Ma chi l'ha detto che tutto il 1989 è stato un anno eccezionale?
Nei dibattiti, nell'opinione pubblica, man mano che l'anno si approssimava al termine, cresceva lo stupore per gli eventi europei in una sorta di dilatazione temporale che faceva dimenticare l'altro 1989.
Proprio così. Scorrendo le cronologie degli eventi, ci si rende conto della doppia faccia di quest'anno memorabile.
Da un lato, infatti, la catena degli eventi nell'Est europeo dura, con l'eccezione della Polonia e dell'Ungheria, dalla metà di settembre alla fine di dicembre: 100 giorni incredibili che mettono in ginocchio Germania, Cecoslovacchia, Romania e Bulgaria in una sorta di "gioco di domino", un inevitabile meccanismo di collegamento che lascia cadere i pezzi uno dopo l'altro. Dall'altro, però, non mancano le ombre: accanto al positivo negoziato di pace per il futuro della Cambogia, il 1989 vede l'acutizzarsi dell'Intifadah in Palestina, la disgregazione rapidissima della Jugoslavia e della secessione etnica in Unione Sovietica, disastri ambientali come quello della Exxon in Alaska, l'invasione di Panama, la guerra dei narcos. Ma soprattutto, il mondo comunista vive per primo la tragedia di Piazza Tienammen, 40 giorni che hanno tenuto l'intero pianeta col fiato sospeso fino all'epilogo nel bagno di sangue.
Se la politica del "condominio" fra le due superpotenze comincia a dare frutti, non tutta la comunità internazionale marcia sulle stesse direttrici. L'Europa riscopre una nuova stagione ma sono ancora numerosi i problemi degli altri continenti. La recente guerra del Golfo ci insegna che la fine della dialettica est-ovest non ha fermato il corso della storia; dopo tante parole, inizia il protagonismo, anche preoccupante in certi suoi aspetti, del sud del pianeta.











