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La situazione economica del Meridione secondo l'annuale rapporto Svimez. Marcata flessione del tasso di crescita. Gli interventi della legge 64.

Anche quest'anno la Svimez (agenzia per lo sviluppo del mezzogiorno, presieduta da Pasquale Saraceno) ha presentato, a Palermo il suo rapporto annuale e, come sempre accade in questa occasione, alla presenza dei soggetti più autorevolmente impegnati in direzione dell'emergenza mezzogiorno, si sono potuti cogliere gli aspetti evolutivi corretti del sud nell'arco dell'ultimo anno ed effettuare una analisi comparativa con il resto del paese.

La situazione del mezzogiorno, come dalle fitte pagine del rapporto, è apparsa indubbiamente molto pesante. Se il 1987 si è rivelato un anno positivo per il nostro paese con una crescita del prodotto interno lordo del 3,1% questo è merito esclusivamente della forte accelerazione del centro-nod, il cui tasso di crescita è stato del 3,6%. Nel meridione si può notare invece una marcata flessione, con un tasso di crescita del 1,6%, pari ad un valore inferiore alla metà di quello registrato nell'altra circoscrizione. Questo stato di fatto poi assume un aspetto ancora negativo se lo si confronta con la dinamica della popolazione: diminuzione dello 0,2% nel centro nord, incremento dello 0,4% nel sud. Altro segnale negativo, come si evince dal rapporto, è dato dalla crescita degli investimenti fissi che nel sud è quasi due punti percentuali inferiore a quella del centro nord; ed in presenza di un rallentamento così vistoso cresce parallelamente il fenomeno della disoccupazione, soprattutto giovanile. Circa, quest'ultimo aspetto si deve dire che la flessione occupazionale registrata nel paese risulta quasi tutta concentrata nel mezzogiorno dove gli occupati sono diminuiti di 30.000 unità rispetto al 1986. Anche nel settore delle opere pubbliche, tradizionale fonte occupazionale meridionale, l'incremento registrato a livello nazionale è esclusivamente concentrato al nord anche per effetto dei ritardi nell'attuazione dei programmi ordinari specie dell'Anas e delle Fs. Di fronte ad un quadro siffatto, quello che colpisce di più nel rapporto è che i dati negativi che vi compaiono non sono ormai più congiunturali; sono sempre capitati anni meno proficui con una alternanza dei cicli economici favorevoli e sfavorevoli. Vale a dire che il rapporto questa volta si presenta come un bilancio anticipato sugli anni 80, su un decennio che per il mezzogiorno deve considerarsi di complicata gestione. A titolo di esempio si può citare la debolezza dell'aspetto innovativo dell'apparato produttivo meridionale, dove l'industria ha dimostrato una mancanza di capacità di adeguarsi alla tendenza del costo del lavoro ad aumentare più il prezzo delle macchine.

Viste tali premesse e dati di questo genere è naturale chiedersi dove siano finite la legge 64 del 1986 e l'intervento ordinario per il sud. Circa l'intervento ordinario si può solo dire che su 85.450 miliardi di investimenti previsti nei bilanci ministeriali solo 4.700 risultano realmente riservati al mezzogiorno.

Per quel che riguarda la legge 64 si vuole ricordare innanzitutto che si tratta dello strumento legislativo sull'intervento straordinario nel mezzogiorno, una legge cioè che nel giro di nove anni (1987-1995) mediante l'attuazione di piani annuali e il coinvolgimento di tutti i livelli degli enti locali permette una erogazione di 130.000 miliardi per interventi straordinari nel meridione.

Considerando i dati relativi ai primi due anni si riscontra che per il primo piano dei 15.743 miliardi previsti ne sono stati utilizzati circa 3.000 e che per il secondo piano, quello del 1987 di fronte ad· una disponibilità di 30.000 miliardi ne sono stati impegnati poco più di 7.000, con una buona aliquota di interventi per i quali non valevano le procedure della 64 (piani di completamento).

Le valutazioni che si possono cogliere anche circa l'intervento straordinario non sono certamente positivi, ma bocciare la legge impietosamente, come ha fatto qualcuno (da ultimo un noto quotidiano romano) significa non rendere un buon servigio al sud. La legge non ha funzionato senz'altro nel migliore dei modi ma resta tuttavia una seria, forse l'unica possibilità di intervento rispetto al divario crescente nei confronti del paese.

Si deve innanzitutto capire, da parte degli amministratori, che l'intervento della 64 è un intervento straordinario; quindi utilizzare i miliardi messi a disposizione per i piani di completamento (come avvenuto per il 35% nel 1987) significa vanificare lo spirito della legge.

Finalizzare le risorse della 64 in direzione della crescita occupazionale, come avevano previsto gli esperti, significa innanzitutto utilizzare i finanziamenti per realizzare quelle infrastrutture tali da facilitare gli insediamenti medi e piccolo industriali nel sud, favorendo così, come a lungo hanno invocato i meridionalisti Fortunato e Saraceno, quell'intreccio con la grande industria già presente (Fiat-Montedison) tale da produrre un benefico incremento dei posti di lavoro.

Gli industriali hanno avvertito chiaramente che se il sud non ammodernerà le sue infrastrutture perderà senz'altro una occasione storica, anche in previsione del 1992 (abbattimento delle frontiere doganali) con la possibilità di investimento di capitale straniero. Modificare la legge significherebbe determinare un ulteriore paralisi; semmai è suscettibile di modifica la normativa di attuazione che ha determinato ritardi considerevoli. Il piano di attuazione annuale non deve essere una somma di opere da realizzare ma l'insieme dei progetti completi in tutte le loro parti e quindi esecutivi (il 20% dei progetti non ha superato l'esame per carenze nella documentazione e per il 65% si è richiesta un'integrazione).

Indispensabile deve essere lo snellimento delle procedure, d'altronde in questa direzione c'è già stato l'intervento del ministro per il mezzogiorno mediante l'istituzione di due commissioni, una per rendere più spedito il finanziamento e l'altra per semplificare le procedure riguardanti le opere pubbliche.

Far decollare il sud risulta operazione piena di insidie e difficile ma rinunciare alla 64, dopo il rapporto Svimez, significa senz'altro rinunciare all'ultima spiaggia.

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