Libano

La «Svizzera d'Oriente» oggi paese di sangue

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La guerra civile fra le numerose confessioni ed etnie ha ormai prostrato il Libano. Sembra ancora lontana la possibilità di un dialogo.
La grande varietà di confessioni religiose rende indubbiamente il Libano terra complessa e di frontiera.

«Astrazione» creata dai Francesi, il Libano conquista l'indipendenza nel 1943. La presenza di ben 17 comunità religiose determina un assetto politico che vede le maggiori fòrle del paese essere protagoniste a livello governativo. L'equilibrio rappresentato nel governo dalla contemporanea presenza dei Maroniti e dei Greci ortodossi in rappresentanza delle comunità cristiane da una parte, degli sciiti e dei sunniti in rappresentanza delle comunità musulmane dall'altra, è alla base di quel «patto nazionale» che rende il Libano dopo l'indipendenza paese ricco tant? ncco da meritare l'appellativo di «Svizzera d'Oriente». Indubbi sono i nsultati di tale equilibrio: ciascun gruppo si ritaglia .il suo spazio di intervento sulle proprie caratteristiche sociali: 1 cristiani badano alla politica ed alla grande finanza, i sunniti, rappresentanti la grande borghesia, spaziano dal commercio alle banche, i Drusi nel tone dello Chouf si dedicano all'artigianato.

Primo elemento destabilizzante di tale difficile equilibrio è indubbiamente l'esplosione del problema palestinese.

In seguito all'occupazione israeliana di gran parte della Palestina nel 1948, a differenza di molti altri paesi arabi, il Libano ospita nel suo piccolo territorio un numero elevatissimo di palestinesi. Nel 1970 una seconda ondata di profughi è causata dai metodi duri di repressione messi inattoda ReHussein di Giordania contro i Palestinesi presenti nel suo paese.

In breve tempo la presenza di circa 500.000 palestinesi in un Libano che conta appena 3.000.000 di abitanti diviene fattore di destabilizzazione sociale e religiosa (i profughi sono in gran parte sunniti) tale da alterare il già delicatissimo equilibrio interno di un paese che vive solo in funzione del suo mantenimento.

Nel 1973, il tentativo dello stato Libanese di dare una risposta simile a quella della Giordania, viene di fattoimpedito dalle pressioni della Siria e di altri paesi arabi.

Il Presidente Libanese Frangi è costretto ad accettare una realtà che scoppia inevitabilmente, nell'aprile del 1975, in violenti scontri nel quartiere cristiano di Ain Remmaneh tra palestinesi e falangisti cristiani i quali, nella debolezza dello Stato, si sostituiscono ad esso per combattere il crescente peso politico e militare dei palestinesi.

Beirut diviene allora la città che appare ancor oggi sotto i nostri occhi: il teatro di violentissimi scontri che provocano orrendi massacri. La guerra libanese non impiega molto a trasformarsi in guerra per il controllo politicoe militare del Libano. La Siria inizia a difendere i falangisti cristiani dall'assedio palestinese, provocando una reazione dei Drusi di Jumlatt che scendono in campo a fianco dei palestinesi.

Si arriva al 1977 con un «cessate il fuoco» denso di speranze: è l'anno del viaggio di Sadat a Gerusalemme, sono gli albori degli accordi di Camp-David. Ma dalla speranza subito la tragedia: la Siria tenta di «recuperare» i palestinesi di Arafat per impedire che scivolino verso posizioni vicine a Sadat e diviene inevitabile un rovesciamento di alleanze: i Siriani scendono in campo contro le truppe cristiane. La posta in gioco è sempre più alta: Israele. per impedire il controllo Siriano del Libano del Sud interviene militarmente.

Si moltiplicano le guerre nella guerre, inutili sono le risoluzioni e gli interventi delle Nazioni Unite.

Nel 1982 Begin vuole definitivamente chiudere il problema palestinese e tenta di farlo con la forza; il resto è sotto i nostri occhi: un piccolo popolo che pure ha dato prova di equilibrio e saggezza politica è dilaniato da scontri ormai decennali; a nulla è valsa la presenza di forze di pace, mille libani nascono sotto la guida di una pletora di capi, quasi nulle sembrano le vie d'uscita.

Sono in molti oggi a credere insolubile la questione libanese; la verità è che nel Libano nessuna etnia è sufficientemente forte da esercitare un dominio sulle altre e nessuna è tanto debole dall'essere disposta a subire ogni regime, cosicché senza una riconciliazione nazionale la guerra civile appare destinata a continuare senza vinti né vincitori. L'occupazione siriana prima, e quella israeliana dopo, seguita dall'arrivo della forza multinazionale, non sono servite a dare stabilità al Libano che risulta sempre più una trappola: chi entra non riesce più ad uscirne.

Dieci anni di guerra lo hanno trasformato in un centro di terroristi internazionali, nella zona forse più «calda» del mondo. Gli scontri non sono limitati a comunità diverse ma hanno diviso le stessecomunità. Ciò chestupisce è però il fatto che i libanesi mantengono inalterata la fiducia in unfuturo pacifico del loro paese, senza escludere la presenza delle diverse confessioni e dei diversi partiti. Si rendono necessarie allora misure repentine volte alla cessazione dei combattimenti, all'avvio di un dialogo che coinvolga i grandi gruppi religiosi, alla condanna degli interventi di forze straniere sotto qualunque forma si manifestino, alla creazione della possibilità di un dialogo diretto dall'insieme dei cristiani con la Siria, al ritiro delle truppe israeliane sotto la vigilanza dell'ONU, alla risoluzione del problema palestinese.

Non nutrire speranza vuol dire rinunciare alla possibilità che il Libano torni ad essere modello di coesistenza pacifica, di_incontro culturale e religioso, di crocevia tra Oriente ed Occidente. Non lavorare per tale ipotesi vuol dire continuare a seminare morte in un'area geografica che può divenire miccia per ancor più atroci conflitti.

Le 17 comunità religiose

Nel Libano vivono oggi una molteplicità di confessioni religiose, di gruppi etnici e culturali tanto numerosi da non aver uguali al mondo.

11.000 mq. di estensione, territorio composto da due catene montuose in mezzo alle quali si estende la fertile valle della Bekaa, il Libano è sempre stato terra d'Oriente ed insieme porta d'occidente. Colonia francese, diviene indipendente nel 1943 realizzando attraverso un «patto nazionale» un difficile equilibrio tra le confessioni presenti.

Diciasette sono i gruppi religiosi:

Le comunità musulmane

Sciiti: Sono la comunità musulmana p1u numerosa del Libano; si distinguono dai sunniti per l'importanza che danno all'iman, interprete del Corano, abitano il sud del Libano.

Sunniti: Vivono nelle città costiere ed hanno stretti legami con i sunniti della Siria, rappresentano l'ortodossia Islamica.

Drusi: Costituiscono una religione derivata dall'islam, non fanno proselitismo perché solo i figli dei drusi possono essere drusi

Alawiti: Mantengono segrete le basidella loro fede, ammettono le differenze di classe nel loro ordinamento sociale.

Le comunità cristiane

Maroniti: Costituiscono la confessione più numerosa del Libano. Si sentono i veri libanesi, l'ossatura del popolo.

Greci Ortodossi: Seconda comunità per importanza numerica seguono il rito bizantino anche se con molte particolarità siriache.

Greci cattolici (melkiti): anch'essi di rito bizantino sono in genere più simpatizzanti verso l'occidente dei greci ortodossi.

Armeni: Sono giunti nel Libano dopo le persecuzioni subite daiTurchie si carat terizzano per una certa autonomia nei confronti degli altricristiani libanesi.

Siri: sono i cristiani di rito antiocheno ammettono soltanto la natura divina del Cristo e si dividono in Ortodossi e cattolici

Caldei: pur usando la lingua siriana ed araba nella liturgia hanno riti propri.

Cattolici latini protestanti: sono una minoranza che non esercita un reale peso politico e sociale nel paese.

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