1200 asseragliatisi nelle aule. Lo stadio di Santiago, le cui immagini suscitano ancora oggi la nostra emozione, divenne un lager da dove migliaia di uomini, malnutriti e picchiati a sangue, sarebbero usciti soltanto per sparire nel nulla. Dai 30 ai 40.000 furono i morti che seguirono il golpe ma, ancora oggi, non si riesce a determinare con sicurezza il numero esatto delle migliaia e migliaia di persone «scomparse» improvvisamente, lasciando dietro di sé solo il dolore e la disperazione di madri cui non è concesso neppure una tomba su cui piangere e pregare.

Da allora sono passati 15 anni, ma la tragedia infinita dei «desaparecidos» tiene ancora in ginocchio il popolo cileno, incatenato dal terrore delle persecuzioni e privo di un diritto fondamentale per l'uomo: la libertà.

Come: giovani democratici cristiani, che fanno politica in un paese libero e democratico, è preciso dovere mettere a disposizione tutte le nostre energie, la nostra disponibilità e la nostra solidarietà a chi è oppresso, a chi è vittima di soprusi e di ingiustizie come il popolo cileno. Da qui il senso della nostra iniziativa «Un pane per la libertà», che si è rivolta a tutti coloro che credono nel diritto alla libertà, alla giustizia e che danno valore all'amicizia e alla solidarietà tra i popoli.

Non è un caso che il nuovo M.G.D.C. presentatosi al Congresso di Fiuggi, abbia scelto come prima iniziativa ufficiale questa campagna di solidarietà, per la quale si sono mobilitati tutti i giovani D.C., fino alla grande manifestazione musicale «Un canto per la libertà» tenutasi martedì 1° Marzo, al teatro tenda di Firenze e ripresa in diretta dalla RAI. Oltre ai più di 2000 giovani che gremivano la sala, erano presenti tra gli altri ospiti, il professore Antonino Zichichi, il ministro Emilio Colombo, e l'on. Gianni Rivera, Paolo Valenti, lo scrittore Sergio Saviane e Guillermo Junge.

Il ricavato dallo spettacolo, sommato alle offerte pervenute da tutta Italia, sarà utilizzato per consentire alla maggior parte possibile di cileni, di pagare i 400 pesos richiesti dal regime di Pinochet per il documento di iscrizione alle liste elettorali per le prossime votazioni da tenersi forse in autunno. Il referendum pro e contro Pinochet, infatti, se reso valido dalla partecipazione al voto di una gran parte della popolazione, può costituire realmente una possibilità, un primo passo, per riaquistare la libertà attraverso la non-violenza, nel tentativo di evitare l'esposione di rabbia di questa popolazione, che avrebbe· effetti incontrollabili per il paese e per tutto il tormentato continente latino americano. L'azione del movimento giovanile D.C. non ha voluto essere soltanto una raccolta di fondi da inviare al Cile, ma anche un richiamo dell'attenzione pubblica sul problema cileno per il quale la sinistra italiana spesso ha saputo organizzare manifestazioni più o meno tranquille, con grandi cortei carichi di rabbia e di amarezza ma assai privi di risultati concreti. Diverso è, invece, il nostro modo di agire _edi fare politica. A Fiuggi è nato un M.G. che, per usare le parole del neo delegato nazionale Simone Guerrini, intende «fare politica con la P maiuscola, non politichetta». Ciò comporta lo sforzo di essere presenti a tutti i livelli, di essere attenti osservatori della realtà internazionale, con posizioni ben precise e nette di fronte anche ai problemi di politica estera sui quali il nostro partito ha troppo spesso delegato al ministro degli esteri. Noi vogliamo essere attivi, incisivi in tutta la realtà che ci circonda, toccando tutti i temi che riguardano la mancanza di libertà, l'oppressione, le ingiustizie, le discriminazioni di ogni tipo, così come la sofferenza umana, sia essa dovuta alla solitudine, al disadattamento, alla mancanza di mezzi o alla violenza fisica e psicologica. In questo senso la campagna di solidarietà e amicizia a favore del Cile vuole essere un gesto esemplare, l'emblema di un modo di intendere la politica credendo fino in fondo che nessuno di noi potrà mai dirsi realmente libero se anche un solo uomo sulla faccia della terra è privo della propria libertà.

Il dilemma del voto: segreto o palese
Marco Baldassarri

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