Le malattie della sanità
Chiunque si appresti ad una riflessione sullo stato dei servizi di assistenza sanitaria nel nostro Paese, non può non muovere da un dato che emerge dalla comune esperienza: a dieci anni dal varo della legge di riforma sanitaria (23 dicembre 1978) l'insoddisfazione dei cittadini per la qualità e la quantità dei servizi resi è piuttosto aumentata che diminuita e non·appare in torto chi, riassumendo il quadro delle «emergenze» del Paese, colloca in una posizione di vertice proprio la «questione sanitaria».
Il dato assume ancora maggiore rilievo ove si consideri, da un lato, l'entità delle risorse pubbliche messe a disposizione dei servizi sanitari (superiore, in percentuale sul PIL, alla media dei Paesi Ocse) e, dall'altro di fatto che il sistema delineato dalla L. n. 833/1978 ha suscitato, nel momento del suo venire in essere, consensi pressoché unanimi, anche fuori dal nostro Paese.
Qual è, dunque, il male oscuro che affligge la sanità italiana? Il giudizio, naturalmente, non può non essere complesso, ma si ha netta la sensazione che ancora non sia stato possibile superare l'ampio gap esistente fra il disegno largamente innovatore della legge di riforma e la realtà, non del tutto incoraggiante, delle strutture politico amministrative del nostro Paese, per comprendere, dunque, il disagio di oggi io credo si debba risalire alle scelte compiute da un legislatore probabilmente animato da buone intenzioni, ma ciò nondimeno assai velleitario e, per molti aspetti, non immune da cedimenti ideologici.
La riforma, varata negli anni della solidarietà nazionale al termine di un serrato confronto parlamentare, ha costituito il punto di approdo di una serie di prowedimenti legislativi, con i quali era stato awiato, sia pure con grande lentezza e fra mille incertezze, un vasto processo di riorganizzazione delle strutture sanitarie, secondo parametri offerti dalle disposizioni costituzionali specificamente rivolte a disciplinare, anche se soltanto nelle grandi linee, la materia e, più ancora, da quelle che determinano la natura «sociale» della nostra forma di stato.
In particolare, ricordiamo la legge n. 296/1958, istitutiva del Ministero della sanità, che aveva assorbito le competenze fino ad allora esercitate dall'«Alto commissariato per l'igiene e la sanità pubblica», amministrazione autonoma posta alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri; la legge n. 132/1968, istitutiva degli enti ospedalieri, mediante il conferimento agli ospedali pubblici di autonoma soggettività giuridica: il DPR n. 4/1972, con il quale, conformemente al disposto di cui all'art. 117 Cost., si era proweduto al trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera; la legge n. 349/1977, colla quale era stata disposta la definitiva soppressione degli enti mutualistici aventi funzione di assistenza sanitaria; infine, in DPR n. 616/1977, il quale, completando il trasferimento di funzioni amministrative dallo Stato alle regioni, aveva più esattamente definito la nozione della materia «assistenza sanitaria e ospedaliera» (di competenza regionale) intesa come attività preordinata alla promozione, al mantenimento e al recupero dello stato di benessere fisico e psichico della popolazione, ed aveva, inoltre, proweduto al ritaglio delle residue competenze statali.
Al principio era riforma
È questo il quadro normativo all'interno del quale è maturata la riforma, colla quale è stato istituito il Servizio sanitario nazionale e si è inteso·dare concreta attuazione alla disposizione costituzionale (art. 32), secondo la quale «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività»; una norma, questa, che, come opportunamente è stato sottolineato, concretizza più un'«enunciazione di principio» che «un riconoscimento giuridicamente idoneo a dar vita ad una corrispondente pretesa e ad una conseguente tutela nei confronti dello Stato o di altra struttura pubblica, nell'ipotesi di inadeguato apprestamento dei mezzi per far fronte alle esigenze emesse alla piena salvaguardia di detto interesse» (Quaranta), ma che rappresenta, comunque, per il legislatore insieme un vincolo ed un indirizzo e contribuisce a determinare il carattere sociale della nostra forma di stato.
Il Servizio sanitario nazionale costituisce, dunque, lo strumento apprestato dal legislatore per rendere effettivo il diritto costituzionale alla salute.
Sul piano dell'approccio culturale la legge di riforma si pone, peraltro, un ulteriore ambizioso obiettivo: l'organizzazione e la gestione dei servizi di assistenza sanitaria debbono essere modellate nel rispetto dei principi della partecipazione e del controllo democratico e in modo tale da garantire la rigorosa uguaglianza dei destinatari del servizio.
Infine, il Ssn è impegnato a coordinare le attività svolte dal servizio sanitario pubblico con quelle dei centri privati di assistenza, che insieme concorrono ad assicurare la tutela della salute degli individui e della collettività.
Un particolare rilievo è attribuito, in questo quadro, alle associazioni di volontariato.
Si tratta, come facilmente si comprende, di enunciazioni assai impegnative che presuppongono non soltanto un'adeguata strumentazione normativa e gestionale, ma anche e soprattutto un radicale salto di qualità nella maturazione della coscienza politica e civile del Paese: su entrambi questi fronti deve francamente riconoscersi che molta strada deve ancora essere percorsa.
Non senza qualche amarezza si deve, innanzitutto, rilevare come nessuno, degli organi ai quali la riforma ha affidato il compito di concretizzare le finalità del Ssn sembra avere assolto con esiti soddisfacenti alle proprie funzioni: non lo Stato e le regioni, che sono apparsi incapaci di svolgere quella funzione di programmazione ed indirizzo, che la legge ha loro affidato, ma neppure gli organi titoli della gestione, le Unità sanitarie locali, non a torto imputate di inefficienza, sprechi, pratiche clientelari.
Le famigerate Unitarà Sanitarie Locali
In particolare le Usi, che costituiscono gli apparati organizzatori di cui i Comuni, singoli o associati, si avvalgono per l'organizzazione dei servizi e per l'erogazione delle prestazioni di assistenza sanitaria in favore della popolazione, stando all'esperienza sin qui maturata, sembrano aver tradito proprio quello che nella legge di riforma rappresenta l'elemento di maggiore novità e, cioè, la riconduzione al principio democratico e rappresentativo della gestione dei servizi sanitari.
È risultato, in altre parole, evidente che «la forma dell'Unità sanitaria quale organismo quasi comunale ispirato a criteri rappresentativi, voluta per ricondurre la sanità alla democrazia, sottraendola alle logiche particolari delle amministrazioni separate» ha in realtà riprodotto «in maniera degradata i difetti peggiori del sistema politico, offrendosi ai partiti – e peggio ancora alle loro strutture locali – come occasione di attribuzione di cariche, sulla base di pure con&iderazioni di potere e di influenza complessiva, quando non di puri. rapporti di vicinanza o clientela; ne consegue che proprio l'elemento politico, legittimato «in virtù della sua rappresentatività generale, tende oggi a venire delegittimato a partire dalla constatazione della sua profonda parzialità» (Falcon).
Le riforme alla riforma
Alla lamentata involuzione il legislatore ha, per la verità, tentato di porre rimedio, prima (legge n. 181/1982) con la introduzione, fra gli organi della Usi, del collegio dei revisori dei conti, al fine di assicurare un più accurato controllo della spesa, successivamente con l'approvazione della legge n. 4 del 1986, meglio nota come miniriforma Degan.
Con ·questo secondo provvedimento, significativamente intitolato «Disposizioni transitorie nell'attesa della riforma istituzionale delle unità sanitarie locali», è stato ridotto il numero dei componenti il comitato di gestione (l'organo esecutivo dell'Usl) e si è introdotto il principio in forza del quale essi devono essere scelti «tra cittadini aventi esperienza di amministrazione e direzione, documentata da un curriculum»; la nuova disciplina non ha, peraltro, migliorato le cose ed addirittura le ha peggiorate: non le ha migliorate perché il criterio curriculare si è dimostrato troppo evanescente per garantire adeguata competenza e professionalità all'interno dei comitati di gestione; le ha peggiorate perché ha sostanzialmente ridotto il ruolo delle minoranze politiche, prima necessariamente rappresentate all'interno dell'organo esecutivo, secondo l'orientamento consociativo prevalente nel Parlamento italiano nei tempi in cui la riforma era stata varata.
Se a ciò si aggiunge che la legge n. 4 ha al tempo stesso radicalmente limitato i poteri dell'organo deliberativo (l'assemblea) risulta difficile riconoscere la coerenza di un legislatore, che nel momento in cui esclude, con motivazioni in parte condivisibili, le minoranze politiche dalla gestione, ritiene anche opportuno togliere ad esse la possibilità di svolgere una efficace azione di controllo. Sommessamente pensiamo, e siamo certi che la cattiveria ci verrà perdonata, che il legislatore avesse piuttosto presente la situazione nel Veneto bianco che nella Toscana rossa, ma ciò nonostante non possiamo esimerci dal sottolineare come la minima riforma del gennaio 1986 abbia finito coll'aggravare quella condizione di separatezza rispetto ai normali canali del controllo e della partecipazione democratica, che sembra costituire, paradossalmente, il limite più grave ad una piena attuazione dei principi contenuti nella legge di riforma.
È probabile anche che il legislatore del 1986, introducendo il criterio curriculare e costruendo secondo i canoni tradizionali i rapporti tra organo esecutivo (comitato di gestione) e organo deliberativo (assemblea), abbia inteso, senza sconfessare l'idea guida della riforma (il controllo democratico sul. la gestione dei servizi sanitari), accogliere, sia pure parzialmente, le riserve formulate da chi addebita alla incompetenza e alla mancanza di professionalità dei «politici» la responsabilità dei mali della sanità italiana, ma questo era l'obiettivo del legislatore occorre serenamente riconoscere che esso è stato completamente mancato.
Resta, e questa è da condividere, l'esigenza di una mediazione, che renda compatibile l'esigenza di una gestione manageriale della azienda sanità, con quella altrettanto awertita di rendere trasparente e, dunque, democraticamente controllabile un servizio che non soltanto assorbe una larga fetta delle risorse pubbliche, ma che per sua natura mette in gioco i valori fondamentali della convivenza civile e i diritti inalienabili della persona umana; ne·consegue che il problema non è quello di escludere i politici dalla gestione della sanità, ma piuttosto quello di restituire agli operatori un ruolo attivo, prevedendone, intanto, la presenza nei comitati di gestione delle Uussll.
Naturalmente, la caratterizzazione in senso più marcatamente gestionale delle Unità sanitarie locali impone allo Stato e, soprattutto, alle regioni di interpretare con piena consapevolezza quel ruolo fondamentale di organi di programmazione, indirizzo e coordinamento, ad oggi sostanzialmente trascurato.
Vi è, infine, un ulteriore profilo che appare necessario considerare: le istituzioni della solidarietà perdono la loro capacità di respiro quando ad esse non corrisponde una forte partecipazione delle coscienze individuali.
Quando discutiamo di servizi sanitari dobbiamo sempre rammentare, a noi stessi e a chi ci sta accanto, che stiamo parlando del mondo delle sofferenze del nostro prossimo malato; e dobbiamo anche ricordare che non è in alcun modo possibile valutare i risultati gestionali dell'azienda sanità in termini di rapporto fra risorse impiegate e risultati conseguiti.
I diritti del cittadino malato
La «questione sanità» non è soltanto un problema di «sana amministrazione», ma costituisce, ancor prima, un impegno di solidarietà rivolto ai sofferenti, sul quale si misura e, in buona parte, si gioca la qualità dei rapporti all'interno di una comunità; e proprio su questo fronte non mancano, purtroppo, i segnali inquietanti; il mondo degli ospedali sempre più di frequente diventa il palcoscenico privilegiato delle crudezze della nostra epoca, suonando come minaccioso campanello d'allarme di un degrado che rischia di mettere a repentaglio le ragioni stesse della convivenza civile.
L'encomiabile volontariato
In questo quadro, segnato da gravi motivi di preoccupazione, ragioni di speranza sono suscitate dall'opera meritoria, e mai sufficientemente sottolineata, dalle associazioni di volontariato e di quelle che si battono per il riconoscimento e la tutela dei diritti del cittadino malato.
Le, prime, non di rado guardate con diffidenza dalle strutture pubbliche, rappresentano un patrimonio di solidarietà disinteressate, che in nessun modo deve essere disperso; a loro restano affidate due primarie funzioni: quella digarantire ai sofferenti quel conforto umano, che il «pubblico» non sempre è, purtroppo, in grado di offrire, e quella, altrettanto importante, di educare le nuove generazioni al servizio, secondo una scala di valori al cui vertice siede il rispetto della libertà e della dignità della persona umana.
Conclusivamente, vogliamo sottolineare il ruolo positivo di quel movimen o, nato sulla scia dei principi fissati nella legge di riforma e che ha trovato un sicuro punto di riferimento nel Movimento federativo democratico, che in questi anni si è vigorosamente battuto per il riconoscimento dei diritti del malato, denunciando ritardi, disservizi, sprechi, talvolta vere e proprie vessazioni.
Da questo motivo è partita la spinta decisiva per l'approvazione di leggi regionali, che pur essendo rimaste in gran parte inattuate, costituiscono tuttavia documenti di alto valore civile, sulla strada di un pieno riconoscimento dei diritti dei sofferenti.
Recentemente la «carta» dei diritti del cittadino malato, elaborata dal Movimento federativo democratico, è stata affidata al Parlamento italiano, tramite un'iniziativa di legge sottoscritta dai gruppi della Democrazia cristiana, del Partito socialista, del Partito comunista, della Sinistra indipendente, del Gruppo misto e di Democrazia proletaria: si tratta di un episodio assai positivo che ci auguriamo preluda ad una rapida approvazione della legge.
Anche questo sarebbe un importante passo in avanti nella attuazione di una legge, che postula non soltanto una riorganizzazione di strutture amministrativa, ma anche una vera e propria riforma delle coscienze.
Legge 23 Dicembre 1978, n. 833
Istituzioni del Servizio Sanitario Nazionale
TITOLO I
Il servizio sanitario nazionale
CAPO I
Principi ed obiettivi
Articolo 1
(I principi)
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale.
La tutela della salute fisica e psichica deve awenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana.
Il servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio. L'attuazione del servizio sanitario nazionale compete allo Stato, alle regioni e agli enti locali territoriali, garantendo, la partecipazione dei cittadini.
Nel servizio sanitario nazionale è assicurato il collegamento ed il coordinamento con le attività e con gli interventi di tutti gli altri organi, centri, istituzioni e servizi, che svolgono nel settore sociale attività comunque incidenti sullo stato di salute degli individui e della collettività.
Le associazioni di volontariato possono concorrere ai fini istituzionali del servizio sanitario nazionale nei modi e nelle forme stabiliti dalla presente legge.
Articolo 2
(Gli obiettivi)
Il conseguimento delle finalità di cui al precedente articolo è assicurato mediante:
- la formazione di una moderna coscienza sanitaria sulla base di un'adeguata educazione sanitaria del cittadino e delle comunità;
- la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita e di lavoro;
- la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali che ne siano le cause, la fenomenologia e la durata;
- la riabilitazione degli stati di invalidità e di inabilità somatica e psichica;
- la promozione e la salvaguardia della salubrità e dell'igiene dell'ambiente naturale di vita e di lavoro;
- l'igiene degli alimenti, delle bevande, dei prodotti e avanzi di origine animale per le implicazioni che attengono alla salute dell'uomo, nonché la prevenzione e la difesa sanitaria degli allevamenti animali ed il controllo della loro alimentazione integrata e medicata;
- una disciplina della sperimentazione produzione, immissione in commercio e distribuzione dei farmaci e dell'informazione scientifica sugli stessi, diretta ad assicurare l'efficacia terapeutica, la non nocività e la economicità del prodotto;
- la formazione professionale e permanente nonché l'aggiornamento scientifico culturale del personale del servizio sanitario nazionale.
Il servizio sanitario nazionale nell'ambito delle sue competenze persegue:
- il superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del paese;
- la sicurezza del lavoro, con la partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni, per prevenire ed eliminare condizioni pregiudizievoli alla salute e per garantire nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro gli strumenti ed i servizi necessari;
- le scelte responsabili e consapevoli di procreazione e la tutela della maternità e dell'infanzia, per assicurare la riduzione dei fattori di rischio connessi con la gravidanza e con il parto, le migliori condizioni di salute per la madre e la riduzione del tasso di patologia e di mortalità perineale ed infantile;
- la promozione della salute nell'età evolutiva garantendo l'attuazione dei servizi medico-scolastici negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola materna, e favorendo con ogni mezzo l'integrazione dei soggetti handicappati;
- la tutela sanitaria delle attività sportive;
- la tutela della salute degli anziani, anche al fine di prevenire e di rimuovere le condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione;
- la tutela della salute mentale privilegiando il momento preventivo e inserendo i servizi psichiatrici nei servizi sanitari generali in modo da eliminare ogni forma di discriminazione e di segregazione pur nella specificità delle misure terapeutiche, e da favorire il recupero ed il reinserimento sociale dei disturbati psichici;
- la identificazione e la eliminazione delle cause degli inquinamenti dell'atmosfera, delle acque e del suolo.
Pubblicata nel Suppi. Ord. alla Gazz. Uff. 28 dicembre 1978, n. 360.
Vedi, anche, le disposizioni contenute nel D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, riportate al n. RNII.
Legge 15 Gennaio 1986, n. 4
Disposizioni transitorie nell'attesa della riforma istituzionale delle Usi
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
Articolo unico
1. In attesa della riforma istituzionale delle unità sanitarie locali, gli organi delle stesse, previsti dal secondo comma, punti 1) e 2), dell'articolo 15 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni e integrazioni, sono così sostituiti:
a) l'assemblea generale è soppressa. Le relative competenze sono svolte dal consiglio comunale o dall'assemblea generale della comunità montana o dall'assemblea dell'associazione intercomunale costituita secondo le procedure previste dall'articolo 25 del decretò del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, in relazione all'ambito territorial di ciascuna unità sanitaria locale. Il numero dei componenti dell'assemblea dell'associazione intercomunale è determinato dalla regione e non può superare quello dei componenti assegnati al consiglio di un comune che abbia un numero di abitanti pari a quello dei comuni associati. I componenti dell'anzidetta assemblea sono eletti tra i consiglieri comunali dei comuni associati con voto limitato. Su proposta del comitato di gestione di cui alla successiva lettera b), il consiglio comunale o l'assemblea dell'associazione intercomunale o l'assemblea della comunità montana deliberano in materia di: 1) bilancio preventivo, suo assestamento e conto consuntivo; 2) spese che vincolano il bilancio oltre l'anno; 3) adozione complessiva delle piante organiche; 4) convenzioni di cui all'articolo 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; 5) articolazione dei distretti sanitari di base. L'approvazione anche con modificazioni di detti atti deve intervenire nel termine di quarantacinque giorni dalla trasmissione delle proposte;
b) il comitato di gestione è composto dal presidente e da quattro o sei membri, sulla base di quanto stabilito dalla regione secondo le dimensioni dell'unità sanitaria locale, eletti, a maggioranza, con separata votazioni, dal consiglio comunale o dall'assemblea della associazione intercomunale, anche fuori del proprio seno, tra cittadini aventi esperienza di amministrazione e direzione, documentata da un curriculum, che deve essere depositato, a cura di uno o più gruppi presenti nel consiglio comunale o nella assemblea della associazione intercomunale, cinque giorni prima della elezione. Qualora l'ambito territoriale della unità sanitaria locale coincida con quello della comunità montana, le funzioni del presidente e del comitato di gestione sono svolte rispettivamente dal presidente e dalla giunta della comunità montana.
1. Sono abrogate le norme incompatibili con la presente legge. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione ai principi della presente legge entro quarantacinque giorni dalla sua entrata in vigore. Entro i successivi quarantacinque giorni gli organi di gestione delle unità sanitarie locali devono essere rinnovati in conformità ai principi contenuti nella present legge.
La presente legge entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
3. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addì 15 gennaio 1986
COSSIGA
Craxi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Degan, Ministro della sanità

























