Dalla rassegnazione alla speranza
Mezzogiorno prossimo venturo: ne abbiamo parlato con alcuni dei più impegnati e promettenti dirigenti provinciali MG dell'Italia meridionale.
Ne abbiamo parlato tanto ma ancora poco per l'entità delle questioni sul tappeto.
Ci sono problemi che valgono per tutto il territorio meridionale e problemi peculiari di più ristrette aree territoriali.
Valgono per l'intero Mezzogiorno le necessità di:
- sviluppare migliori e nuove professionalità;
- conoscere ed approfondire l'uso di nuove tecnologie;
- incrementare le crescite di nuovi insediamenti industriali parallelamente al loro indotto;
- supportare i bacini di sviluppo industriale con adeguate strutture sociali, per il tempo libero, per l'educazione e per l'assistenza sociale e sanitaria;
- favorire il sorgere di nuove strutture di servizi alle aziende;
- risolvere definitivamente l'annoso problema della classe imprenditoriale dell'accesso ai flussi finanziari, prestando maggiore attenzione alla questione del prime rate;
- favorire il sorgere di nuovi e seri strumenti di informazione a carattere localistico.
Ma queste necessità vanno correlate ad un piano di sviluppo interregionale connesso alle tendenze di sviluppo economico nazionale e dell'intero bacino mediterraneo; qui infatti va ad inserirsi il ruolo della conferenza delle Regioni Meridionali, necessario strumento di integrazione dei piani regionali di sviluppo e unico possibile interfaccia del Governo per l'analisi e la scelta degli interventi ordinari e straordinari nel Mezzogiorno.
Dobbiamo inoltre prendere atto dell'esigenza che vi sia un cambiamento di mentalità di quattro diversi soggetti.
Il primo soggetto è l'imprenditore meridionale che deve offrire una maggiore disponibilità al rischio, accettando magari di dividerlo con soci finanziatori e scavalcando quindi il concetto di "imprenditore-unico padrone".
Secondo soggetto è l'imprenditore del Nord che deve comprendere l'utilità della ripresa economica del Sud e la necessità di una integrazione fra l'esperienza e le risorse proprie e quelle dell'imprenditore meridionale.
Terzo soggetto è l'istituzione "partecipazioni statali": necessita infatti un suo intervento a favore di nuove attività produttive ritenute "futuristiche" dal piccolo e medio imprenditore privato, ma in realtà già attuali in sistemi economici produttivi più avanzati.
Ciò comporta una maggiore disponibilità al rischio che è comunque ridimensionato per un ente a partecipazioni statali che abbia connessioni con strutture produttive internazionali già intervenute nel settore in oggetto.
Un nuovo ruolo degli istituti a partecipazioni statali deve essere anche quello di intervenire come supporto in favore delle medie e grandi aziende in crisi per favorirne la riconversione industriale.
Il quarto soggetto che deve cambiare mentalità è il giovane lavoratore che, acquisendo una sua professionalità, deve prestarsi alla elasticità del mercato del lavoro.
Parla ora Rosalba Marchese, delegata provinciale di Potenza: "Bisogna puntare sullo sviluppo auto-propulsivo delle regioni meridionali e su di una autonoma capacità di gestire i flussi finanziari messi a disposizione dalle recenti leggi De Vito, N. 44, De Michelis-Gullotti senza perdere quindi un'altra occasione storica".
Aggiunge Pino Galati, calabrese, membro della direzione Nazionale MGDC: "In Calabria, più di altrove, si avverte l'assenza delle partecipazioni statali e la mancanza di una programmazione di nuovi insediamenti produttivi".
Donato Pennetta, Consigliere Nazionale MGDC, avellinese, ci fornisce invece una sua visione completa dello sviluppo nel Mezzogiorno: "La Campania è inserita in una posizione mediana rispetto alle regioni del sud, dove noi abbiamo regioni estremamente avanzate (come l'Abruzzo) che sfiorano i 7 milioni e mezzo di reddito pro capite, per arrivare a delle regioni con un reddito pro capite di 3 milioni e mezzo o 4 milioni, come per la Calabria. La Campania è agevolata dalla presenza di una classe politica che ha compreso che l'industria era possibile periferizzarla. Abbiamo quindi avuto una grande battaglia da parte della classe parlamentare e gli indotti non li abbiamo avuti solo lungo la fascia costiera ma anche all'interno.
Abbiamo quindi tre direttrici di grande sviluppo che sono guarda caso tutte e tre interne: Avellino, Matera e l'interno della Sicilia, mentre poi abbiamo una direttrice di grande sviluppo che è data dalla zona costiera abruzzese.
Anche la zona costiera pugliese non costituisce più un polo di grande sviluppo.
Una delle emergenze è rappresentata dalla incentivazione dei servizi sulle aziende ed in ciò un ruolo determinante possono svolgerlo le aziende a partecipazioni statali.
Il Mezzogiorno è arretrato per motivi strutturali: la crisi della partecipazione statale per esempio l'abbiamo vissuta di più al Sud che al Nord.
La crisi dei servizi è stata vissuta più al Sud che al Nord ed il Sud ha vissuto anche la crisi della prima lavorazione. La legge De Vito e la legge N. 44 vanno nel senso dello sviluppo perché al Ministero hanno capito che è possibile recuperare il gap rispetto al Nord ampliando la base produttiva e non ampliando l'organico della pubblica amministrazione''.
Francesco Sanna, delegato provinciale di Cagliari, ci parla dei problemi derivanti dall'insularità: "Viviamo in particolar modo il problema della formazione professionale poiché negli anni passati la Regione Sardegna ha sbagliato la scelta dei settori produttivi in cui qualificare i lavoratori.
Insularità significa pure un problema di trasporti anche per la necessità di sentirsi fino in fondo cittadini Italiani. Il problema dell'indipendentismo è molto attuale e nasce da una percezione più o meno giusta di distanza dallo
Stato dai problemi del meridione.
La proposta nostra è di considerare le zone geograficamente marginali, come la Sardegna, in una prospettiva unitaria rispetto al territorio Nazionale, per accedere ad un sistema di trasporti con prezzi equiparati a quelli di cui usufruiscono tutti gli altri cittadini Italiani nelle altre regioni".
Di parere parzialmente diverso è invece Paolo Colaianni, siciliano, capogruppo consiliare dc al comune di Enna: "Oggi ci troviamo di fronte ad una legislazione che io personalmente ritengo estremamente valida sul piano delle idee ma che difetta per quanto riguarda alcuni aspetti di natura tecnica: per esempio è necessario prevedere per la Sicilia un valido strumento di consulenza per la stesura dei progetti. e isolazionismo è ormai superato anche se le aree interne vivono ancora in uno stato di difficoltà".
Volendo tirare le conclusioni Pino Galati ci riafferma la necessità di continuare imperterriti sulla strada dell'intervento straordinario, mentre Donato Pennetta ci porta ad una sintesi sulle valutazioni fatte finora e ci offre le naturali conclusioni: "Il Mezzogiorno deve fare un salto di qualità; la Casmez ha svolto un ruolo importante nello sviluppo poiché ha creato quelle infrastrutture che l'intervento ordinario non avrebbe mai potuto produrre; però c'è stata una degenerazione negli ultimi anni di gestione della Cassa del Mezzogiorno, quando si è perso ogni tipo di programmazione, al punto di finanziare le opere più inutili di questo mondo solamente per mantenere in vita alcune promesse di parlamentari. e intervento straordinario deve mantenere il carattere della aggiuntività rispetto all'intervento ordinario.
La Conferenza delle Regioni Meridionali può essere un momento di grande raccordo fra intervento ordinario e intervento straordinario e un punto di riferimento per il Ministro del Mezzogiorno che con il nuovo dipartimento non coordinerà più solamente l'intervento straordinario ma anche quello ordinario.
Da una stretta collaborazione fra questo dipartimento e la Conferenza delle Regioni, ma soprattutto fra l'istituzione Regione e gli enti intermedi territoriali e non, penso che possa passare lo sviluppo del Mezzogiorno".












