Editoriale

I giorni dispari

Nuova Politica - I giorni dispari pagina 3
Il prezzo economico e sociale della lotta alla mafia deve essere sopportato da tutta la comunità, non da pochi coraggiosi. Finalmente è giunta la risposta giudiziaria alla tracotanza mafiosa.

Qualcuno ha detto che stiamo vivendo giorni dispari. È vero, viviamo una quotidianità difficile e contraddittoria che ci spinge ad uscire dalle chiusure, dalle nostre certezze per raccogliere una realtà complessa da cambiare e rendere più confacente ai bisogni e alle aspirazioni di uomini liberi e consapevoli che le cose non mutano da sole, né esistono per fatalità, ma sono il portato dei nostri comportamenti, della nostra volontà di migliorare o di vivere nella barbarie. Questo va detto perché non ci si meravigli troppo se nei giorni scorsi a Palermo un gruppo di lavoratori in procinto di ingrossare la schiera dei disoccupati, ha manifestato con cartelli inneggianti alla mafia ed al lavoro che essa garantisce a differenza di quello che fa uno Stato che pur si proclama fondato sul lavoro.

Quella manifestazione rappresenta il consenso popolare alla mafia, una organizzazione criminale che garantisce un reddito a migliaia di famiglie approfittando del bisogno e della disperazione di chi vive uno standard di vita molto al di sotto della media nazionale, di chi ha sentito lontane quelle istituzioni che pure dovevano provvedere a rimuovere indigenze e necessità e non lo hanno mai fatto.

Ha ragione il sindaco di Palermo Luca Orlando: quello che è accaduto era prevedibile, da mettere nel conto. Rappresenta il rovescio della medaglia della lotta alla mafia.

È un prezzo che bisogna pagare, anche se è tanto più alto quanto meno incisiva è stata nel passato l'azione dello Stato nel rimuovere quelle forme di sottosviluppo economico e culturale che rappresentano ancora oggi un vincolo al miglioramento della qualità della vita nel Sud del Paese.

Ma è un tributo necessario perché la cultura mafiosa non ha mai rappresentato un bene per la comunità bensì un modo di arricchire pochi burattinai applicando la legge del più forte, il sopruso, uccidendo i nostri fratelli migliori, i più generosi, quelli che realmente si battevano perché tutti avessimo un avvenire più dignitoso e progredito.

È una vergogna che sul lavoro e sulle proposte della prima Commissione antimafia si sia lasciata cadere la polvere della dimenticanza, che abbiamo assistito a tante morti prima di veder dotare la magistratura e le forze di polizia di quel coordinamento e di quei mezzi da tempo richiesti invano.

Oggi avvertiamo tatti che qualcosa si muove, andiamo verso un punto di non ritorno e certi scandali difficilmente passeranno inosservati. La risposta giudiziaria alla tracotanza mafiosa è venuta anche con l'istruzione del maxiprocesso di Palermo che non deve diventare il processo alla mafia, ma uno dei tanti processi che dovranno tenersi per riportare alla luce vicende ancora torbide, complicità ecce/enti per troppo tempo rimaste in ombra.

Il prezzo economico-sociale della lotta alla mafia deve essere sopportato da tutta la comunità e non da pochi onesti e coraggiosi, altrimenti ripeteremmo gli errori del passato. Gli organi dello Stato e chi fa politica devono fare la loro parte sino in fondo, ci sono troppi silenzi e inefficienze da riscattare. Bisogna dare sicurezza e lavoro a chi vuole sottrarsi al ricatto mafioso; la scuola deve formare giovani consapevoli dei problemi dell'ambiente in cui crescono; creare o far funzionare quelle infrastrutture sociali che rendono possibile la convivenza civile. I partiti politici la smettano di essere apprendistato di furberie e mezzi per ottenere carriere immeritate. L'esigenza del rinnovamento è evidente: in questo senso la DC a Palermo ha imboccato la strada giusta.

Per questo lavoriamo tutti per far nascere una solidarietà tra i giovani, tra la gente, mossi dall'esigenza profonda di scrollarci di dosso schiavitù e condizionamenti per essere, domani, uomini liberi.

Vogliamo che i giorni dispari passino, che i conti tornino.

Atto d'accusa
Francesco Saverio Garofani

Articoli correlati

Totale: 9
Mafia
Il giornalista Corrado Stajano ha curato per gli Editori Riuniti la pubblicazione di un libro che racchiude i passi più importanti dell'ordinanza sentenza dei giudici di Palermo per il primo grande processo contro la mafia.
Intervista
Palermo, la città dalle mille contraddizioni, oggi ritorna alla ribalta ·non più per i suoi delitti di mafia o per il maxi processo, ma per un fermento del tutto nuovo: «la consapevolezza di essere protagonisti in una città che cambia».
A Palermo, nel "rinascimento" della politica
Una, dieci, cento italie
Una, dieci, cento italie