Volontariato

Una nuova coscienza sociale per battere l'indifferenza

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Il volontariato non è la solita «pietosa carità». Secondo Mons. Agresti «la società del profitto deve riscoprire la categoria del dono».

Il volontariato da realtà sommersa e privata tende a porsi come alternativa o come integrazione delle prestazioni fomite dall'apparato burocratico, raccogliendo consensi sempre più vasti nel paese: diventa pertanto opportuna un'analisi approfondita e attenta a non cadere nella tentazione della esaltazione enfatica e del moralismo.

Colpisce l'allargarsi dell'area del volontariato in un periodo a prima vista caratterizzato dal disimpegno e dal rifugiarsi dell'individuo nella cerchia ristretta dei propri interessi personali e familiari. L'espressione del fenomeno è stata dimostrata anche dalla relazione svolta dai sociologi G. Rossi e I. Colozzi al recente convegno di Lucca, frutto di un lavoro condotto da una commissione insediata presso il Ministero del Lavoro.

Probabilmente la contraddizione indicata è solo apparente e mostra piuttosto lo spostarsi di spinte solidaristiche, sempre presenti nel corpo sociale, da alcuni campi d'azione ad altri.

In un passato non lontano infatti si riponeva nell'attività politica ogni speranza di liberazione delle categorie sociali sottoposte e dei popoli oppressi, oggi, dopo la caduta di molte illusioni, ci si rende invece conto di come l'esito alienante o liberante dei grandi cambiamenti della civiltà sia in fondo affidato soprattutto alle responsabilità che ogni soggetto sa assumere.

Il primato della «soggettività, dell'esperienza vissuta in prima persona senza mediazioni, oltre gli aspetti patologici, narcisistici, che sfociano nell'individualismo e nel consumismo (fino, in alcuni casi, al tragico sbocco della droga) ha questo risvolto positivo per cui la ricerca di identità del soggetto trova la sua risposta in un ideale di vita al quale corrisponde una adesione intima della persona e un impegno vissuto concretamente e direttamente.

Di qui il diffondersi del volontariato e se l'interesse delle istituzioni tende ad accentrarsi sul volontariato organizzato, non dobbiamo però dimenticare come questo fenomeno comprenda esperienzeassaidifferenti, disseminate nella società, spesso nascoste, radicate

nella vita di singole persone o di piccoli gruppi aperti all'accoglienza di chi è escluso, alla ricerca non dello svago effimero, ma del rapporto interpersonale fondato non sull'interesse reciproco, ma sulla condivisione, sulla gratuità, sull'impegno vissuto in comune. Riemergono quindi dimensioni umane sopite nel mare del consumismo dilagante e si intuisce come una ricerca più profonda della natura dell'uomo possa dare una risposta alla crisi di identità e di senso della vita di cui vediamo ogni giorno le tracce.

Mons. Agresti, citando il filosofo Adorno, della scuola di Francoforte, ha osservato come anche questo filone del pensiero sia giunto alla conclusione che «la società del profitto deve riscoprire la categoria del dono».

Il punto di riferimento principale dell'azione volontaria è costituito dall'espandersi, accanto ad un'area di persistenti vecchie povertà, della c.d. nuove povertà, tipiche di una società che ha in gran parte risolto il problema della sussistenza ma che vede il moltiplicarsi di forme di emarginazione e di alienazione vissute in silenzio, nell'anonimato in città senza volto: il progresso economico e il processo di urbanizzazione, producono la rottura di stili di vita, di consuetudini e di tradizioni radicate.

Questo fenomeno non tocca solo le grandi città, ma si pone come caratteristico del nostro tempo: osserva Harvey COX che un alto grado di mobilità, concentrazione economica e comunicazioni di massa hanno trascinato perfino villaggi rurali nella rete dell'urbanizzazione». I costi di questi cambiamenti vengono pagati dai soggetti più deboli, gli handicappati, gli anziani, coloro che male si adattano ai ritmi della nuova civiltà, i quali non trovano più una protezione nell'ambito della famiglia che rivolge sempre più all'esterno poiché i propri membri sono alla ricerca di attività lavorative in grado di consentire alti livelli di consumo. Inoltre la crisi delle tradizioni e il venir meno di una comunità intorno alla persona pongono il singolo individuo in una situazione di solitudine, al centro di una drammatica contraddizione tra le promesse ingannatrici della società dei consumi e la propria condizione esistenziale.

Si rende necessaria la creazione di nuovi modelli comunitari e l'adattamento ai nuovi bisogni delle spinte di solidarietà presenti nella vita di una società. Nello stesso tempo la pretesa del moderno stato assistenziale di coprire tutti i bisogni dell'uomo «dalla culla alla tomba» viene messa in crisi dalla richiesta di interventi non determinabili a priori, ma al contrario da adattarsi alle particolarità delle singole situazioni.

Assume quindi un ruolo sempre più importante non solo la preparazione tecnica del soggetto deputato a prestare un servizio, ma anche la sua preparazione interiore per affrontare situazioni umanamente delicate. Di qui la necessità, per l'apparato assistenziale, di aprirsi al concorso di forze provenienti
dall'esterno per realizzare i nuovi obiettivi che ha di fronte con strumenti adatti allo scopo.

Un importante riconoscimento di principio del ruolo del volontariato è contenuto nella legge 833 del 1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale. All'art. 45 di questa legge si dice esplicitamente che «è riconosciuta la funzione delle associazioni di volontariato liberamente costituite, aventi la finalità di concorrere al perseguimento dei fini istituzionali del servizio sanitario nazionale».

Il comma 5 dello stesso articolo afferma che «I rapporti fra le unità sanitarie locali e le associazioni di volontariato, ai fini del loro concorso alle attività sanitarie pubbliche, sono regolati da apposite convenzioni nell'ambito della programmazione e della legislazione sanitaria regionale».

Si tende in questo modo a realizzare una maggiore integrazione tra l'istituzione e il volontariato e si evita il pericolodella subordinazione all'indirizzo dell'ente pubblico e alla discrezionalità dell'amministrazione nella instaurazione del rapporto, tramite la convenzione, tra l'unità sanitaria locale e il gruppo di volontariato.

La traduzione nella realtà di questo modello è la strada che conduce non alla radicale trasformazione del c.d. welfare state ma al suo adattamento alla realtà in mutamento.

Ci si domanda se sia possibile configurare o meno un vero e proprio rapporto di lavoro tra il volontariato e l'ente pubblico o privato con il conseguente diritto a una qualche forma di retribuzione, seppur non del tutto corrispondente all'entità della prestazione lavorativa svolta.

È questo un campo molto delicato e dalle incerte prospettive, in relazione al quale tuttavia ci si deve liberare da giudizi mentali, come la esaltazione di una figura di volontario che si teme veder contaminato nel momento in cui vengono poste sul piatto della bilancia le sue specifiche esigenze di vita.

Si rischia così di non riconoscere le potenzialità di sviluppo del volontariato, la sua variegata conformazione e la sua possibilità di incidenza nel sistema in risposta ai bisogni della nostra società.

Se infatti l'attività volontaria è spesso relegata in una dimensione marginale. seppure necessaria e magari da un punto di vista esistenziale centrale. nella vita attiva di una persona, ciò non toglie che in alcuni essa possa costituire l'occupazione principale dell'individuo anche se solo per una fase transitoria della propria esistenza. D'altronde gli organismi di volontariato maggiormente strutturati hanno probabilmente possibilità di vita e di espansione solo se in grado di fare affidamento su un nucleo stabile e con una presenza continua intorno alla quale possono gravitare figure impegnate transitoriamente (v. obiettori di coscenza) o per periodi limitati della giornata o della settimana.

Dei due elementi che di solito vengono indicati come caratteristici dell'attività volontaria e cioè la gratuità della prestazione e il fine solidaristico (v. art. 3 del progetto di legge quadro sul volontariato n. 575 presentato al senato il 13-3-84 dal sen. Lipari ed altri) deve quindi divenire oggetto di discussione il primo, se si considera necessaria la presenza a tempo pieno o semipieno di soggetti dediti ad attività assistenziali richiedenti un particolare impegno e spirito di sacrificio.

Non è quindi da escludere del tutto la possibilità della instaurazione di un vero e proprio rapporto di lavoro tra il volontario e l'ente assistenziale, pubblico o privato.

Di gratuità potrà ancora parlarsi, intendendo con essa coinvolgimento totale della persona, la disponibilità al servizio al di là del tornaconto personale.

Possono essere utili le parole di Don Picchi fondatore e presidente del CEIS, nel libro intervista «Sulla droga e sull'uomo» «gratuità significa non cercare gratificazioni o interessi personali cd economici, di gloria o di prestigio. 

Alcuni volontari a tempo pieno sono remunerati ed è naturale: perché altrimenti come potrebbero pagarsi da mangiare o una camera dove dormire? Alcuni hanno marito o moglie e figli.

Ma sono stipendi bassi, quasi un simbolo delle spese di servizio, che non ripagano della disponibilità, degli orari continuativi, della qualità del lavoro; tutti tratti caratteristici di questa gratuità».

Si pongono comunque grossi problemi nella costruzione di un rapporto di lavoro che si stacchi dal modello tradizionale, volto a garantire la posizione del lavoratore (v. collocamento, disciplina del licenziamento) di fronte al datore di lavoro, mentre nel campo di nostro interesse si rende necessario prendere in considerazione la presenza di una terza persona estranea al rapporto, il destinatario del servizio.

Il risultato della prestazione svolta nel nostro settore non è qualificabile né facilmente controllabile e richiede una indagine sull'aderenza non solo esteriore ai fini dell'ente presso il quale il servizio viene assolto.

In altri termini la motivazione personale che spinge a svolgere un determinato servizio, mentre in altri campi è indifferente, qui diviene essenziale sia nel momento della costituzione del rapporto di lavoro che durante tutto l'arco della sua durata.

Pur ritenendo necessario evitare arbitri da parte dell'ente pubblico o privato (che ricordiamo non·deve perseguire fini di lucro) pensiamo quindi si debba in primo luogo prendere in considerazione la persona destinataria del servizio.

Se è vero che l'analisi delle motivazioni ha un margine molto ampio di insondabilità, è però anche vero che non è del tutto impossibile risalirvi. Già l'accettazione di determinate mansioni e il livello della retribuzione possono costituire degli indici seppur esteriori, dall'altra parte si pensi come in un campo quello dell'obiezione di coscienza la legge subordina la coscienza del beneficio da essa previsto alla presenza nell'interessato di «motivi dicoscienza attinenti ad una concezione generale basata su profondi convincimenti religiosi o filosofici o morali professati dal soggetto». (art. 1,2 L. 15-12-72 N. 772).

In conclusione, in un'epoca proiettata verso l'espansione dei servizi di ogni genere, crediamo si possa seguire la strada di ricercare nuove occupazioni rivolte a migliorare le condizioni di vita di chi ha bisogno e la qualità della vita di tutti.

 

BIBLIOGRAFIA

A. ARDIGÒ, Volontariato, welfare state e terza dimensione, «La Ricerca Sociale», 25, (1981).

P. DoNATI, Volontariato e nuove risposte alla crisi del welfare state: per una soluzione «stat1taria», «La rivista di servizio sociale», 2, (1983).

AA.VV.,:Volontariato, Ed. AVE, Roma 1982.

AA.VV., Il servizio nel sociale, a cura di M. Rachele Belloni, Boria, Roma 1984.

G. Rossi, Introduzione all'analisi sociologica del volontariato, «Studi di Sociologia», 3, (1980).

G. Rossi, La diffusione del volontariato in Italia, «Vita e Pensiero», Gennaio 1984.

C. M. MARTINI, Il volontariato nella pastorale della Chiesa locale, «Il Regno Documenti», 21, (1981).

AA.VV., Volontariato domani: la nuova legge, una nuova solidarietà, «Prospettive nel Mondo», maggio 1984.

 

Intervento del primo firmatario

Lipari: è urgente una legge quadro sul volontariato

Il fenomeno del volontariato ha assunto ormai, nella nostra esperienza sociale, una dimensione tale da rendere anacronistica la realtà del nostro sistema giuridico che, mentre in numerose leggi nazionali e regionali fa esplicitamente riferimento all'attività del volontariato, talora indicandone i meccanismi di raccordo con le istituzioni pubbliche, ancora lo affida – nella sua struttura di fondo e nelle sue necessarie tutele – alle alternative e ai rischi dell'interpretazione giurisprudenziale.

L'ordinamento giuridico dunque – pur con una serie di indicazioni normative inserite, in maniera indiretta e sfumata, in diversi contesti – già di fatto riconosce che le «faceto face relations», le relazioni non aventi altro fine che la realizzazione al meglio del rapporto interpersonale, sono segmento essenziale ineliminabile della traiettoria del diritto nel presente storico. Da questo punto di vista il riconoscimento giuridico del volontariato si pone al vertice di un nuovo spartiacque, aprendosi sul versante di un ordinamento che non si limita a regolare alcuni rapporti della vita di relazione, indipendentemente da ogni valutazione delle soddisfazioni dei singoli, ma si interroga sui problemi di qualità della vita ed offre la garanzia delle sue strutture alle risposte, molto personali e creative, che nei diversi contesti sono state offerte a tali interrogativi.

Il disegno di legge sottoposto all'esame del Parlamento intende fornire una normativa di garanzia (per certi versi una sorta di «statuto del volontariato») senza in alcun modo percorrere la via di una disciplina legislativa uniforme delle varie modalità organizzative che il volontariato è venuto assumendo nella realtà sociale: una legge sul volontariato non può ingabbiarne le forze espressive, condizionarne gli svolgimenti creativi, indirizzarne gli esiti. Può però contribuire ad offrire, anche a livello normativo, il modello significante di un nuovo solidarismo che guarda ad un mondo diverso di atteggiarsi del rapporto tra il cittadino e lo Stato.

Disegno di legge quadro sul Volontariato

Pubblichiamo il testo integrale del disegno di «Legge Quadro sul Volontariato» presentato nel marzo scorso dai senatori democristiani Lipari, Martini, Salvi, Bompiani, Colombo Svevo, Ceccarelli, Codazzi, Jervolino Russo, Pagani A., Romei R., Condorelli, Triglia, Scoppola, Ruffilli, Melotto, Colombo, V., D'Amelio e Mezzapesa.

«Nuova Politica» vuole aprire, con la pubblicazione del testo del disegno di legge, undibattitosul tentativo di riconoscimento giuridico del volontariato.

Art. 1

(Ambito di applicazione)

La presente legge disciplina lo svolgimento in organizzazioni plurisoggettive di attività di volontariato.

Art. 2

(Attività di volontariato)

Per attività di volontariato deve intendersi quella intrapresa e svolta spontaneamente e non in esecuzione di specifici obblighi o doveri giuridici, gratuitamente, senza fine individuale di lucro anche indiretto, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, nell'interesse del gruppo o di terzi, esclusivamente per fini di solidarietà.

Art. 3

(Gratuità dell'attività)

L'attività del volontario è gratuita e non può essere retribuita in alcun modo, nemmeno dal beneficiario.
Al volontario può essere corrisposto soltanto il rimborso delle spese effettivamente
sostenute e nei limiti precedentemente stabiliti dall'organizzazione di appartenenza.

Art. 4.

(Libertà di forma delle organizzazioni)

Le organizzazioni di volontariato possono assumere la forma giuridica che gli aderenti ritengono più adeguata al perseguimento dei fini di solidarietà.
Ove venga adottata la forma cooperativistica, l'atto costitutivo, oltre alle condizioni di cui ai numeri 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 5, non potrà riconoscere ai soci alcun dividendo, né consentire la spartizione di utili dovendo ogni profitto essere destinato ai fini di solidarietà sociale della cooperativa, anche mediante costituzione di riserve.

Art. 5.

(Struttura interna dell'organizzazione)

I rapporti tra il volontario e l'organizzazione di cui fa parte sono regolati, salvo diverse disposizioni di le e speciali, dalla disciplina propna dell'organizzazione soggettiva entro la quale si svolge l'attività di volontariato, nei limiti di compatibilità con lo scopo di solidarietà.

In ogni caso lo statuto o l'atto costitutivo dell'organizzazione devono prevedere:

vedere:

1) che la nomina, per la durata non superiore a due anni, degli organi di rappresentanza, di gestione e di controllo sia rimessa all'assemblea degli aderenti, che approva annualmente il bilancio e il rendiconto;

2) che l'esclusione di un aderente sia deliberato dall'assemblea soltanto per gravi motivi;

3) che, in caso di scioglimento, tutti i beni siano devoluti ad altra organizzazione di volontariatocon finalità di solidarietà in identicood analogo settore;

4) che all'assemblea sia attribuita l'ammissione di nuovi soci o aderenti o la successiva ratifica.

Art. 6.

(Prestazione del servizio volontario)

L'attività di volontariato è svolta mediante strutture proprie dell'organizzazione o nell'ambito delle strutture pubbliche.

Nella prestazione del servizio l'organizzazione deve avvalersi in modo determinante e prevalente l'attività volontaria dei propri aderenti. La qualità diaderente è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto obbligatorio di contenuto patrimoniale con l'organizzazione.

Art. 7.

(Mezzi economici)

Le organizzazioni traggono i mezzi per il loro funzionamento e per lo svolgimento della attività dei contributi degli aderenti, dello Stato e degli altri enti pubblici anche non territoriali, di enti o organismi internazionali e di privati.

I beni immobili sono intestati all'organizzazione anche se priva di personalità giuridica.

Le donazionie i lasciti testamentari sono consentiti anche in favore di organizzazioni di volontariato prive di personalità giuridica, purché iscritte nel registro nazionale di cui al successivo articolo 9.

Art. 8.

(Rapporti con le strutture pubbliche)

Lo Stato e gli altri enti pubblici, nell'ambito delle competenze stabilite dalla Costituzione e dalle le ordinarie e per un migliore persegmmento dei propri compiti istituzionali, possono stipulare convenzioni con le organizzazioni iscritte al registro nazionale di cui al successivo articolo 9, aventi oggetto l'autonoma prestazione di servizi ed attività.

Le organizzazioni di volontariato iscritte al registro di cui al successivo articolo 9 e operanti nella Regione possono chiedere agli enti pubblici competenti l'accesso alle strutture pubbliche nei limiti incui ciòè necessario per svolgere le attività di volontariato e possono altresì chiedere la stipulazione di apposite convenzioni.

I limiti e il contenuto delle convenzioni devono in ogni caso prevedere forme di verifica o di controllo della preparazione dei volontari e della esecuzione della convenzione, nonché forme di assicurazione per i danni eventualmente arrecati a terzi.

La prestazione di attività di volontariato non può costituire di per sé titolo preferenziale per l'assunzione in qualunque forma presso datori di lavoro pubblici o privati.

Art. 9.

(Commissione nazionale e registro del volontariato)

Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri sono istituiti la Commissione nazionale per il volontariato registro nazionale delle organizzazioni di volontariato:

a) dieci rappresentanti dei Ministeri dell'interno, di grazia e giustizia, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, della protezione civile;

b) dieci componenti tra quelli designati dalle Regioni;

c) dieci componenti prescelti tra quelli designati dalle organizzazioni di volontariato iscritte al registro;

d) cinque esperti.

I componenti della Commissione di cui alla lettera a) sono nominati, due per ogni Ministero interessato, con decreto del Ministro competente; quelli di cui alle lettere b),e) ed) sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Ogni membro dura in carica tre anni e può essere riconfermato per non più di una volta.

La Commissione:

a) in collaborazione con le amministrazioni e leorganizzazioniinteressate cura la raccolta degli elementi di conoscenza circa il volontariato e ne promuove lo sviluppo;

b) formula proposte e pareri pergli interventi anche normativi dello Stato e delle Regioni;

c) cura l'iscrizione e la tenuta del registro nazionale delle organizzazioni di volontariato e decide in ordine alla cancellazione.

L'iscrizione al registro nazionale delle organizzazioni di volontariato può essere richiesta dalle organizzazioni:

a) il cui atto costitutivo e statuto siano conformi alle disposizioni della presente legge;

b) che abbiano svolto con continuità per almeno tre anni rilevante attività di volontariato;

c) che non abbiano perseguito e non perseguano anche indirettamente fini di lucro.

La cancellazione dell'organizzazione dal registro si verifica per il venir meno di una delle condizioni di cui al comma precedente, per lo svolgimento di attività in contrasto con la presente legge o per altro grave motivo.

Le leggi regionali prevedono e disciplinano le forme di partecipazione delleorganizzazioniiscritte al registro alla programmazione degli interventi nei settori in cui le organizzazioni operano.

Art. 10.

(Sicurezza sociale del volontariato)

In dipendenza della prestazione dell'attività a vantaggio di terzi gli aderenti sono assicurati presso l'INAIL, previo pagamento dei relativi contributi, contro le malattie professionali e contro gli infortuni che implichino una invalidità totale per un periodo superiore a trenta giorni.

Art. 11.

(Agevolazioni fiscali per il volontariato)

Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato e quelli necessari per la loro iscrizione nel re stro dicui all'articolo 9 sono esenti dalle imposte di bollo e di registro e da ogni altro gravame fiscale.

Sono estese alle organizzazioni di volontariato tutte le a evolazioni fiscali previste dalle vigenti leggi in materia di cooperative, ancorché per lo svolgimento dell'attività di volontariato venga adottata una forma diversa dalla cooperativa. Le organizzazioni di volontariato iscritte al registro non sono tenute al pagamento delle imposte di successione e donazione e dell'INVIM per i cespiti loro devoluti da parte di terzi.

I redditi catastali degli immobili pervenuti alleorganizzazionidi volontariatoinseguitoa successione o donazione e quelli loro concessi in locazione da terzi per finalità sociali non concorrono alla formazione dell'imponibile ai fini dell'ILOR.

Art. 12.

(Contributi a favore del volontariato)

I contributi a favore delle organizzazioni di volontariato erogati da terzi sonodeducibili dal reddito imponibile ai fini della imposta generale sul reddito delle persone fisiche e giuridiche nella misura massima del per cento del detto reddito.

Art. 13.

(Limiti di applicabilità)

La presente legge non si applica all'attività volontaria prestata dal singolo senza il tramite della organizzazione di volontariato.

L'intervento delle organizzazioni di volontariato nell'ambito della protezione civile è disciplinato da apposite disposizioni legislative.

Art. 14.

(Disposizioni di attuazione)

Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio stesso, sentito il parere espresso, nei termini stabiliti dai regolamenti delle due Camere, dalle competenti Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, sono emanate, entro sei mesi dalla sua entrata in vigore, le disposizioni di attuazione della presente legge.

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