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«Sistema» e «ambiente»: il rischio dell'incomunicabilità

Nuova Politica - «Sistema» e «ambiente»: il rischio dell'incomunicabilità pagina 25
Nuova Politica - «Sistema» e «ambiente»: il rischio dell'incomunicabilità

Sul n. 4 di «Appunti di cultura e di politica» è riportato il testo della relazione di Achille Ardigò al 7° Convegno nazionale della LEGA DEMOCRATICA, dal titolo «Trasformazioni sociali e riforme istituzionali».

La relazione del sociologo bolognese è stata dedicata alle trasformazioni sociali, in particolare alla descrizione di quelle «società complesse» nel gruppo delle quali rientra sempre più l'Italia.

«Società complesse» nel senso della crescente interdipendenza di tutti i segmenti costitutivi del sistema, dell'emergere di nuove soggettività politiche e di nuovi bisogni, di una sempre maggiore articolazione degli agenti sociali e dei centri di potere effettivo: questo significa di pluralismo ma anche di un di più di corporativismo, più diffusione ma anche più frammentazione del potere, più elasticità ma anche più ingovernabilità.

Da qui le due diverse vie per ridurre a ragione quella specie di piovra dai mille tentacoli che è la società moderna: la via lunga e paziente di chi propone un supplemento di partecipazione («partecipazionismo»), e la scorciatoia di chi si affida a una possibilità decisionale più rapida ed efficace («decisionismo», che è non solo e non tanto quello rinfacciato a Craxi dal PCI per il decreto, ma una tradizione di cultura giuridica ben più complessa, che va da Cari Schmitt a Gianfranco Miglio). Nessuna di queste ipotesi, per sè sola considerata, è sufficiente; è invece vero che sono entrambe necessarie, perché un sistema istituzionale non può fare a meno del potere – decisione e mediazione. È opportuno però superare le estremizzazioni di questa cultura, cioè l'abuso di assemblearismo e il verticismo, con una sintesi tra istanze partecipative ed esigenze decisionali.

In questo scenario si colloca il contributo di Achille Ardigò. Il sociologo bolognese, dopo aver affermato che il decisionismo non sempre è omogeneo alle società complesse, e che anzi <<può funzionare solo per brevi periodi, di discontinuità, di interruzione», ha assunto criticamente la distinzione di Nicklas Luhmann sistema-ambiente, paventando un loro divorzio e proponendo un rapporto tra questi due mondi che sia non più di «transazione» (come nel passato e, in parte, anche oggi) ma di «cooperazione».

Si vuol dire, cioè, che esistono due universi sempre più diversi e perciò sempre più incomunicabili: da un lato il «sistema», vale a dire il «paese legale», le istituzioni, il regno delle formalità procedurali e delle regole scritte e non scritte dello scambio politico, il luogo delle «persone che contano» che prendono le decisioni che contano, dall'altro «l'ambiente», che sarebbe il «paese reale», la società, quei «mondi vitali» in cui è gratificante eticamente e affettivamente e verificabile in rapporti inter personali «autentici», «spontanei», il luogo delle «persone di tutti i giorni» che sentono sinceri ed altruistici slanci ideali ed anche una gran «voglia di tenerezza».

Questi due universi hanno un loro linguaggio, un loro lessico, un loro messaggio; la manifestazione del 24.3 della Cgil o i 250.000 giovani del Giubileo ma anche la dichiarazione di Spadolini che «i Cruise di Comiso sono operativi», sono potentissimi messaggi-ambiente, esempio paradigmatico di linguaggio-sistema.

In questo scenario per Ardigò, c'è un pericolo e un possibile equivoco: il pericolo è l'incomunicabilità tra sistema e ambiente, il contrapporre a mondi vitali immacolati, istituzioni politiche sempre e comunque corrotte, il rifluire per la disillusione o nel più rassicurante «privato» o, nella migliore delle ipotesi, in forme di militanza esclusivamente sociale che esorcizzano il livello politico e si arrestano a progetti eticamente ricchi ma razionalmente miopi. L'equivoco è ritenere che la panacea stia ancora nella continuità tra società ed istituzione (modello neocorporativo) e non invece nella discontinuità tra questi due livelli. Se si vuole evitare questo divorzio sistema-ambiente, che è il vero pericolo mortale per le democrazie moderne, occorre da un lato del sistema, dall'altro rendere sensibile il 'sistema ai bisogni e alle domande dell'ambiente.

Solo a questo punto, per Ardigò, si può porre il problema delle riforme istituzionali, che lui considera, inutile dirlo, solo «un problema tra i problemi».

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