Partecipazione: scelta di cambiamento
Il problema della partecipazione politica è un problema reale che agita la vita delle società democratiche. Anche nelle società socialiste emerge una esigenza di partecipazione autodiretta e non manipolata dal potere ideologico, ma non riesce ancora ad esperirsi se non nelle forme del dissenso o brevi tentativi liberalizzanti ben presto repressi. In ambedue le società il problema pone, naturalmente in diversi termini, quesiti non solo di ristrutturazione delle istituzioni politiche, economiche e sociali, ma anche un laborioso ripensamento intorno a concetti fondamentali, che investono lo stesso significato di Stato e di democrazia e, coniugandosi con altri problemi pratici e teorici - quali il pluralismo, l'uguaglianza, il rapporto tra le classi sociali, il ruolo dei partiti e dei sindacati nella vita dello stato, il rapporto tra «pubblico» e «privato» - da decenni va stimolando non solo le diverse manifestazioni di partecipazione, ma anche la ricerca e le riflessioni di sociologi e filosofi della politica.
Mi sembra opportuno proporre qualche breve considerazione per precisare la qualificazione di «politica», attribuita alla partecipazione per raggiungere così due intenti: distinguerla innanzitutto da altre sue specificazioni, e in particolare dal concetto più ampio di partecipazione «sociale», e cercare nello stesso tempo di comprendere l'ambito del politico in tutta la sua specifica estensione.
Il primo intento nasce dalla constatazione che molti articoli, pur con lo scopo di trattare della partecipazione politica, finiscano per sconfinare nel più vasto terreno della partecipazione nei vari campi della vita sociale, che invece andrebbero meglio individuati. Oggi, che insieme alla società sono cresciuti anche gli individui che la compongono, l'uomo esige e realizza una più intensa partecipazione in tutti i campi della vita, da quello religioso a quello culturale, dal ristretto ambito aziendale a larghi processi economici della produzione e del consumo, dalla sfera famigliare al campo educativo scolastico, dai settori artistico, sportivo, ricreativo, ecc. Egli compie ciò accendendo il suo interesse e la sua consapevolezza mediante l'informazione, orientandosi nella scelta di valori e di idealità e agendo praticamente sia con una presenza individuale che utilizzando una miriade di formazioni sociali diverse, quali clubs, circoli, consigli di fabbrica e di parrocchia, comitati, cooperative, sagre ecc:
Tali forme associative si offrono come strumenti efficaci e talvolta obbligati affinché l'individuo esca dal suo isolamento non-partecipativo (apatia, asocialità, emarginazione), riesca a superare certi svantaggi della struttura sociale e si inserisca attivamente e consapevolmente in una o più dimensioni della vita sociale.
Oggi si comincia a partecipare perfino nella vita di alcuni mass-media quando questi danno spazio alle tribune aperte o alla posta dei lettori o quando la TV regola i propri programmi tenendo conto degli indici d'ascolto e di gradimento.
Tutto ciò non sembra chiaramente chiamarsi partecipazione politica. Indubbiamente alcuni settori influenzano la sfera propriamente politica, ma non costituiscono ancora terreno di partecipazione «politica», ponendosi in rapporto di interazione, ora in termini integrativi ora in termini dialettici.
Per chiarire il termine di partecipazione politica prendo le mosse dalle tesi di A. Pizzomo. Egli non ritiene sufficiente la definizione della politica come monopolio dell'uso della forza legittima (del potere) in un dato territorio (teoria weberiana), ma aggiunge anche la sfera extra-statuale, costituita dall'azione delle diverse solidarietà di classe, - borghese e proletaria - espresse in movimenti sociali e in organizzazioni di partiti e tendenti ad affermare nello stato i propri interessi e i valori che li sostengono.
Di conseguenza la partecipazione politica è l'azione svolta in solidarietà con altri per conservare o modificare il sistema dominante di valori-interessi. E il problema della partecipazione è insieme problema di consenso e di uguaglianza. Come si può dedurre rileviamo la centralità del consenso.
In tale centralità si ha l'esplicarsi dei rapporti fra reggitori della cosa pubblica e privati cittadini, rapporti non soltanto di potere ma anche di funzionalità.
Nasce poi il problema della scelta dei reggitori, o meglio ancora dei meccanismi che regolano tale scelta, delle cariche pubbliche nonché quello degli strumenti per la promozione organizzata di idealità politiche o per la difesa pubblica degli interessi privati. Possiamo definire pertanto la politica quel complesso di attività che riguardano «la suprema organizzazione normati va della società». Premesso questo, da quando è nato lo stato di diritto è possibile una partecipazione «libera, attiva consapevole» dei cittadini in tutte le espressioni del politico sopra indicate. Per ragioni di spazio non approfondiamo i gradi e tipi di partecipazione politica che possono comunque essere riassunti in: partecipazione costituente, dirigente delegante, cooperante e in ultimo possiamo includere anche la contestazione come un tipo di partecipazione che, quantunque sembri una non partecipazione, lo è solo in riferimento al sistema contestato e non già all'impegno politico.
È chiaro comunque che il partecipare politico non può essere inteso solo in relazione a questioni di potere da detenere, delegare, condividere, controllare o contestare. A fianco di essa c'è un'altra forma di partecipazione consistente in una serie di attività specificamente politiche ma svolte senza che il partecipante si proponga minimamente di raggiungere in un modo o nell'altro posizioni di potere.
La vita politica consiste anche nell'elaborare idee politiche, diffonderle, dibatterle. Consiste nel promuovere valori. Consiste nel proporre all'opinione pubblica un dato problema e nell'operare concreto per ottenere l'auspicata soluzione. È politica anche difendere certe libertà e certi diritti originari dell'uomo (libertà di pensiero di religione, di associazione, diritto al lavoro, alla pace) dalla interferenza del potere.
Ed è in questo ambito che deve esprimersi la partecipazione politica al Movimento Giovanile DC. Partecipare attivamente senza avere per meta la scalata al potere o divenire dei mestieranti della politica, ma per accrescere la coscienza politica, riattivare una filosofia della partecipazione che oggi sembra spegnersi anche in molti politici del nostro partito. Riusciranno le strutture del partito a consentire questo ai suoi giovani?












