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Per non dimenticare

Nuova Politica - Per non dimenticare pagina 107

Aveva richiesto un computer per organizzare meglio il proprio lavoro alla Squadra Mobile di Palermo, ma gli era stato risposto che l'informatica non è roba da poliziotti. Così stava convincendo amici e collaboratori a prendere la carta di credito dell'American Express che, dopo un certo numero di nuovi soci, regalava un modesto Commodore. Quando l'agente Zucchetto, poi ucciso dalla mafia, ricevette la propria carta di credito il commissario Nini Cassarà era morto da due giorni, assieme all'agente Antiochia. Prima di loro Boris Giuliano, il commissario Montana, gli uomini che avevano osato arrestare i fratelli Salvo, gli uomini che, in mancanza di meglio, compivano i pedinamenti con la propria Vespa per le vie di Palermo.

Quando Cassarà e Antiochia furono uccisi e si scatenarono le polemiche per la morte di Marino, la polizia si ribellò e chiese il trasferimento in massa.

Quanti sono stati i martiri della magistratura italiana nella spietata guerra con la mafia? Rocco Chinnici, saltato in aria assieme alla sua scorta, Cesare Terranova, il procuratore Costa, il medico legale Paolo Giaccone, eliminato perché si era rifiutato di falsificare la perizia che incastrava la cosca dei Marchese e dei Corleonesi nello sterminio della famiglia di Villabate, il giudice Rosario Livatino, ed ultimo – mentre compiliamo queste note – il giudice Scopelliti.

E non va dimenticato il tributo di sangue pagato dai Carabinieri, dall'omicidio del capitano Basile a quello del generale Dalla Chiesa e di sua moglie Emanuela nel settembre 1982.

Qualcosa si era mosso nella lotta alla mafia verso la fine degli anni 70: il patrimonio di informazioni della Commissione Parlamentare Antimafia che ricostruiva l'organizzazione quale corpo unitario e verticistico era stato ripreso, e da lì Chinnici, Basile, Giuliano ed altri erano partiti prima con l'incriminazione di Spatola e Inzerillo, poi con il rapporto del 162, base del primo maxiprocesso di Palermo.

Anche la politica, spesso sul banco degli imputati in questa regione difficile, ha immolato i suoi uomini migliori, provenienti da tutti gli schieramenti, nella guerra alla mafia: bastano per tutti Piersanti Mattarella, presidente della Regione, Pio La Torre, il cui nome identifica una delle prime leggi di controllo sui patrimoni illecitamente accumulati. Questo tragico elenco potrebbe continuare a lungo: imprenditori come Piero Patti e Libero Grassi che hanno rifiutato la legge delle tangenti, funzionari pubblici come Giovanni Bonsignore, assassinato perché ostacolava l'aggiudicazione di un appalto, agenti di scorta, autisti come Natale Mondo, scampato al primo attentato contro Cassarà, testimoni innocenti di omicidi, gente comune come Barbara Rizzo e le sue due bambine, atrocemente schiacciate dall'autobomba che doveva eliminare il giudice Carlo Palermo contro la facciata di un secondo piano.

E perché no, un pensiero alle decine di familiari di pregiudicati mafiosi, bambini, donne ed anziani, eliminati per vendetta trasversale contro i veri bersagli dei regolamenti di conti tra cosche.

Questo rosario di lutti pende pesantissimo al collo della società italiana che ha, quale primo dovere, quello di non abituarsi mai alla guerra di mafia, quello di ribellarsi ad una catena atroce che pare senza fine, quello di rendere omaggio a chi ha sacrificato la propria vita per una buona battaglia condotta a nome nostro. Per non dimenticare.

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