Alla ricerca di una democrazia dei costumi
Muscoli guizzanti, spalle quadrate, pelle elastica, glutei sodi, gambe pronte allo scatto. Costruito a dovere, ecco l'identikit dell'uomo che può contare su una muscolatura armoniosa, un corpo proporzionato, piacevole da vivere e da offrire nei rapporti sociali e in quelli d'amore". L'Io citato dalla rivista Max, l"Io esiste" dei cartelloni pubblicitari è sempre meno una identità, sempre più una patologia che nel momento stesso in cui annuncia al mondo la propria forza, denuncia anche la propria spaventosa inconsistenza. È una faccia della società italiana degli anni 80, quella patinata e rampante degli uomini esclusivi, dei nuovi consumi, cui si contrappone – speculare e contraria – l'Italia dei 6 milioni di volontari che preferiscono alle palestre ed alle saune la Misericordia, il volontariato per handicappati, anziani e tossicodipendenti.
Un'Italia a due volti, dunque: narcisista, consumista e tendenzialmente superficiale; solidale, virtuosa, attenta ai bisogni post-materiali.
È uno dei molteplici dualismi di quest'Italia contemporanea. Il dualismo classico, secolare, tutto italiano e non esportabile, ce lo aveva spiegato molto bene Argan in un fortunato testo, "La nostra Italia".
Il nostro Paese – spiegava bene il sociologo – vive e si sviluppa trainato dal motore del "familismo ", dal senso di appartenenza ad un clan amicale o parentale che legittima ogni sforza e sacrificio nel proprio sistema privato, ma che non si concilia in alcun modo col sistema pubblico e con la nostra appartenenza ad una comunità nazionale. Per capirsi meglio: l'italiano si trova in questo Paese da troppo poco tempo per amarlo ed esserci abituato, si porta ancora nei cromosomi la diffidenza verso i dominatori (barboni, sabaudi, austriaci o carabinieri che fossero), non crede nello Stato e nelle istituzioni ma farebbe qualsiasi sacrificio per migliorare le condizioni di benessere del proprio gruppo, della propria famiglia. Parchi pubblici sporchi ma giardini privati eccezionalmente curati; ritmi messicani nel pubblico impiego, vigore coreano nei mille doppi lavori del pomeriggio. E si potrebbe continuare a lungo... Ecco spiegato – secondo Argan – come mai l'Italia venga data sistematicamente per spacciata, ma come possa essere in grado di recuperare nella propria dimensione privata e familistica quelle energie che invece ci consentono di progredire, pur mantenendo tutta la nostra diffidenza verso regole ed istituzioni.
Non è oziosa questa premessa sui comportamenti degli italiani. Alexis de Tocqueville, il lucido interprete della democrazia americana, sosteneva che la forza naturale di quel sistema
politico stava nei costumi che sorreggevano le leggi; costumi che venivano "prima" delle leggi e davano loro un senso. Così una legge si limitava a recepire un comportamento, non aveva bisogno di complessi apparati sanzionatori per le violazioni. "Un patto civile costretto a passare per mille cavilli e previsioni di singole fattispecie è una grandiosa finzione storica, è un patto tra uomini che in realtà non hanno in comune valori di fondo, e che dunque non sono in grado, alla fine, di stringere tra loro un patto vero".
Non è questa, forse, la chiave di lettura di un'Italia virtuosa in privato e viziosa in pubblico, di un'Italia lacerata dalle contese di campanile, dai mille interessi particolari?
Se così fosse, può essere di una qualche utilità esplorare rapidamente come ia nostra giovane Repubblica ha plasmato le proprie istituzioni al servizio dei propri cittadini, come ha interpretato la scommessa costituzionale della "solidarietà", quali problemi affronta oggi difronte ad una società mutata e come questa società reagisce alle inefficienze della macchina Italia. Un breve viaggio, dunque, fra i servizi pubblici, le istituzioni, la scuola, il lavoro per accennare poi alle risposte "virtuose" che la società ha espresso negli ultimi anni.














