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L'altro esercito

Nuova Politica - L'altro esercito pagina 100

"Ci sono quelli che sparano, quelli che li coprono, poi al vertice, quelli che lucrano. Ai primi si arriva facilmente, ai secondi con difficoltà, al vertice dei ricchi quasi mai. I sicari sono temuti ma odiati, i politici non sono compresi, degli estranei. Ma gli uomini d'affari, loro, sono ammirati e amati da tutti. Il cuore del popolo batte col ricco." Sono parole di un immaginario re della Vucciria, il popolare mercato di Palermo, nel bel romanzo di Domenico Campana "L'isola delle femmine".

Forse qualcosa andrebbe rivisto in questa sintetica descrizione dei livelli della criminalità organizzata, qui raffigurata in un'Italia di fine 800, ma certamente gli emendamenti da introdurre non sarebbero migliorativi. E in fondo, fino a pochi anni fa, i nomi dei tre cavalieri di Catania (Rendo, Graci e Costanzo), dei fratelli Salvo, di boss mafiosi come Santapaola erano riportati frequentemente nelle cronache locali come alfieri di una imprenditoria sana e benefica per l'occupazione e la prosperità economica dell'isola. Non era ancora arrivata la stagione dei primi pentiti, Calderone, Buscetta, Contorno, non ancora le prime indagini del Csm sull' arrendevolezza di alcune sedi della magistratura siciliana, ma purtroppo dovevano anche esplodere ancora le polemiche sulle funzioni e sugli uomini del pool anti-mafia che avrebbero avvelenato molti palazzi ed avrebbero scosso seriamente la credibilità delle istituzioni.

La mappa delle cosche mafiose e camorriste muta in continuazione in una guerra permanente, ma non migliora.

Svanita la mafia degli uomini d'onore, certo da non rimpiangere, superata anche la guerra tra le cosche che spingevano verso il traffico degli stupefacenti e quelle che lo rifiutavano, la criminalità organizzata degli anni 90 si presenta con il duplice volto della violenza cieca che insanguina le strade per il controllo della microcriminalità sul territorio e quello del "doppiopetto" con cui si inventano complesse strutture finanziarie internazionali per il traffico delle armi e della droga ed il riciclaggio dei guadagni illeciti. La mafia degli anni 90 – afferma Sica – non ha più bisogno dei politici e degli imprenditori. I boss medesimi sono diventati politici ed imprenditori.

A Catania – ad esempio – sono operanti 213 società finanziarie, 80 delle quali costituite negli ultimi due anni, quasi tutte soggette a frequenti mutamenti di sede, composizione dei propri organi per sfuggire più facilmente alla Guardia di Finanza. Eppure Catania è nelle posizioni di coda della graduatoria nazionale nella produzione e nel risparmio pro-capite. I catanesi bene informati, guidando un amico forestiero per le belle strade del centro, possono indicarvi con certezza i proprietari reali dei più lussuosi caffè, night-club, boutique della città.

Mafia, camorra, 'ndrangheta o come ci invitano oramai i magistrati, le "tre mafie" possono contare su un vero e proprio esercito, armato fino ai denti e pronto a tutto, che ha seminato un numero di lutti proporzionato alla propria potenza di fuoco.

In 4 Regioni, la criminalità organizzata conta – secondo la polizia – su 464 cosche e un esercito di circa 16.000 affiliati, ma gode il fiancheggiamento di altre circa 100.000 persone, famiglie degli affiliati e piccoli pregiudicati. In campo contro questo fronte circa 250.000 uomini nelle forze dell'ordine: 100.000 poliziotti, altrettanti carabinieri, 50.000 finanzieri. Ma le mafie allargano la loro presenza anche al Nord permettendo alla Criminalpol di disegnare anche una mappa delle filiali del crimine: la 'ndrangheta prevale in Piemonte, mafia e camorra proliferano in Lombardia e Toscana, la Sacra Corona Unita pugliese fa la sua poco timida apparizione in altre Regioni.

La Confesercenti ha presentato al riguardo, nell'aprile di quest'anno, il proprio dossier "Estorti & Riciclati", un documento che cerca di dimostrare – dati alla mano su estorsioni, attentati dinamitardi e intimidazioni – come il 12% del Pil nazionale provenga dall'economia "cattiva": una cifra pari a circa 150.000 miliardi. Alcuni di questi patrimoni familiari sono stati censiti da altre riviste specializzate: secondo Il Mondo i primi cinquanta capi-cosca di mafia e camorra "fatturano" ogni anno quanto la Fiat (50.000 miliardi), li capeggia Carmine Alfieri, boss di Nola ricercato da 8 anni, con 1500 miliardi, seguito dal camorrista Nuvoletta con 1200 e da Salvatore Riina della mafia corleonese con 900. Anche secondo il mensile Fortune, la camorra campana ha superato la mafia corleonese con oltre 15.000 miliardi l'anno di affari illeciti. "Cifre stratosferiche – secondo il questore di Napoli – sempre di difficile verifica, ma sicuramente indicative".

Altrettanto spaventoso è il bilancio di vite umane sacrificate per il controllo di questo impero del crimine: dai 1030 morti ammazzati del 1989 nelle regioni ad alta densità mafiosa, si è passati ai 1189 del 1990, ma i soli primi 3 mesi del 1991 hanno registrato una crescita omicida del 54,9% rispetto all'anno precedente. Nello stesso periodo è aumentata la criminalità comune: le rapine, i tentati omicidi, le violenze carnali, i sequestri di persona, lo sfruttamento della prostituzione e quant'altro. Numeri che hanno consentito all 'Istat di definire il 1991 come "l'anno del crimine".

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